Comunità energetiche, il Mase spiega il taglio del 64% alle risorse

Il 21 novembre il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase) aveva annunciato il taglio delle risorse del Pnrr per le Comunità energetiche rinnovabili, che dai 2,2 miliardi di euro decisi nel 2021 passeranno a 795,5 milioni. Il 26 novembre il Mase ha pubblicato una nota in cui spiega la decisione: "Le risorse sono state riallineate al fabbisogno effettivo della misura"

Cer

Arrivano i chiarimenti richiesti: il 26 novembre il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica (Mase) ha pubblicato una nota che spiega i motivi della decisione di tagliare le risorse del Pnrr per le Comunità energetiche rinnovabili (Cer). Il 21 novembre scorso, a 10 giorni dalla scadenza del bando Pnrr fissato per il 30, il Ministero aveva annunciato nuove cifre destinate alle Cer, con un taglio della dotazione finanziaria del 64% dai 2,2 miliardi di euro iniziali ai 795,5 milioni attuali, di cui 772,5 milioni già richiesti.

La spiegazione del Mase

Le risorse sono state riallineate al fabbisogno effettivo della misura – si legge nella nota -. La rimodulazione della dotazione Pnrr per le Cer è una scelta che rientra nell’ambito della revisione complessiva del Piano, assunta per mettere in sicurezza tutte le misure senza perdere un solo euro di fondi europei. Le stringenti scadenze del Pnrr hanno consentito di riassegnare risorse in eccesso ad altri interventi oggi più bisognosi, evitando il rischio di ‘reversal’ e tagli finanziari a chiusura del Piano. La misura Cer resta pienamente operativa e viene inoltre rafforzata dalla costituzione di una facility dedicata presso il Gse”. Il Ministero spiega anche l’evoluzione degli stanziamenti: “L’importo iniziale di 2,2 miliardi era stato definito nel 2021 sulla base di simulazioni che ipotizzavano un sostegno interamente erogato sotto forma di prestiti a tasso zero fino al 100% dei costi ammissibili, una modalità poco conciliabile con la reale dinamica attuativa e con le effettive esigenze finanziarie delle potenziali iniziative progettuali Cer. Con la modifica Pnrr operata nel 2023 è stato possibile trasformare la tipologia di sostegno da prestiti a contributi a fondo perduto. Tale variazione, per garantire il rispetto della normativa europea sugli aiuti di Stato, come stabilito dalla decisione della Commissione europea, non poteva superare l’intensità massima del 40% dei costi ammissibili. A parità di obiettivi sulle Cer, il fabbisogno reale di risorse Pnrr risultava quindi molto inferiore”.

Il taglio ai finanziamenti da 2,2 miliardi di euro a 795,5 milioni, secondo il Ministero, è dovuta alla difficoltà di rispettare la scadenza del 30 giugno 2026 di realizzare gli impianti a fonti rinnovabili (ma non le connessioni, che devono essere realizzate entro il 2027). “La revisione era già stata valutata positivamente dalla Commissione europea e attualmente è in fase di approvazione da parte del Consiglio dell’Unione europea”. Al 20 novembre 2025 erano state richiese risorse per 772,5 milioni di euro, a un passo dal limite della dotazione finanziaria rimodulata. Con un nuovo comunicato del 24 novembre, il Gse ha poi aggiornato il contatore: le risorse richieste ammontano a 864,6 milioni di euro: in pochi giorni le richieste da parte degli operatori del settore erano aumentate notevolmente. Ma rispetto agli oltre 2 miliardi iniziali, la dotazione richiesta rimane un passo indietro. Molti cittadini avevano avviato investimenti ed assunto manodopera, in un processo che vedeva coinvolti Comuni, associazioni del terzo settore, parrocchie e aziende. Un processo partecipativo di un modello che mette i cittadini al centro, trasformandoli in protagonisti attivi del cambiamento energetico.

Secondo il Ministero, al 20 novembre scorso, l’Italia ha raggiunto l’obiettivo originario Pnrr di una nuova capacità di generazione elettrica da Fonti energetiche rinnovabili (Fer) pari ad almeno 1730 MW, superato con oltre 1759 MW. Un obiettivo raggiunto anche grazie alla recente modifica normativa che ha ampliato la platea dei beneficiari ai Comuni fino a 50.000 abitanti. “La riduzione della dotazione Pnrr per le Cer – conclude la nota – non rappresenta un passo indietro, ma un’operazione di responsabilità e buon governo“.

Il Ministero chiarisce infine come verranno gestiti i progetti già presentati: “Le domande finora presentate, che saranno sottoposte a istruttoria tecnica, risultano coerenti con il nuovo budget, tenendo conto anche della fisiologica riduzione (circa 10–15%) tra progetti presentati e progetti effettivamente ammessi a finanziamento. I progetti che non avranno accesso ai fondi resteranno in graduatoria per eventuali scorrimenti o rifinanziamenti. Il Ministero si farà parte attiva nel ricercare ulteriori risorse per le Cer, in caso di fabbisogno, sia attraverso l’eventuale rifinanziamento della misura, sia tramite il ricorso ad altri piani di investimento nazionali o europei”.

Le critiche del settore delle Cer

Secondo Vittorio Marletto di Energia per l’Italia “il taglio dei fondi Pnrr alle Comunità energetiche rinnovabili è un passo indietro che rischia di indebolire uno dei pilastri più promettenti della transizione energetica italiana. Le Cer non sono solo impianti: sono un motore economico che crea lavoro, innovazione e valore nei territori, ma soprattutto un modello che mette i cittadini al centro, trasformandoli in protagonisti attivi del cambiamento energetico. Ridurre oggi le risorse significa frenare investimenti, rallentare progetti già avviati e minare la fiducia di imprese e comunità che hanno creduto in questo percorso. Chiediamo al governo stabilità e continuità: la transizione non può essere costruita a colpi di continue inversioni di percorso”.

“Il Pnrr doveva finanziare la transizione. Oggi sta creando debiti alle imprese e pericoli per gli operai, bloccato da un software che non c’è e da comunicazioni via social – spiega Giovanni Montagnani, presidente di Vergante Rinnovabile -. Il cortocircuito si basa su tre punti. Intanto, ci sono pratiche di febbraio approvate, con contratto firmato, tutto in regola, ma i soldi non arrivano. Il motivo è che non esiste ancora il portale per erogarli: siamo ostaggi di un codice informatico che non c’è. In secondo luogo, a 10 giorni dalla scadenza del bando, per annunciare il taglio dei fondi non è uscito un decreto, ma un post su LinkedIn del Presidente del Gse. Le regole cambiano a partita finita, bruciando i business plan di migliaia di aziende. Infine, i rischi per i lavoratori aumentano: la scadenza per i lavori resta ferrea, fissata a giugno. I mesi persi da loro per valutare le pratiche (siamo fermi a quelle di luglio) diventano tempo sottratto ai cantieri. Per stare nei tempi, gli installatori dovranno correre. E questo non è mai un bene per le condizioni e la sicurezza di chi lavora”.

Poco più di un mese fa veniva presentato l’Electricity Market Report 2025, a cura di Energy&Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, che evidenziava che in un anno in Italia si erano moltiplicate di 19 volte le comunità energetiche, salendo al 49% nel 2024 ma restando al di sotto del target Pniec al 2030 (63%). Ora però è arrivata una nuova frenata che rallenterà la transizione energetica.

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