Stop a diesel e benzina, Greenpeace: “passo in avanti ma anche occasione persa”

Questo il pensiero di Federico Spadini, Campaigner Clima e Trasporti di Greenpeace Italia, infatti, secondo gli studi dell'organizzazione ambientalista, hanno identificato il 2028 come il termine ultimo per la vendita alle auto endotermiche e, "l'accordo tra Ue e Germania per la concessione sugli e-fuel rischia di compromettere la reale transizione all'elettrico del settore automotive e di conseguenza il raggiungimento degli obiettivi climatici europei"

Federico Spadini, Campaigner Trasporti Greenpeace Italia stop auto combustione

I ministri dell’Energia della Ue hanno dato il via libera definitivo allo stop alla vendita di auto nuove con motori a benzina o diesel dal 2035. Abbiamo quindi chiesto a Federico Spadini, Campaigner Clima e Trasporti di Greenpeace Italia, di darci il suo punto di vista.

“L’accordo di recente annunciato sulla fine della vendita di auto con motore endotermico in Europa al 2035 – spiega Federico Spadini – è da un lato un passo avanti, dall’altra un grande occasione persa che presenta molte criticità e problematiche. La data del 2035 è secondo Greenpeace troppo tardi per poter permettere all’Europa di porsi come leader mondiale sulla strada della decarbonizzazione. Infatti, i nostri studi identificano il 2028 come anno per la vendita dell’ultima auto a benzina, diesel e gas. Ma oltre a questo c’è di più: l’accordo tra l’Ue e la Germania per l’introduzione degli e-fuel rischia di compromettere la reale transizione all’elettrico del settore automotive – che potrà continuare a produrre motori endotermici in cui vanno gli e-fuel -, e di conseguenza il raggiungimento degli obiettivi climatici europei”.

A proposito di carburanti, Spadini ha sottolineato come “l’Italia sia provando a fare lo stesso – per fortuna senza successo – con i biocarburanti, combustibili per niente neutri da un punto di vista climatico, dalla dubbia sostenibilità e dalla disponibilità limitata”.

Per Spadini, sia la Germani che l’Italia “hanno messo a repentaglio un processo politico comunitario durato un anno e mezzo, processo a cui avevano dato un riscontro ufficiale positivo fino a poco prima dell’approvazione. In particolare il caso tedesco, che ha causato un blocco dell’accordo, va considerato molto preoccupante da un punto di vista politico e di democrazia, dal momento che tutta l’Ue si è di fatto ritrovata ostaggio del “capriccio” di un paese per salvare un settore industriale fra i più inquinanti e che è già molto in ritardo per una conversione che non possiamo più rimandare, non solo all’elettrico, ma anche a modelli alternativi di mobilità”.