Il 23 luglio la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia (CIG), la più alta corte del pianeta, ha emesso un parere consultivo senza precedenti in merito agli obblighi degli Stati nel contrasto alla crisi climatica. La decisione della CIG introduce tutele che rafforzano le responsabilità degli Stati secondo il diritto internazionale, andando oltre l’Accordo di Parigi con diversi obblighi aggiuntivi fondamentali, tra cui il dovere di tutti i Paesi di prevenire danni significativi all’ambiente e il dovere di cooperare tra loro.
Il parere della CIG obbliga gli Stati a regolamentare le attività delle imprese in base ai danni causati dalle loro emissioni, indipendentemente da dove tali danni si verifichino. Stabilisce altresì che il diritto a un ambiente pulito, sano e sostenibile è fondamentale per tutti gli altri diritti umani e che l’equità intergenerazionale dovrebbe guidare l’interpretazione di tutti gli obblighi in materia di clima.
Si ricorda che i pareri consultivi non sono vincolanti, ma hanno una significativa autorità giuridica e morale e aiutano a chiarire e sviluppare il diritto internazionale definendo gli obblighi legali degli Stati.
Il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres ha emesso un videomessaggio di commento alla storica decisione, arrivata il giorno dopo aver pronunciato un discorso speciale agli Stati membri sull’inarrestabile spostamento globale verso le energie rinnovabili. “Questa è una vittoria per il nostro pianeta, per la giustizia climatica e per il potere dei giovani di fare la differenza”, ha detto.
Il parere della Corte dell’Aia stabilisce inoltre che le violazioni degli obblighi climatici comportano la piena riparazione, incluso l’arresto delle azioni dannose e la compensazione finanziaria per eventuali perdite e danni correlati. Questi possono includere risarcimenti per i danni climatici e persino l’obbligo di cessare immediatamente le emissioni di gas serra superiori a una soglia di sicurezza, basata su quanto afferma la comunità scientifica. In particolare, la Corte ha formulato raccomandazioni specifiche per garantire giustizia climatica alle generazioni future nelle comunità più colpite, offrendo un livello di tutela senza precedenti.
Ragionamento della Corte
La Corte Internazionale è uno dei sei organi principali delle Nazioni Unite insieme all’Assemblea Generale, al Consiglio di Sicurezza, al Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC), al Consiglio di Fiducia e al Segretariato ed è l’unico che non ha sede a New York. E’ l’organo che risolve le controversie legali tra gli Stati membri delle Nazioni Unite e fornisce pareri consultivi su questioni legali che le sono state deferite dagli organi e dalle agenzie UN.
Per il suo parere sulla crisi climatica la CIG ha utilizzato gli impegni degli Stati membri, contenuti nei trattati sia per l’ambiente che per i diritti umani. Tra questi: trattati sugli strati di ozono, la Convenzione sulla biodiversità, il protocollo di Kyoto, l’accordo di Parigi, la Dichiarazione universale dei diritti umani e molti altri, che obbligano gli Stati a proteggere l’ambiente per le persone in tutto il mondo e soprattutto per le generazioni future.
Da dove arriva la decisione
Nello specifico il percorso che ha portato al parere delle Corte nasce a settembre 2021, quando lo Stato insulare del Pacifico di Vanuatu ha annunciato che avrebbe chiesto un parere consultivo alla CIG sui cambiamenti climatici. Un’iniziativa ispirata dal gruppo giovanile Pacific Island Students Fighting Climate Change, che sottolineava la necessità di agire per affrontare il cambiamento climatico, in particolare nei piccoli Stati insulari.
Dopo che il paese ha fatto pressioni su altri Stati membri delle Nazioni Unite per sostenere questa iniziativa, il 29 marzo 2023 ha adottato una risoluzione che richiedeva un parere consultivo della Corte Internazionale su due domande: Quali sono gli obblighi degli Stati ai sensi del diritto internazionale per garantire la protezione dell’ambiente? E quali sono le conseguenze legali per gli Stati ai sensi di questi obblighi quando causano danni all’ambiente?
Questo è il più grande caso mai visto dalla CIG, evidente dal numero di dichiarazioni scritte (91) e dagli Stati che hanno partecipato ai procedimenti orali (97).