L’Europa investe più sulle autostrade che sulle ferrovie, dal ’95 persi 15mila km di binari

È quanto emerge da una nuova analisi commissionata da Greenpeace Europa centro-orientale (CEE) al Wuppertal Institut e al T3 Transportation Think Tank. Da quando, negli anni Novanta, sono stati presi i primi impegni globali per ridurre le emissioni di gas serra, i Paesi europei hanno speso ben 1.500 miliardi di euro per le infrastrutture stradali e solo 930 miliardi di euro per quelle ferroviarie, incentivando così il trasporto privato alimentato con carburanti fossili anziché il trasporto pubblico sostenibile

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Dal 1995 i Paesi europei hanno investito per ampliare e ripristinare la rete stradale il 66% in più di quanto hanno speso per la rete ferroviaria. È quanto emerge da una nuova analisi commissionata da Greenpeace Europa centro-orientale (CEE) al Wuppertal Institut e al T3 Transportation Think Tank. Da quando, negli anni Novanta, sono stati presi i primi impegni globali per ridurre le emissioni di gas serra, i Paesi europei hanno speso ben 1.500 miliardi di euro per le infrastrutture stradali e solo 930 miliardi di euro per quelle ferroviarie, incentivando così il trasporto privato alimentato con carburanti fossili anziché il trasporto pubblico sostenibile.

Come conseguenza, dal 1995 in Europa sono stati costruiti più di 30 mila chilometri di autostrade, con un aumento del 60%. Allo stesso tempo la rete ferroviaria si è ridotta del 6,5%, con una perdita complessiva di più di 15 mila chilometri di linee ferroviarie. Oltre 13 mila chilometri di linee ferroviarie, per lo più regionali, e quasi 2.600 fermate e stazioni di treni sono state chiuse in via temporanea o definitiva, penalizzando soprattutto chi vive nelle aree rurali.

Per quanto riguarda l’Italia, dal 1995 al 2018 il nostro Paese ha investito il 28% in più sulle strade che sulle ferrovie, spendendo rispettivamente 151 e 118 miliardi di euro. Inoltre, nonostante la lunghezza della rete ferroviaria italiana sia aumentata del 5% rispetto al 1995, soprattutto grazie agli investimenti sull’alta velocità, questo è avvenuto a discapito delle linee regionali. Dal 1995 sono state infatti chiuse 40 linee ferroviarie, per un totale di più di 1.800 chilometri. Queste linee, tuttavia, potrebbero essere in gran parte ripristinate con relativa facilità, dal momento che non sono state smantellate.

«Negli ultimi tre decenni l’Europa ha sistematicamente ridotto la sua rete ferroviaria regionale e locale, destinando ingenti risorse alle strade per le auto, con il risultato di incentivare il consumo di petrolio e aggravare la crisi climatica. Oggi ne subiamo tutte le conseguenze: le emissioni del trasporto su strada sono in aumento, mentre milioni di persone nelle aree periferiche, non avendo accesso a trasporti pubblici adeguati, sono costrette a possedere un’auto», dichiara Federico Spadini, campagna Trasporti di Greenpeace Italia. «Per garantire un futuro sostenibile ed equo, i governi europei devono incentivare il trasporto ferroviario regionale grazie ai fondi che oggi favoriscono il trasporto stradale e aereo, molto più inquinante».

Le emissioni di gas serra prodotte dai trasporti in Europa sono aumentate del 15% fra il 1995 e il 2019, soprattutto a causa dei veicoli a benzina e diesel. Attualmente il settore dei trasporti è responsabile di circa un terzo delle emissioni europee di gas serra. Per questo motivo Greenpeace chiede ai governi europei, incluso quello italiano, di spostare i finanziamenti dalla strada alla ferrovia, di migliorare le condizioni delle infrastrutture ferroviarie, potenziando soprattutto quelle regionali, e di introdurre i “biglietti climatici” a prezzi accessibili per i treni e il trasporti pubblico.

Il rapporto integrale del Wuppertal Institut e del T3 Transportation Think Tank e il fact sheet di Greenpeace CEE, entrambi in inglese, si possono leggere QUI.