Greenpeace: “Meloni smetta di rincorrere il gas israeliano e cominci a investire in rinnovabili ed efficienza”

Simona Abbate, campaigner Energia e Clima di Greenpeace Italia sottolinea come "La scelta di includere il gas tra i temi dell’incontro con Netanyahu testimonia l’implacabile sete di gas del nostro governo che, con buona pace degli accordi di Parigi, continua a investire sulle fonti fossili e su infrastrutture pericolose per la pace e per il clima"

Greenpeace:

Come evidenziato da Greenpeace, dagli organi di stampa si apprende che tra i temi dell’incontro del 10 marzo della presidente del Consiglio Giorgia Meloni con il premier israeliano Benjamin Netanyahu potrebbe esserci anche la collaborazione per la fornitura all’Italia di gas naturale. Un combustibile fossile, sottolinea l’associazione ambientalista, “responsabile non solo della crisi climatica, ma anche di molti conflitti geopolitici”.

“La scelta di Meloni di includere il gas tra i temi dell’incontro con Netanyahu testimonia l’implacabile sete di gas del nostro governo che, con buona pace degli accordi di Parigi, continua a investire sulle fonti fossili e su infrastrutture pericolose per la pace e per il clima. Il gasdotto EastMed, che dovrebbe collegare Israele con l’Italia, fa comodo soltanto ai colossi del gas e del petrolio come ENI, che continuano a fare extra-profitti mentre le persone faticano a pagare le bollette”, dichiara Simona Abbate, campaigner Energia e Clima di Greenpeace Italia. “Il governo Italiano smetta di cercare altro gas e assecondare le lobby fossili che aggravano l’emergenza climatica per investire in rinnovabili ed efficienza energetica”. 

L’associazione ambientalista spiega che esistono solo due possibilità per portare gas in Italia da Israele: tramite GNL, cioè nuovi rigassificatori, o attraverso la costruzione del gasdotto Eastmed, un progetto che minaccia il clima e rischia di scatenare nuovi conflitti, come denuncia un rapporto pubblicato pochi giorni fa da Greenpeace Italia. Il progetto prevede circa 1.900 chilometri di tubi sottomarini da Israele alla Grecia, a una profondità che in alcuni tratti arriverebbe a tremila metri, per poi collegarsi al tratto offshore del gasdotto Poseidon, lungo altri 210 chilometri, dalla Grecia fino a Otranto.

“Attraversando aree marittime contese in una regione già segnata da forti tensioni e conflitti, il gasdotto EastMed aumenterebbe la militarizzazione del Mediterraneo orientale e il rischio di uno scontro armato, in netto contrasto con il principio europeo della promozione della pace”, dichiara Sofia Basso, research campaigner Climate for Peace di Greenpeace Italia. Il progetto EastMed causerebbe inoltre gravi danni alla biodiversità marina.