Nel mese di giugno, Legambiente ha effettuato un nuovo ciclo di rilevazioni nell’ambito della campagna C’è puzza di gas, giunta alla quinta tappa nazionale. Le attività si sono svolte su 12 infrastrutture della filiera del gas situate in tre province lombarde: Lodi, Cremona e Pavia. I dati raccolti attraverso un “naso elettronico” mostrano che oltre il 65% dei punti analizzati ha registrato valori superiori a 10 ppm, segno di dispersioni anomale di metano rispetto alla media atmosferica di 2 ppm.
Nel dettaglio, su 23 elementi monitorati, 4 hanno presentato una concentrazione media e 15 un livello basso. Gli altri 4 non hanno mostrato valori rilevanti. Tuttavia, considerando la distanza dello strumento di misurazione dagli impianti, Legambiente sottolinea che i dati sono cautelativi. Simulando misurazioni a un metro, il 7,6% dei rilevamenti risulterebbe con valori alti, il 53,7% medi, il 32,4% bassi, e solo il 6,4% irrilevanti.
A Cavenago d’Adda (LO), sono stati controllati pozzi, stazioni di valvola e impianti di regolazione. In alcuni casi sono stati rilevati valori medi, come per flange e valvole presso l’impianto REMI, mentre altri componenti hanno mostrato concentrazioni basse. A Sergnano (CR), i monitoraggi hanno incluso centrali di stoccaggio, impianti REMI e pozzi. Qui, su 13 elementi analizzati, 9 hanno restituito valori bassi, mentre 4 sono risultati irrilevanti. A Bascapè (PV), invece, l’impianto REMI ha mostrato valori mediamente bassi.
Secondo Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente, l’Italia non sta rispettando gli impegni assunti con il Global Methane Pledge per la riduzione del 30% delle emissioni entro il 2030. La mancata attuazione del regolamento europeo sulle emissioni di metano nel settore energetico viene ritenuta una criticità che potrebbe compromettere gli obiettivi di decarbonizzazione. Preoccupa inoltre l’eventuale inserimento di tale regolamento nel pacchetto UE Omnibus, che ne potrebbe indebolire l’applicazione.
Dal punto di vista ambientale, il metano rappresenta un gas climalterante con un impatto fino a 86 volte superiore alla CO₂ nei primi 20 anni. Secondo l’IPCC, è responsabile di oltre un terzo del riscaldamento globale. Le emissioni lungo la filiera del gas non solo causano effetti climatici, ma producono ozono troposferico, collegato a malattie respiratorie e mortalità prematura. Ridurre queste emissioni potrebbe evitare fino a 70.000 morti premature all’anno in Europa e limitare i danni agricoli per circa 2 miliardi di euro.
La presidente di Legambiente Lombardia, Barbara Meggetto, ricorda che la regione è quella con il maggior consumo energetico da fonti fossili in Italia. La presenza di grandi impianti di stoccaggio e trasporto rende necessario un controllo costante. Le microperdite domestiche, sommate a quelle industriali, aggravano ulteriormente la situazione.
La campagna “C’è puzza di gas” è realizzata da Legambiente in collaborazione con Environmental Investigation Agency, nell’ambito della Methane Matters Coalition. Il progetto mira a denunciare le emissioni lungo la filiera del gas fossile, promuovere controlli più rigorosi, trasparenza, e la rimozione dei costi di dispersione in bolletta. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, nel 2024 il 40% delle emissioni globali di metano legate al gas fossile poteva essere evitato a costo netto zero.
Le prossime tappe della campagna includeranno i monitoraggi in Veneto, Umbria e Calabria. L’obiettivo rimane quello di rafforzare la transizione energetica, favorendo il passaggio verso fonti rinnovabili e l’elettrificazione dei consumi.