Circolarità e sostenibilità nella produzione cartaria, intervista a Fedrigoni

L’industria della carta è un’eccellenza italiana, che vede il nostro paese dietro soltanto alla Germania per volumi complessivi prodotti. Ma ogni settore di alta produzione oltre che di quantità necessita anche di qualità. E anche in questo l'Italia vanta grandi maestranze, riconosciute a livello mondiale. Una di queste è certamente Fedrigoni, storica azienda cartaria nata a Verona quasi un secolo e mezzo fa e ora un gruppo gruppo internazionale con oltre 70 stabilimenti nel mondo. Li abbiamo intervistati

L’industria della carta è un’eccellenza italiana, che vede il nostro paese dietro soltanto alla Germania per volumi complessivi prodotti. Ma ogni settore di alta produzione oltre che di quantità necessita anche di qualità. E anche in questo l’Italia vanta grandi maestranze, riconosciute a livello mondiale. Una di queste è certamente Fedrigoni, storica azienda cartaria nata a Verona quasi un secolo e mezzo fa e oggi un gruppo internazionale con oltre 70 stabilimenti nel mondo, sinonimo di eccellenza nella produzione di carte speciali per una vasta gamma di settori, tra packaging, arte, editoria, comunicazione creativa e materiali autoadesivi. Abbiamo fatto due chiacchiere con l’azienda per sapere come funziona la loro filiera produttiva e quali sono le azioni messe in atto per la circolarità e la sostenibilità dei processi, in una congiuntura economica non semplice.

Qual è il ruolo e il peso di Fedrigoni nell’economia circolare italiana della carta? 

Fedrigoni è tra i primi produttori al mondo di carte speciali, materiali autoadesivi premium e soluzioni RFID. La carta, al contrario di altri materiali come l’alluminio o il vetro, non è infinitamente riciclabile, ma lo può essere solo per circa 7 volte. Quindi è sempre necessaria un’immissione di fibra vergine certificata FSC per garantire al mercato le performance tecniche ed estetiche richieste, oltre a permettere la sostenibilità del processo. 

Il nostro contributo alla transizione verso un’economia circolare consiste quindi nel concentrarci sul fine vita dei nostri prodotti. Per questo ci siamo dati l’obiettivo di avere al 2030 tutti i prodotti con un fine vita ottimale: per le realizzazioni in carta questo significa avere un attestato di riciclabilità di un soggetto terzo, mentre per i materiali autoadesivi e le etichette il concetto è leggermente più ampio. Oltre alla riciclabilità delle stesse occorre tenere in considerazione anche la facilità della loro rimozione dal flacone o bottiglia, in modo che possano a loro volta essere riciclabili o biodegradabili,  soprattutto nel settore food. Per raggiungere questo obiettivo stiamo sviluppando soluzioni innovative e abbiamo investito nel nuovo Innovation center di Verona.

Cosa avviene nei vostri impianti di produzione della carta? 

Iniziamo col dire che la carta è composta da milioni di fibre vegetali – generalmente di cellulosa, cioè la parte fibrosa del legno privata delle sostanze incrostanti e inquinanti – saldate insieme tra loro e con altri materiali quali collanti, coloranti e sostanze minerali. 

La cellulosa, che nel caso di Fedrigoni proviene sempre da foreste certificate FSC in cui vengono rispettati precisi standard ambientali di rigenerazione, arriva in cartiera sotto forma di balle pressate e si divide in fibra lunga, che incrementa la resistenza del foglio, e corta, che ne migliora l’aspetto visivo e superficiale.

L’impasto di cellulosa e acqua dà origine alla polpa, che poi viene ulteriormente diluita, raffinata facendola passare attraverso dischi metallici dentati e ripulita dalle scorie. Possono venire aggiunte sostanze per aumentare l’opacità, oppure la rigidità, la resistenza all’acqua, il colore.

Quando il composto è formato per il 99% di acqua e solo l’1% di fibra è pronto per essere trasferito nella “macchina continua”, dove viene distribuito in maniera uniforme su una tavola piana che gira a circa 30 km/h e permette solo il passaggio dell’acqua e non della fibra: in questo modo comincia a nascere il foglio, che mano a mano si stacca dalla tavola piana e si trasferisce su una sezione di rulli che lo pressano facendogli perdere ulteriore acqua (la quale viene recuperata, depurata biologicamente e restituita all’ambiente).

Il composto fibroso attraversa poi la “seccheria”, cioè una serie di cilindri rivestiti in ghisa che, grazie al vapore contenuto, arrivano a una temperatura di circa 110 gradi centigradi e permettono alla carta di raggiungere il 94% di secchezza. A questo punto, il foglio di carta è pronto: un’ultima pressatura per migliorarne il grado di liscio o lo spessore richiesti, poi viene avvolto su pali metallici e trasformato in bobine che possono raggiungere la lunghezza di 18 chilometri, con un peso di 4 tonnellate e un diametro di 1 metro e mezzo.

Ogni bobina viene quindi sottoposta al controllo qualità. Una parte della produzione subirà poi speciali trattamenti per acquisire particolari caratteristiche, molte delle quali – come la resistenza, la robustezza, l’impermeabilità all’acqua e all’unto – tipiche della plastica, che andrà a sostituire in molte applicazioni.

La parte finale del processo avviene nel reparto allestimento, dove la carta può venire “goffrata”, cioè decorata a pressione con disegni di pregio molto apprezzati nel packaging di lusso, e successivamente, a seconda dei formati richiesti, tagliata in fogli di diverse grandezze attraverso l’utilizzo di taglierine, o trasformata in sotto-bobine. A questo segue l’impacco in risme, oppure l’allestimento diretto del bancale: il prodotto finito verrà poi imballato e “infornato” in modo da acquisire stabilità e impermeabilità. La merce pronta sosta così in appositi magazzini o centri logistici, in attesa di essere spedita ai clienti.

Quanti impianti gestisce il gruppo e quali sono i numeri?

Con oltre 5.000 persone in 28 Paesi, il Gruppo Fedrigoni conta 74 stabilimenti tra centri produttivi, di taglio e di distribuzione e vende più di 25.000 prodotti in 132 Paesi. 

Come va attualmente il mercato? 

Il 2023 è stato un annus horribilis, caratterizzato da un mercato mondiale fortemente instabile che nell’industria della carta ha causato un fenomeno di scorte eccessive, su tutta la filiera, non facili da smaltire. Questo ha portato a un calo del 25-30% dei volumi in Europa, affiancato da una crescita significativa dei costi dell’energia e dei fattori produttivi e da una concorrenza molto più aggressiva da parte della Cina. 

Fedrigoni, nonostante il contesto di mercato delicato, ha continuato a guadagnare quote di mercato in tutti i settori e in tutte le geografie, chiudendo l’anno con risultati finanziari stabili. 

Il 2024 è partito con con una ripresa della domanda e con un nuovo riequilibrio nei costi delle materie prime. Tuttavia, il mercato resta fortemente instabile: la domanda sta salendo in modo inatteso e i clienti chiedono di crescere velocemente sui volumi. Ci aspettiamo che la situazione di instabilità geopolitica mondiale continui e che questo andamento schizofrenico caratterizzerà i prossimi anni, con grosse oscillazioni degli ordini, per cui sarà necessaria molta più flessibilità. La spirale macroeconomica sta dando comunque segnali positivi: i tassi di interesse e l’inflazione sono in miglioramento.

Di cos’hanno bisogno le cartiere per una migliore transizione green?

La produzione della carta, come si è visto, richiede una grande quantità di acqua e di energia: Fedrigoni è impegnata a migliorare i processi e la filiera in modo da limitare e ottimizzare progressivamente l’uso delle risorse (il calore, ad esempio, viene recuperato attraverso impianti di cogenerazione a metano che riducono l’emissione di CO2), così come si è data l’obiettivo di minimizzare i rifiuti in un’ottica di piena circolarità. Un altro tema che Fedrigoni mette al primo posto è quello della sicurezza delle persone, con l’ambizione di azzerare gli infortuni sul lavoro entro il 2030.

Per quanto riguarda l’energia, al momento la fonte principale è il gas naturale che viene usato per produrre energia elettrica e vapore. Trovare un’alternativa oggi al gas naturale non è semplice, ma stiamo collaborando attivamente con tutto l’ecosistema per accelerare la transizione energetica e raggiungere il nostro obiettivo di riduzione delle emissioni del 30% al 2030.