EEB: “La nuova Direttiva Ue dà potere ai consumatori contro il greenwashing aziendale”

L'Ufficio europeo per l'ambiente spiega in una nota che, attualmente, il 75% dei prodotti presenti sul mercato europeo riporta un'indicazione verde implicita o esplicita. "Tuttavia, più della metà di queste indicazioni sono vaghe, fuorvianti o prive di fondamento. Allo stesso tempo, quasi la metà dei 230 marchi ecologici disponibili nell'UE presenta procedure di verifica molto deboli o addirittura assenti"

greenwashing aziendale

Il Parlamento europeo ha approvato definitivamente la nuova Direttiva sull’Empowering consumers for the green transition (ECGT). La nuova legge mira a porre fine a una serie di pratiche aziendali scorrette che impediscono ai consumatori di fare scelte sostenibili. Il testo, deve ora ricevere l’approvazione definitiva del Consiglio per essere poi pubblicata nella Gazzetta ufficiale. Gli Stati membri avranno 24 mesi di tempo per recepirla nel diritto nazionale.

Una volta in vigore, la Direttiva vieterà una serie di pratiche di greenwashing, come le affermazioni di neutralità climatica, tra le più fuorvianti sul mercato. Le credenziali ambientali vaghe saranno inoltre limitate: i produttori potranno contrassegnare un prodotto come “eco” o “verde” solo se l’intero prodotto è effettivamente più rispettoso dell’ambiente rispetto ai prodotti convenzionali e certificato da un programma affidabile come l’Ecolabel Ue. Inoltre, non sarà possibile pubblicizzare un prodotto o un’azienda come verde se solo una piccola parte del prodotto o dell’attività è stata resa più sostenibile.

Un controllo più rigoroso si estenderà anche ai marchi di sostenibilità, che dovranno essere supportati da una verifica di terze parti per garantire la loro credibilità e affidabilità.

L’Ufficio europeo per l’ambiente (EEB) ha accolto la legge come un passo importante per contrastare il greenwashing aziendale: “attualmente – spiega in una nota EEB – il 75% dei prodotti presenti sul mercato dell’Ue riporta un’indicazione verde implicita o esplicita, ma più della metà di queste indicazioni sono vaghe, fuorvianti o infondate, mentre quasi la metà dei 230 marchi ecologici disponibili nell’Ue ha procedure di verifica molto deboli o assenti”.

D’altro canto, gli attivisti si rammaricano del fatto che l’Ue abbia perso l’occasione di vietare altre pratiche sleali come l’obsolescenza programmata e gli ostacoli alla riparazione. “Sebbene la nuova legge preveda che le informazioni sulla riparabilità e sulla durata dei prodotti siano messe a disposizione dei consumatori presso il punto vendita, non vi sono ulteriori obblighi per rendere i prodotti più duraturi o riparabili”.

EEB spiega che la legge non vieta l’obsolescenza programmata, la pratica aziendale di limitare intenzionalmente la vita di un prodotto per incoraggiare l’acquisto di un nuovo prodotto. Anche se sarà vietato ai commercianti pubblicizzare ai consumatori prodotti difettosi, ciò si applicherà solo se sono a conoscenza del problema: “una condizione che sarà difficile da dimostrare nella pratica”.

Miriam Thiemann, responsabile della campagna EEB, ha dichiarato: “Questa legge fa luce sul fumo del marketing verde fuorviante, mettendo un freno a dichiarazioni oscure e potenziando la credibilità delle etichette di sostenibilità. Le persone avranno anche accesso a più informazioni sulla durabilità e riparabilità dei prodotti prima di acquistarli. Ma abbiamo ancora bisogno di regole più rigorose per rendere i prodotti durevoli e riparabili la norma”.

La Direttiva sulle Affermazioni Verdi, che definirà cosa le aziende dovrebbero fare per dimostrare e comunicare le loro credenziali verdi, deve ancora essere oggetto di negoziati e difficilmente sarà finalizzata prima delle elezioni europee di giugno. D’altra parte, l’Iniziativa per il Diritto alla Riparazione è già più avanti nel processo e potrebbe essere adottata prima delle elezioni. Infine, i negoziatori dell’Ue hanno recentemente concordato un nuovo quadro per rendere i prodotti sostenibili a partire dalla progettazione (Regolamento sull’Ecodesign per Prodotti Sostenibili, ESPR), ma le regole specifiche del settore saranno sviluppate solo nei prossimi anni.