Rapporto sull’economia circolare 2025: Italia leader in Ue, ma resta la dipendenza estera per le materie prime

Nel 2025 il nostro Paese mantiene il primato tra le principali economie europee per circolarità e riciclo, ma resta elevata la quota di materiali importati, oltre il doppio della media UE. Il nuovo Rapporto del Circular Economy Network evidenzia le criticità e le opportunità per l’industria italiana, tra cui l’eco-design, il riciclo avanzato e il potenziamento delle biotecnologie circolari

Nel contesto europeo, l’Italia si conferma tra i Paesi con le migliori performance di economia circolare, posizionandosi al primo posto tra le grandi economie dell’UE. Tuttavia, permane una forte dipendenza dall’importazione di materie prime, che incide sulla resilienza industriale e limita la piena attuazione di un modello produttivo autonomo e sostenibile.

Il Rapporto 2025 sull’economia circolare, elaborato dal Circular Economy Network (CEN) in collaborazione con ENEA e promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, è stato presentato oggi a Roma nel corso della 7ª Conferenza nazionale sull’economia circolare, alla presenza di rappresentanti istituzionali, tecnici e del settore privato, tra cui Conai.

Italia al vertice della circolarità tra i grandi Paesi Ue

Secondo i dati presentati, l’Italia si posiziona seconda in Europa per livello complessivo di circolarità (65,2 punti), dopo i Paesi Bassi (70,6), ma è prima tra le maggiori economie continentali. Si conferma il primato anche in termini di produttività delle risorse, pari a 4,3 euro di PIL per kg di materiale consumato, a fronte della media UE di 2,7 euro.

Il tasso di utilizzo circolare di materia ha raggiunto nel 2023 il 20,8%, contro una media UE dell’11,8%. Cresce anche il riciclo dei rifiuti urbani, arrivato al 50,8%, in aumento di oltre 3 punti percentuali rispetto al 2019.

Una dipendenza dalle importazioni ancora troppo elevata

Nonostante i progressi, il Rapporto evidenzia una dipendenza strutturale dall’estero per l’approvvigionamento di materiali, con un’incidenza del 48% sul fabbisogno nazionale, contro il 22% della media europea. Tra il 2019 e il 2024 il valore delle importazioni è cresciuto del 34%, passando da 424 a 568 miliardi di euro.

Investimenti e occupazione in calo

Gli investimenti privati in attività circolari rappresentano solo lo 0,5% del PIL italiano, in calo del 22% rispetto al 2019. In parallelo, si registra una diminuzione dell’occupazione in settori come riparazione, riutilizzo e riciclo: 508.000 occupati nel 2023, con un calo del 7% rispetto al 2019. Tuttavia, in rapporto al totale dell’occupazione, l’Italia si mantiene allineata alla media UE (2%).

Le dichiarazioni: serve un cambio di paradigma

Durante la conferenza, il presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Edo Ronchi, ha sottolineato l’importanza di agire a monte del ciclo produttivo, con misure su eco-design, durabilità dei prodotti e mercati per le materie prime seconde. “L’Italia deve decidere se rafforzare o perdere il suo vantaggio competitivo nella circolarità”, ha affermato.

Claudia Brunori, Direttrice del Dipartimento Sostenibilità di ENEA, ha evidenziato la necessità di ridurre la dipendenza dalle importazioni e ha indicato biotecnologie circolari e recupero di scarti organici come settori strategici per l’innovazione.

Prospettive e benefici economici

Secondo stime della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, uno scenario che preveda un aumento annuo del tasso di riciclo dell’1,5%, una riduzione della produzione di rifiuti dell’1% e una contrazione del consumo di materiali del 3,5%, porterebbe al 2030 a un risparmio di oltre 82 miliardi di euro e a una riduzione dell’import di materiali di 40 milioni di tonnellate.

Anche a livello europeo, la Commissione UE prevede che l’adozione diffusa di modelli circolari possa generare un risparmio annuo di 45 miliardi di euro sul sistema energetico tra il 2031 e il 2050.

Materie prime critiche e opportunità future

Il Rapporto dedica un approfondimento alle materie prime strategiche: alluminio, rame e fosforo, su cui l’UE intende rafforzare l’autonomia con misure regolatorie come il Circular Economy Act previsto per il 2026.

L’alluminio, oggi riciclato in Europa solo al 21% a fine vita, può essere riutilizzato indefinitamente; il rame già proviene al 32% da fonti riciclate, ma potrebbe coprire il 40% della domanda totale entro il 2050. Il fosforo, essenziale per fertilizzanti e batterie, è al centro di studi per il recupero da acque reflue e fanghi di depurazione, in vista della nuova Direttiva UE.

Il Rapporto sottolinea come il rafforzamento della filiera del riciclo, il sostegno all’eco-innovazione e l’incentivazione degli acquisti pubblici circolari possano rappresentare un volano per il rilancio del Made in Italy, riducendo le vulnerabilità sistemiche e rafforzando la competitività economica e ambientale dell’intero Paese.

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