Acqua, WWF: “Italia tra i paesi a maggior rischio per l’impatto del cambiamento climatico”

In occasione della Giornata mondiale dell'acqua del 22 marzo, l'organizzazione ambientalista ha lanciato un allarme: l'Europa, compresa l'Italia, non è adeguatamente preparata al rischio climatico e l'acqua gioca un ruolo fondamentale in questo contesto negativo. Dopo il sesto rapporto dell'IPCC e vari studi, inclusi quelli italiani, la recente Valutazione del Rischio Climatico dell'Agenzia Europea dell'Ambiente ha confermato che l'Europa sta vivendo un aumento delle ondate di calore e delle siccità prolungate a causa dei cambiamenti climatici, soprattutto nei Paesi del Mediterraneo

Giornata Mondiale dell'Acqua

In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua del 22 marzo, il WWF ribadisce con forza l’allarme: l’Europa, compresa l’Italia, non è adeguatamente preparata ad affrontare le sfide del cambiamento climatico, con l’acqua che emerge come uno dei principali attori negativi in questo contesto. Il recente VI rapporto del IPCC e numerosi studi, anche italiani, unitamente alla Valutazione del Rischio Climatico dell’Agenzia Europea dell’Ambiente, appena pubblicata, confermano l’incremento delle ondate di calore e delle siccità prolungate in Europa, soprattutto nei Paesi mediterranei, come risultato diretto del cambiamento climatico.

Tale situazione potrebbe generare diffusi incendi, danni alle infrastrutture critiche, interruzioni di corrente e gravi conseguenze sia a livello sanitario che economico. L‘intera Europa sta affrontando un aumento del rischio di siccità eccezionali che potrebbero colpire regioni estese, causando notevoli danni economici in diversi settori chiave, tra cui l’agricoltura, l’industria, le centrali elettriche, il trasporto fluviale e il benessere degli ecosistemi.

Già oltre 20 anni fa, l’Autorità di Bacino del Po metteva in luce il superamento delle concessioni idriche rispetto alle disponibilità medie, evidenziando la fragilità del sistema di approvvigionamento idrico e la sua propensione alla crisi anche con minimi scostamenti. Le “straordinarie siccità” verificatesi negli ultimi 25 anni, soprattutto dopo il 2022, hanno inequivocabilmente dimostrato che la situazione è radicalmente diversa rispetto al passato, evidenziando in modo lampante l’inevitabile impatto del cambiamento climatico. È imperativo affrontare con serietà questa sfida.

L’agricoltura rappresenta il settore che richiede la maggiore quantità di acqua, con percentuali di utilizzo che oscillano tra il 50% e il 60%, seguita dal settore industriale, spesso sottovalutato, che include anche l’utilizzo di risorse idriche nel comparto energetico fossile, posizionandosi come il secondo maggiore utilizzatore di acqua dopo l’agricoltura. Infine, vi è il settore civile. Durante periodi sempre più frequenti di siccità, i diversi settori si trovano spesso in competizione a causa dell’aumento dei consumi e della riduzione delle disponibilità, con la conseguenza che non vi è abbastanza acqua per soddisfare tutti i bisogni. È fondamentale garantire una distribuzione equa e un utilizzo responsabile delle risorse idriche, assicurando contemporaneamente la tutela del benessere degli ecosistemi.

Grazie all’impegno dell’IRPICNR, in stretta collaborazione e coordinamento con altre istituzioni scientifiche nazionali ed europee, abbiamo acquisito conoscenze preziose sulle precipitazioni degli ultimi tempi. Queste piogge hanno certamente apportato un miglioramento alla situazione idrica, ma l’Italia rimane comunque in uno stato di deficit idrico, specialmente a profondità maggiori (fino a 100 metri), un fattore di particolare rilevanza per la Sicilia Sud Orientale e l’area orientale della Sardegna. È quindi di fondamentale importanza adottare misure strutturali preventive anziché attendere situazioni di emergenza.

Le proposte del WWF

È indispensabile cambiare rotta completamente e urgentemente. Rimettere al centro della pianificazione e della programmazione strategica del governo delle acque le Autorità di bacino, applicando fino in fondo le direttive europee (Acque 2000/60/CE e Alluvioni 2007/60/CE). È necessaria una visione spaziale e temporale unitaria. Il bacino idrografico è l’area più consona per un corretto governo delle acque e per garantirne un uso sostenibile in funzione delle sue reali disponibilità, per un’adeguata gestione del territorio che tenda a tutelarne i servizi ecosistemici e per la realizzazione di una diffusa azione di rinaturazione e di Nature Based Solutions volte a ridurre la vulnerabilità del nostro territorio che abbiamo finora solo aumentato.

Per questo è indispensabile realizzare e/o aggiornare i bilanci idrici da parte delle Autorità di bacino per conoscere la reale disponibilità idrica e verificare le numerose concessioni d’uso e per garantire il deflusso ecologico nei corsi d’acqua. Le concessioni in agricoltura, per l’idroelettrico, per l’industria devono essere coerenti con la disponibilità reale. Va assicurata la disponibilità di una risorsa indispensabile per la vita, assicurando equità e trasparenza. Ogni comparto deve avviare politiche di risparmio dell’acqua, di riduzione degli sprechi e di promozione di usi virtuosi, privilegiando ad esempio colture e attività a minor fabbisogno idrico. La riduzione degli sprechi deve avvenire attraverso la diffusione dei metodi più efficienti di irrigazione in agricoltura, l’ammodernamento della rete di distribuzione idrica per usi civili che ad oggi registra perdite fin oltre il 50% (una perdita “fisiologica” non dovrebbe superare il 12/15%). Inoltre, prima di pensare a realizzare nuovi invasi è indispensabile recuperare la capacità di quelli esistenti, che è gigantesca (oltre 8 miliardi di metri cubi), garantendone, innanzitutto, la corretta manutenzione fino ad ora mancata.

È indispensabile fermare il consumo di suolo, che amplifica le conseguenze delle precipitazioni più intense e avviare un’azione diffusa di rinaturazione, che dovrebbe essere favorita anche dalla Nature Restoration Law, la legge sul ripristino della natura, che dopo l’approvazione del Parlamento Europeo, deve avere il via libera degli Stati. Questa legge, infatti, dovrebbe fissare l’obiettivo per l’UE per ripristinare almeno il 20% delle sue aree terrestri e marittime entro il 2030, con l’impegno a riqualificare tutti gli ecosistemi bisognosi entro il 2050. Progetti come “la rinaturazione del Po”, proposto da WWF e ANEPLA e inserito nel PNRR per 357 milioni di euro per ripristinate lanche, rami laterali e boschi ripariali lungo il nostro più grande fiume, dovrebbero essere promossi e realizzati lungo tutti i più importanti fiumi italiani per ridar loro spazio e ridurre il rischio idrogeologico, ma anche per favorire il recupero della loro capacità autodepurativa, la tutela della biodiversità, la ricarica delle falde e i numerosi altri servizi ecosistemici. Gli strumenti e le leggi per realizzare questi interventi ci sono: da anni c’è la possibilità di realizzare “interventi integrati per ridurre il rischio idrogeologico e per il miglioramento dello stato ecologico dei corsi d’acqua e la tutela degli ecosistemi e della biodiversità, promuovendo in via prioritaria gli interventi a tutela e recupero degli ecosistemi e della biodiversità” (L. 133/2014).

Come sottolinea il WWF, “sono interventi fondamentali per l’adattamento al cambiamento climatico che le Regioni avrebbero potuto e dovuto avviare da tempo; purtroppo, ad oggi si contano sul palmo di una mano gli interventi messi in cantiere”.

È anche importante un diffuso utilizzo di Nature Based Solutions (NBS) anche in aree urbanizzate; ad esempio è importante, come già si sta facendo in molte città europee e, timidamente, si inizia anche in Italia, avviare Piani di drenaggio urbano sostenibile in tutti i centri urbani, favorendo i “tetti verdi”, le aiuole drenanti o tanti altri interventi per contribuire a una gestione più sostenibile della risorsa idrica.

Qui il paper completo del WWF per approfondire