In Italia la crisi climatica avanza più rapidamente della capacità di risposta delle città. Il nuovo report “Città Clima. Speciale governance per l’adattamento al clima delle aree urbane”, presentato da Legambiente in collaborazione con Gruppo Unipol, fotografa una situazione di forte vulnerabilità urbana.
Negli ultimi 11 anni, tra il 2015 e settembre 2025, sono stati registrati 811 eventi meteo estremi nei 136 Comuni con oltre 50 mila abitanti, dove vivono 18,6 milioni di persone, pari al 31,5% della popolazione italiana. Solo il 39,7% dei Comuni ha adottato un piano o una strategia di adattamento climatico, segno di una preparazione ancora disomogenea.
I fenomeni più frequenti
Nel dettaglio, si contano 371 allagamenti da piogge intense, 167 episodi di vento forte o trombe d’aria e 60 esondazioni fluviali.
I danni alle infrastrutture ammontano a 55 casi, in prevalenza su reti di trasporto, a cui si aggiungono 33 episodi di grandine con impatti diretti su edifici e servizi.
Le città di medie dimensioni (tra 50 e 150 mila abitanti) sono le più colpite, con quasi la metà degli eventi totali (48%). Tra queste spiccano Agrigento (28 casi), Ancona (14), Forlì, Fiumicino e Como (11 ciascuna).
Le grandi città più esposte
Nella fascia tra 150 e 500 mila abitanti, Bari guida la classifica con 33 eventi, seguita da Bologna (18), Firenze (14) e Catania (13).
Tra le metropoli oltre 500 mila abitanti, Roma si conferma la più colpita, con 93 episodi dal 2015, seguita da Milano (40, di cui 16 esondazioni), Genova (36), Palermo (32), Napoli (20) e Torino (13).
Napoli è anche l’unica grande città sprovvista di piano o strategia di adattamento climatico, insieme a Bari, Reggio Calabria, Prato e Perugia tra i centri medio-grandi.
Le priorità mancate: PNACC e legge sul suolo
Legambiente denuncia il ritardo nell’attuazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), approvato ma ancora privo di fondi operativi.
L’associazione chiede che il Governo stanzi risorse nella Legge di Bilancio e istituisca l’Osservatorio nazionale per l’adattamento climatico, mai attivato.
Altra priorità è l’approvazione di una legge contro il consumo di suolo, ferma in Parlamento dal 2016, con l’obiettivo di vietare nuove edificazioni in aree a rischio idrogeologico e promuovere sistemi di drenaggio urbano sostenibile (SUDS) per ridurre allagamenti e impermeabilizzazione del terreno.
Torino, un modello di governance climatica
Nel report, Torino emerge come uno dei casi virtuosi. Il Piano di Resilienza Climatica, approvato nel 2020, integra misure per contrastare ondate di calore, allagamenti, siccità ed esondazioni attraverso soluzioni come rain garden, materiali ad alta riflettanza solare e verde urbano diffuso.
Il piano prevede inoltre campagne di informazione e allerta per la popolazione, in particolare per le fasce più vulnerabili.
Come spiega Alice De Marco, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta, “il caso di Torino dimostra che l’adattamento climatico è anche un’opportunità per ripensare le città in chiave sostenibile e inclusiva”.
Le dichiarazioni di Legambiente
Per Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente, “la crisi climatica e i suoi impatti ambientali, economici e sociali impongono azioni immediate. Il Governo deve abbandonare progetti come il Ponte sullo Stretto e investire sulla sicurezza delle persone, rafforzando la resilienza urbana”.
Andrea Minutolo, responsabile scientifico dell’associazione, sottolinea la necessità di “definire criteri minimi nazionali per i Piani urbani di adattamento, vincolando i finanziamenti al rispetto di standard comuni. Solo così si può superare la frammentazione e garantire pianificazioni omogenee e di qualità nei territori”.











