Tagli al Fondo aria nel bacino padano: l’allarme di Legambiente

I comitati regionali dell’associazione contestano la riduzione del 75% delle risorse destinate al miglioramento della qualità dell’aria nel triennio 2026-2028, evidenziando il rischio di frenare i progressi registrati in Veneto, Lombardia, Piemonte ed Emilia-Romagna. Secondo Legambiente, la decisione espone il Paese a nuove infrazioni europee, aggrava le criticità sanitarie nelle aree più inquinate e compromette le politiche nazionali su clima e ambiente

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La riduzione dei finanziamenti destinati al Fondo per il miglioramento della qualità dell’aria nel bacino padano prevista dalla Legge di Bilancio in discussione al Senato suscita forte preoccupazione tra Legambiente e i comitati regionali del Nord Italia. L’associazione contesta la scelta del Governo di ridurre quasi integralmente, a partire dal 2026, le risorse destinate alle misure anti-smog, rinviando un incremento dei fondi solo al triennio 2029-2031.

Secondo Legambiente, il taglio programmato – pari al 75% delle risorse – incide in modo significativo sulla capacità delle Regioni di attuare i piani per la qualità dell’aria e mette a rischio il raggiungimento dei valori limite previsti dalle normative europee. Una decisione giudicata incoerente con i segnali positivi registrati negli ultimi anni, nonostante le condizioni sfavorevoli della Pianura Padana.

In Veneto, il 2025 potrebbe chiudersi senza superamenti oltre i 35 giorni del limite dei 50 μg/m³ di PM10 nella maggior parte delle centraline. In Lombardia, seppur fragile, il trend mostra un miglioramento costante, mentre in Piemonte le misure nell’area di Torino stanno iniziando a produrre effetti misurabili. Anche l’Emilia-Romagna evidenzia una riduzione progressiva degli inquinanti, grazie a interventi congiunti su mobilità, agricoltura e riscaldamento domestico.

Di fronte a questi risultati, la riduzione dei finanziamenti viene considerata una scelta che lascia senza supporto i territori più esposti all’inquinamento atmosferico. Legambiente richiama inoltre le possibili conseguenze sul piano europeo: l’Italia rischia nuove procedure di infrazione, sanzioni economiche e una riduzione dei fondi strutturali.

Il tema ha anche un forte impatto sanitario. Secondo gli ultimi dati dell’Agenzia Europea per l’Ambiente, nel 2023 il particolato fine PM2,5 ha causato 238.000 morti premature in Europa, di cui 43.000 in Italia, concentrati soprattutto nel bacino padano. Numeri che confermano la necessità di mantenere alta l’attenzione su politiche strutturali e investimenti continuativi.

Il quadro nazionale appare ulteriormente critico se inserito nel contesto delle recenti posizioni dell’Italia in sede europea, tra cui il rallentamento sullo stop alle caldaie a gas e la mancanza di un piano credibile per la direttiva “Case Green”. Scelte che, secondo Legambiente, rischiano di frenare la modernizzazione del Paese e di indebolire la risposta ai cambiamenti climatici.

Per l’associazione, tutelare la salute di 25 milioni di cittadini del bacino padano è una priorità non rinviabile. Legambiente chiede al Parlamento di ripristinare immediatamente i fondi previsti dal decreto direttoriale MASE del luglio 2024 e invita il Governo ad avviare un confronto con Regioni e Comuni per costruire una strategia nazionale che garantisca risorse stabili, interventi coordinati e continuità delle politiche ambientali.

Secondo l’organizzazione, senza un sostegno economico adeguato molte delle azioni previste rischiano di essere ridimensionate o interrotte, con effetti diretti sulla salute pubblica e sulla competitività dei territori. “La qualità dell’aria – ribadisce Legambiente – è una questione sanitaria prima ancora che ambientale. Serve una politica lungimirante, non tagli che compromettano i progressi raggiunti”.

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