Di fronte all’emergenza caldo, con temperature stabilmente oltre la media stagionale, numerose Regioni italiane vietano il lavoro all’aperto nelle ore più calde della giornata. In mancanza di un coordinamento nazionale, le amministrazioni locali hanno adottato ordinanze autonome per tutelare la salute dei lavoratori esposti, imponendo la sospensione delle attività fisiche intense all’esterno tra le 12:30 e le 16:00, nei giorni classificati a rischio elevato.
Le Regioni che hanno introdotto il divieto
Finora hanno adottato provvedimenti Lazio, Umbria, Calabria, Sicilia, Abruzzo, Toscana, Campania, Sardegna, Puglia, Liguria, Basilicata ed Emilia-Romagna. A queste si è aggiunta la Lombardia, che ha formalizzato un’ordinanza con decorrenza dal 2 luglio al 15 settembre, simile a quella già attiva in altre regioni. L’Emilia-Romagna, oltre a confermare lo stop in agricoltura, edilizia e florovivaismo, ha esteso il divieto anche alle attività nei piazzali della logistica.
Il portale Worklimate e la valutazione del rischio
L’efficacia di queste misure è collegata all’utilizzo della piattaforma Worklimate 2.0, sviluppata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e dall’INAIL. Il sito permette di valutare, su base territoriale e per singola giornata, il livello di rischio termico per chi svolge attività all’aperto. Le aree contrassegnate in rosso indicano un rischio elevato, attivando automaticamente le restrizioni previste.
Le ordinanze nel dettaglio: Lombardia, Abruzzo ed Emilia-Romagna
In Lombardia, il provvedimento firmato dal presidente Attilio Fontana stabilisce la sospensione dell’attività lavorativa all’aperto dalle 12:30 alle 16:00, fino al 15 settembre, nei giorni in cui Worklimate segnala “rischio alto”. Il divieto riguarda cantieri edili, cave, aziende agricole e florovivaistiche. Sono escluse le attività urgenti o di pubblica utilità, purché vengano adottate misure di prevenzione adeguate.
In Abruzzo, un’ordinanza analoga – valida fino al 31 agosto – coinvolge i settori agricolo, florovivaistico ed edile. Anche qui il divieto si applica solo nei giorni ad alto rischio, con indicazioni simili a quelle lombarde per la tutela della salute.
L’Emilia-Romagna ha prorogato il divieto fino al 15 settembre e, come novità per il 2025, ha incluso tra le categorie coinvolte anche i lavoratori della logistica. La misura è stata adottata con l’appoggio delle parti sociali e rientra nell’ambito del Patto per il Lavoro e per il Clima.
Le Regioni senza ordinanze vincolanti
In alcune aree del Paese – Friuli-Venezia Giulia, Molise, Piemonte, Trentino-Alto Adige, Valle d’Aosta e Veneto – non sono stati finora adottati provvedimenti obbligatori. Le autorità locali si sono limitate a suggerire ai datori di lavoro l’adozione di misure preventive, come la rimodulazione degli orari, l’aumento delle pause all’ombra e la distribuzione d’acqua.
Coinvolgimento dei sindacati e ricorso agli ammortizzatori
In alcune Regioni, come il Lazio e l’Emilia-Romagna, l’adozione delle ordinanze è avvenuta dopo un confronto diretto con le organizzazioni sindacali. In altre, come la Liguria, i sindacati hanno lamentato l’assenza di un coinvolgimento nel processo decisionale. La CGIL Liguria, in particolare, ha chiesto l’attivazione di protocolli per l’utilizzo della cassa integrazione ordinaria nei casi in cui l’assenza dal lavoro per cause climatiche sia inevitabile.