Moratoria Sardegna, “potrebbe condannare la Regione a un’economia fossile”

Secondo l’alleanza Sardegna Rinnovabile, composta da Greenpeace Italia, Legambiente, Kyoto Club e WWF Italia, "Proporre oggi un blocco alle fonti rinnovabili non solo è anacronistico, ma rischia di essere poco responsabile, proprio mentre il G7 Ambiente conferma la volontà di abbandonare i combustibili fossili e di lavorare per triplicare le fonti rinnovabili in modo da contrastare l’avanzare del cambiamento climatico"

Moratoria Sardegna

La recente decisione della Regione Sardegna di imporre una moratoria sulle fonti rinnovabili è stata fortemente criticata dalle varie associazioni ambientaliste, tra cui Greenpeace Italia, Legambiente, Kyoto Club e WWF Italia. Questo provvedimento viene considerato un serio passo indietro rispetto agli obiettivi di transizione energetica e decarbonizzazione sostenuti dalla presidente Todde. In un momento in cui il G7 Ambiente ribadisce l’importanza di abbandonare i combustibili fossili e di aumentare l’uso delle fonti rinnovabili per contrastare il cambiamento climatico, bloccare l’espansione delle energie pulite risulta non solo antiquato ma anche irresponsabile. La sostituzione dei combustibili fossili con fonti energetiche rinnovabili dovrebbe essere considerata una priorità assoluta anche da parte delle Regioni e dei governi locali, che sono i primi a subire le conseguenze devastanti degli eventi climatici estremi causati dall’aumento delle temperature globali.

Il timore per le numerose richieste di connessione alla rete di impianti rinnovabili (che non equivalgono affatto a una autorizzazione dei progetti) e per l’assenza di criteri utili per identificare progetti in linea con il territorio e l’ambiente, come le aree idonee, non possono giustificare una moratoria regionale per le rinnovabili, strumento in relazione al quale la Corte costituzionale è già intervenuta più volte, evidenziando i frequenti casi di illegittimità costituzionale.

L’alleanza Sardegna Rinnovabile crede fermamente nella centralità del rispetto del territorio e dei suoi intrinseci valori e ritiene che le rinnovabili debbano non solo essere integrate nel territorio, ma anche costruite per il territorio, con il coinvolgimento di tutti gli attori pubblici e della società civile.

Aggredire le rinnovabili con una anacronistica moratoria, che risponde principalmente agli interessi del mondo delle energie fossili (del gas naturale in primis), significa condannare la Sardegna ad un’economia non in linea con la transizione energetica. Con il phase-out dal carbone rimandato a gennaio 2029, in attesa che venga realizzato il Tyrrhenian Link, lo sconsiderato piano di metanizzazione dell’isola, descritto anche nella prima bozza del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), e una così forte avversione per le energie rinnovabili, la Sardegna rischia di rimanere indietro e di non cogliere l’opportunità   di un’economia verde e prospera.

L’alleanza Sardegna Rinnovabile ritiene che questo non debba accadere. “La Sardegna, oggi, – scrive l’alleanza – sfruttando l’attuale assenza di metanizzazione, avrebbe davvero l’occasione di diventare un esempio a livello mondiale di regione a zero emissioni, ma questo potrà avvenire solo abbandonando definitivamente le fonti fossili (con annesse insostenibili infrastrutture) e puntando convintamente sulle rinnovabili, sull’efficienza energetica, su diversificati sistemi di accumulo e su una migliore interconnessione delle reti elettriche.

Parlare di moratoria oggi non aiuterà ad avere rinnovabili in linea con l’ambiente e il territorio domani, rappresenta, invece, un grande assist all’industria fossile, che avrà pesanti conseguenze non solo sul piano ambientale ma anche su quello sociale ed economico, privando l’isola dei benefici legati alla transizione energetica”.

Proprio per questi motivi, l’alleanza Sardegna Rinnovabile chiede alla Regione, a tutti i soggetti pubblici coinvolti, agli stakeholder privati e alla società civile di voler costruire insieme modalità partecipate per la realizzazione di impianti rinnovabili in linea con l’ambiente e il territorio, che, senza pregiudizio per le FER, possano migliorare l’accettabilità sociale degli impianti, la qualità dei progetti e la loro localizzazione.