Processo Smog di Torino, la Procura Generale rinuncia al ricorso in appello

La Procura generale del Piemonte ha rinunciato al ricorso in appello contro il proscioglimento di sette amministratori pubblici, tra cui gli ex sindaci Chiara Appendino e Piero Fassino e l'ex presidente della Regione Sergio Chiamparino. Il Comitato Torino Respira: "Quest'esito conferma che la normativa italiana non permette di individuare chiaramente le responsabilità degli amministratori pubblici e la tendenza di parte della magistratura di sminuire il rilievo dei reati anche gravi commessi dai colletti bianchi"

Processo Smog Torino appello

Colpo di scena nel cosiddetto “processo smog” di Torino. Giovedì 8 maggio la Procura generale del Piemonte ha comunicato di rinunciare al ricorso in appello contro il proscioglimento di sette amministratori pubblici, tra cui gli ex sindaci del capoluogo piemontese Chiara Appendino e Piero Fassino e l’ex presidente della Regione Sergio Chiamparino. La Corte ha dichiarato il ricorso, presentato dalla Procura ordinaria, “inammissibile”.

A luglio 2024 il giudice aveva disposto il proscioglimento degli imputati – gli amministratori pubblici comunali e regionali che dal 2015 al 2019 hanno avuto una responsabilità rispetto alla tutela della qualità dell’aria della città di Torino – dal reato di inquinamento ambientale colposo, respingendo la richiesta di prosecuzione del giudizio avanzata dai pubblici ministeri e dai difensori delle parti civili.

A settembre i pm avevano quindi impugnato la decisione, ottenendo dalla Corte di Appello l’udienza per la trattazione fissata per l’8 maggio 2025 appunto.

Il Comitato Torino Respira, che aveva contribuito notevolmente allo sviluppo delle indagini con numerose memorie di approfondimento, commenta: “La decisione del Procuratore Generale di rinunciare all’appello presentato dalla Procura della Repubblica – scrive il Comitato – a firma delle figure apicali di questo Ufficio, rappresentate dal Procuratore della Repubblica e dal Procuratore Aggiunto, oltre che dal Pubblico Ministero, impedisce alla Corte di Appello di Torino di effettuare una nuova valutazione della vicenda”.

“Facciamo fatica a comprendere le motivazioni che hanno indotto la Procura Generale a rinunciare all’impugnazione presentata da un altro Ufficio che per anni si è occupato di approfondire, sotto un profilo tecnico e giuridico, la tematica del grave inquinamento che affligge la nostra Città” commenta l’avvocato Marino Careglio, tra i difensori del Comitato Torino Respira.

Nel frattempo la Commissione Europea ha messo in mora lo Stato italiano per la mancata esecuzione della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte di Giustizia Europea del 10 novembre 2020 per il “superamento sistematico e continuato dei valori applicabili alle microparticelle (PM10) in determinate zone e agglomerati italiani”, tra cui quello di Torino.

“Questo esito conferma dal mio punto di vista due cose. La prima è che la normativa italiana non permette di individuare chiaramente le responsabilità degli amministratori pubblici per la morte prematura e le malattie di migliaia di cittadine e cittadini a causa dell’inquinamento atmosferico. La seconda è la tendenza di parte della magistratura di sminuire il rilievo dei reati anche gravi commessi dai “colletti bianchi” e di perseguire invece con tenacia chi cerca di proteggere l’ambiente. Faremo una riflessione sui prossimi passi, perché, paradossalmente, questa decisione apre altre possibilità di azione legale anche a livello europeo”, commenta Roberto Mezzalama, presidente del Comitato Torino Respira.

“L’impegno di Torino Respira non si ferma qui – fa sapere il Comitato – perché l’inquinamento dell’aria è ancora un problema sanitario, sociale e ambientale per la nostra città. Continueremo a studiare e portare avanti altre azioni legali, come il sostegno alla causa di Chiara, e azioni per sensibilizzare la popolazione e per chiedere a chi ha responsabilità in materia di qualità dell’aria di agire per la tutela della salute delle persone”.

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