Si chiama cap-and-trade ed è un principio che presto entrerà in vigore anche per le attività quotidiane di famiglie e piccole imprese: ogni chilometro percorso in auto o kWh consumato potrà costare di più, perché soggetto a permessi per inquinare. Con l’arrivo dell’ETS2 nel 2027, il secondo sistema europeo di scambio delle emissioni, l’Unione europea introdurrà un tetto alle emissioni (cap) e obbligherà chi consuma carburante o energia a comprare permessi (trade). Il risultato? Un possibile aumento dei prezzi di benzina, gas e bollette, con un impatto pesante soprattutto su chi ha meno possibilità di scegliere alternative più ecologiche.
Ad analizzare le conseguenze dell’ETS 2 sui bilanci delle famiglie italiane è il report “La normativa EU ETS 2 e le sue conseguenze attese in Italia” commissionato da Kyoto Club e Legambiente nell’ambito della campagna “#perunsaltodiclasse” e realizzato da Simone Borghesi, presidente Associazione Europea degli Economisti Ambientali e Jacopo Cammeo, ricercatore Florence School of Regulation (Istituto Universitario Europeo).
Il report evidenzia come questo meccanismo possa avere impatti sociali significativi, poiché i maggiori costi sostenuti da chi fornisce carburanti e energia finiranno per ricadere sui consumatori finali. A pagare di più saranno soprattutto le famiglie vulnerabili, quelle esposte alla povertà energetica, alla mobility poverty e colpite dall’aumento dei prezzi durante la crisi energetica.
Per evitare che la transizione ecologica si trasformi in un ulteriore fattore di disuguaglianza, l’Unione europea ha istituito il Social Climate Fund, destinato a sostenere i cittadini più vulnerabili. All’Italia sono stati assegnati oltre 7 miliardi di euro, risorse decisive per attuare misure di compensazione come bonus energetici, incentivi alla mobilità sostenibile e interventi sull’efficienza degli edifici.
Entro fine giugno 2025, il governo italiano dovrà presentare alla Commissione europea il proprio Piano Sociale per il Clima, che definirà come utilizzare questi fondi. Una scadenza cruciale: da questo piano dipenderà la capacità del nostro Paese di garantire che la lotta alla crisi climatica sia anche una battaglia per la giustizia sociale.
I risultati dello studio mostrano che l’impatto del nuovo sistema ETS2 varierà molto a seconda del reddito medio, delle condizioni delle abitazioni, della dipendenza dall’auto privata, ma anche della Regione in cui si vive. Le simulazioni indicano che gli effetti saranno più pesanti per le famiglie con meno risorse e che vivono in case poco efficienti dal punto di vista energetico. Ma anche che per mitigare tali effetti servono misure di compensazione strutturali e lungimiranti.
Usando i dati ufficiali sui consumi medi delle famiglie le stime mettono in evidenza aumenti delle bollette elettriche tra i 25-43 euro all’anno, mentre quelle del gas tra i 90-153 euro. In totale, ogni famiglia potrebbe pagare tra 115 e 196 euro in più all’anno, a seconda del prezzo della CO₂. La forbice dipende anche dalla Regione in cui si vive. Dove le fonti rinnovabili hanno una maggiore incidenza gli aumenti saranno più contenuti. Maggiori invece per quelle dove le fossili “governano” il sistema energetico.
In particolare, le famiglie del Sud e delle Isole, come in Sardegna e Sicilia, pagheranno di più per l’elettricità, fino a 56 euro all’anno, perché l’energia viene ancora prodotta in gran parte con fonti inquinanti. Al contrario, in regioni alpine come Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta, dove si usa molta energia idroelettrica, i costi saranno più bassi.
Per il gas naturale, la situazione si inverte: le regioni del Nord, dove il riscaldamento è più usato, subiranno i rincari maggiori (oltre 190 euro annui a famiglia). Al Sud e nelle Isole, grazie al clima più mite e a consumi minori, l’impatto sarà molto più contenuto.
A questi costi si aggiungono quelli per edifici commerciali, piccole imprese e trasporti. L’impatto, per il nostro Paese, è stimato tra i 12 e i 25 euro pro capiteper edifici e piccole attività, mentre per i carburanti si va da 60 a 176 euro a famiglia, e fino a 550 euro per le imprese. Sommando tutte le voci, la famiglia tipo potrebbe arrivare a spendere fino a 230 euro in più all’anno. Un peso che si farà sentire soprattutto su quei 2,36 milioni di famiglie già esposte alla povertà energetica e ai costi della mobilità.
Per chi può permetterselo, investire in tecnologie pulite – come pompe di calore e auto elettriche – può ridurre i costi nel lungo periodo. Ma per le fasce più vulnerabili il rischio è reale: per questo servirà un Piano Sociale per il Clima solido, con misure concrete e obiettivi chiari.
Alcune associazioni e reti italiane hanno proposto modifiche e suggerimenti concreti alla bozza di Piano proposto dal Governo che entro fine mese dovrà essere inviata a Bruxelles che per come è stata presentata nella forma – un power point – e nei contenuti rischia di essere poco strutturata e poco efficace facendo crescere disagi e disuguaglianze. Le misure proposte includono: verde urbano per combattere le isole di calore; miglior sostegno alla riqualificazione energetica degli edifici pubblici e privati; l’ampliamento del reddito energetico a famiglie affittuarie e ai sistemi di accumulo, presidi territoriali per aiutare le famiglie ad accedere alle misure; abbonamenti agevolati per il trasporto pubblico; microcredito agevolato per le microimprese.
«La transizione ecologica non può essere un processo per pochi e subito dalle famiglie vulnerabili — dichiarano Giacomo Pellini e Katiuscia Eroe, rispettivamente responsabile comunicazione di Kyoto Club e responsabile energia di Legambiente —. Il rischio è quello di creare nuove disuguaglianze, dove chi ha meno risorse resta intrappolato in un sistema che lo penalizza e legato a fonti e tecnologie energivore, mentre solo chi può permetterselo accede ai benefici della decarbonizzazione. Il Piano Sociale per il Clima presentato dal Governo arriva tardi, è ancora poco strutturato e non all’altezza dei processi partecipativi visti in altri Paesi europei. Serve molto di più di un PowerPoint: serve una visione chiara, efficace e condivisa. Abbiamo davanti un’occasione storica per disegnare politiche pubbliche che coniughino giustizia climatica e giustizia sociale. Ma per farlo davvero, la transizione deve parlare il linguaggio dell’equità, della trasparenza e della partecipazione attiva dei cittadini. Solo così la sfida climatica diventerà un’opportunità per costruire una società più giusta e inclusiva, non l’ennesimo costo per chi ha già pagato abbastanza.»