COP30 a Belém, IEEFA: “Stimoli l’azione per rispettare gli impegni”

Una nuova analisi dell’Institute for Energy Economics and Financial Analysis, basata su dati UNFCCC e IRENA, evidenzia il forte divario tra obiettivi globali e progressi reali su rinnovabili, investimenti e riduzione delle emissioni

COP30 a Belém, IEEFA: "Stimoli l'azione per rispettare gli impegni"

Nel 1992 Rio de Janeiro ospitò il “Vertice della Terra”, la conferenza che segnò la nascita della cooperazione climatica moderna e aprì la strada alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC). Trentatré anni dopo, i riflettori tornano nello stesso corridoio amazzonico: a Belém, in Brasile, si apre la COP30, considerata da molti un crocevia decisivo per il futuro dell’Accordo di Parigi.

Al 6 novembre 2025, 79 Paesi avevano presentato i nuovi impegni climatici nazionali (NDC). Secondo dati UNFCCC citati dall’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA), le riduzioni promesse porterebbero a un taglio delle emissioni compreso tra l’11% e il 24% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2019, ben lontano dal -55% necessario per mantenere il riscaldamento entro 1,5°C.

Sul fronte delle rinnovabili, il 2024 ha registrato l’installazione di 582 gigawatt di nuova capacità. Tuttavia — sottolinea l’IEEFA — per centrare l’obiettivo di triplicare la produzione entro il 2030 servirebbero 1.122 GW aggiuntivi ogni anno, quasi il doppio dell’attuale ritmo. Anche l’efficienza energetica segna un passo indietro: il miglioramento nel 2024 è stato appena dell’1%, contro il 2% dell’anno precedente, nonostante l’impegno internazionale a raddoppiare il tasso di progresso.

Secondo valutazioni dell’Agenzia Internazionale per le Energie Rinnovabili riportate dall’IEEFA, la transizione richiederebbe fino a 1,5 trilioni di dollari all’anno di investimenti nelle rinnovabili, e altri 2,2 trilioni in efficienza energetica. Una cifra colossale, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo.

Eppure, nonostante alla COP29 fosse emersa la necessità di mobilitare 1,3 trilioni di dollari l’anno per sostenere questi Paesi, quelli sviluppati si sono impegnati a metterne sul tavolo solo 300 miliardi entro il 2035. Una disparità che, secondo l’IEEFA, rischia di rallentare in modo drammatico l’intera transizione globale.

Le Banche multilaterali di sviluppo, osserva ancora l’IEEFA, potrebbero giocare un ruolo essenziale offrendo prestiti agevolati e strumenti di mitigazione del rischio. Un esempio emblematico è il Bangladesh, dove la svalutazione della moneta locale pesa sui progetti basati su tecnologie importate: strumenti di copertura valutaria potrebbero ridurre sensibilmente il rischio per gli investitori.

La presidenza brasiliana propone una piattaforma d’azione articolata in sei aree: transizione energetica e industriale, tutela degli ecosistemi, trasformazione dei sistemi alimentari, resilienza urbana, sviluppo umano e sociale, e strumenti trasversali come finanza e innovazione.

Si tratta di un quadro coerente, ma che richiede impegni politici molto più solidi di quelli mostrati negli ultimi anni.

Con gli impatti climatici in rapido peggioramento, torna centrale il tema dell’equità. Secondo l’IEEFA, solo un rafforzamento dei partenariati tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo — insieme a maggiore cooperazione Sud-Sud — potrà colmare il divario tra ambizioni e realtà.

Belém diventa così un test della capacità del mondo di agire collettivamente, a trentatré anni da quel primo grande appello globale lanciato a Rio.

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