Siccità, alluvioni e acque inquinate, Legambiente: “l’Italia paga il prezzo di una gestione idrica inefficace”

A tre mesi dall’adozione dell’Ue della Strategia Europea per la Resilienza Idrica, Legambiente fa il punto sulla gestione dell’acqua nella Penisola tra criticità e politiche da adottare. Condividiamo il comunicato stampa dell'Associazione

Siccità, alluvioni e acque inquinate, Legambiente: "l’Italia paga il prezzo di una gestione idrica inefficace"

L’Italia, uno degli hotspot climatici più sensibili nel bacino del Mediteranno, paga lo scotto di una crisi climatica sempre più acuta e di una gestione dell’acqua poco efficace e a compartimenti stagni, priva di una visione d’insieme. Siccità, alluvioni, ma anche acque inquinate sono i tre i principali alert che la Penisola si trova a fronteggiare troppo spesso in emergenza.

Dati

Abbiamo fatto il punto, con dati e proposte, nel corso della VII edizione del Forum nazionale Acqua dal titolo “La resilienza idrica in Italia” organizzato in collaborazione con Utilitalia. E la situazione è preoccupante: dal 2017 al 22 settembre 2025 nella Penisola sono 142 gli eventi con danni legati a una siccità prolungata (ad esempio perdita della produttività agricola, interruzioni della distribuzione dell’acqua potabile, riduzione dei capi allevati) registrati dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente. Nel 18% dei casi hanno comportato anche un provvedimento di restrizione dell’uso di acqua per vari scopi, dal civile all’agricolo, dallo zootecnico all’industriale. Un fenomeno, quello della siccità, sempre più ampio e diffuso e che si è intensificato negli ultimi 4 anni: dei 142 eventi mappati, ben il 75% si è verificato tra il 2020 e il 2024 con danni rilevanti in diversi comparti produttivi e perdite economiche. In particolare, dalla primavera 2022 ai primi mesi del 2023, ammonta ad oltre 6 miliardi di euro la stima delle perdite economiche relative alla siccità nel settore agricolo (fonte Water economy in Italy, 2023).

Alla poca acqua si contrappone la troppa acqua, che porta con sé alluvioni e frane. Secondo i dati della Protezione Civile sulle ordinanze emesse dal 2013 al 2022 per gli eventi legati al rischio idrogeologico e idraulico, sono stati ben 179 gli stati di emergenza aperti per una ricognizione del danno che supera i 15 miliardi di euro, a cui vanno aggiunti i danni da decine di miliardi stimati degli eventi alluvionali dell’Emilia-Romagna, Toscana e Marche del 2023.  Sul fronte della qualità delle acque, sebbene il 75,1% delle acque superficiali e il 70% delle acque sotterranee raggiungano un buono stato chimico (per il sessennio di classificazione 2016-2021), persistono zone di inquinamento critiche e si prevede che per il 2027 il 30% dei corpi idrici superficiali e il 27% circa dei corpi idrici sotterranei non sarà in buono stato chimico. A pesare l’inquinamento chimico, come quello causato da nutrienti da agricoltura o dalle acque reflue urbane, le alterazioni idromorfologiche, l’estrazione di acqua, ma anche la presenza di specie aliene invasive che alterano le condizioni ecologiche e fisico-chimiche dei corpi idrici.

Proposte

Di fronte a questo quadro, abbiamo indirizzato al Governo Meloni 10 proposte, relative a governance, qualità ed efficienza idrica, investimenti e infrastrutture, chiedendo subito azioni concrete a partire da una Strategia Nazionale della risorsa idrica come chiesto dall’Europa con la Strategia Europea adottata lo scorso 3 giugno per affrontare in modo coordinato le crescenti crisi legate alla gestione delle risorse idriche. L’Italia ha bisogno di strategia nazionale che superi la logica dei compartimenti stagni attraverso una gestione integrata e una visione d’insieme capace di mettere a sistema quanto fatto fino ad oggi, dialogando anche con stakeholder, operatori del settore, esperti ed associazioni e tenendo conto delle buone pratiche già attuate, tra gli esempi il lago d’Orta, il depuratore di Fasano Forcatella e il progetto Spugna della Città Metropolitana di Milano.

Tra le proposte indirizzate al Governo, chiediamo di mettere al centro dell’agenda politica la resilienza idrica dando piena implementazione alla Direttiva Quadro Acque, Direttiva Alluvioni e a tutte le normative collegate alla gestione della risorsa e all’adattamento ai cambiamenti climatici, a partire dall’emanazione del Decreto Presidente della Repubblica (D.P.R.) che regolamenterà il riutilizzo per i molteplici usi irrigui, industriali civili e ambientali, armonizzando la normativa vigente e permettendo ai gestori un quadro normativo stabile e coerente. È fondamentale uscire dalla logica emergenziale con Piani anti alluvione e Piani per la gestione della siccità che vanno condivisi tra istituzioni e comunità locali, integrando buone pratiche, competenze scientifiche ed eccellenze tecnologiche; ridurre i consumi e migliorare l’efficienza idrica; promuovere una strategia di mitigazione delle immissioni di inquinanti, ad esempio a livello agricolo utilizzando l’agricoltura biologica e integrata di alto livello, oppure relativamente all’inquinamento da FPAS proseguendo i lavori verso il bando universale. Rafforzare controllo e monitoraggio sull’uso e sugli scarichi nei settori agricolo, industriale ed edilizio; rilanciare a livello nazionale e su scala locale la costruzione e l’adeguamento e/o messa in regola dei sistemi fognari e di depurazione migliorando l’intero sistema di gestione con piena attuazione della nuova Direttiva 2024/3019.

Senza una strategia nazionale per la risorsa idrica e una pianificazione efficace, il Paese continuerà a pagare caro gli effetti e i danni legati a siccità, alluvioni e inquinamento delle acque.

Perdite e costi economici

La siccità dell’estate 2025 costerà all’Italia una perdita complessiva di 6,8 miliardi di euro nel 2025, che salirà a 17,5 miliardi di euro nel 2029, secondo uno studio del 2025 condotto da esperti dell’Università di Mannheim e della Banca Centrale Europea. E che dire dei 210,5 milioni di euro già pagati in multe dall’Italia per inadempimenti rispetto alla Direttiva Acque Reflue e ai circa 300 milioni per le restanti penalità da corrispondere fino al 2030, come stima la Corte dei conti, che potevano essere investiti per adeguare gli impianti e prepararli alle più elevate performance richieste dalla nuova Direttiva 2024/3019. Sul fronte della prevenzione al dissesto idrogeologico, dal 1999 al 2024 sono stati 20,48 i miliardi di euro spesi per ben 25.903 interventi relativi alla mitigazione del dissesto idrogeologico (elaborazione Legambiente su dati Rendis, Ispra). Soldi destinati alla prevenzione e che hanno visto portare a termine ben il 35,7% dei lavori previsti, ossia 9.247 su 25.903 per un importo di spesa di circa 5,57 miliardi, ma che al momento sono risultati essere meno efficaci di quanto atteso, visto che – sempre secondo i dati di Ispra – il rischio idrogeologico nel nostro Paese è aumentato nel corso degli ultimi decenni.

Focus PNRR

C’è poi la questione delle risorse europee stanziate in questi anni e dei risultati che ancora faticano ad arrivare. A livello italiano, per la riduzione delle perdite di rete, gli investimenti in infrastrutture e sistemi digitali per l’efficienza irrigua, per rafforzare la sicurezza e l’affidabilità dell’approvvigionamento idrico e per l’ammodernamento degli impianti di trattamento delle acque reflue e dei sistemi fognari, il Piano di Ripresa e Resilienza dell’UE ha stanziato in tutto ben 5,3 miliardi di euro. Risorse che con cofinanziamenti pubblici e privati arrivano a circa 8 miliardi, ma che non hanno comunque garantito un’attuazione lineare, come si legge nell’ultimo Position Paper del laboratorio REF ricerche: soltanto il 2% dei progetti, infatti, risulta concluso e solo la metà (51) è ancora in fase di collaudo.

Tre esempi di resilienza idrica

Dove si fa squadra e vi è una gestione compatta i risultati parlano dà soli, come dimostrano tre esempi di resilienza idrica citati da Legambienteil lago d’Orta, oggetto di uno dei progetti di recupero più importanti a livello internazionale iniziato nel 1987, a seguito di una lunga contaminazione che lo ha reso uno dei bacini lacustri più acidi del mondo, e oggi è parte di un Contratto di Lago siglato dal oltre 130 soggetti pubblici e privati; il depuratore di Fasano-Forcatella (BR), una delle prime esperienze virtuose sul riuso dell’acqua in agricoltura: attivo dal 2007, l’impianto intercetta le acque del depuratore comunale e dopo averle affinate, le distribuisce a 50 aziende agricole, nei periodi di minor richiesta l’acqua, raccolta nel lago Forcatella, viene utilizzata per la ricarica indiretta della falda per mitigare l’intrusione di acqua marina; il progetto Spugna della Città Metropolitana di Milano che prevede 90 interventi Nature Based in 32 comuni per ridurre le inondazioni, conservare l’acqua nei periodi siccitosi e ridurre l’inquinamento idrico. Ad oggi annovera 48 cantieri chiusi, 14 aperti e 28 da aprire.

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