La bozza del DPCM sulla strategia energetica della Sardegna, in discussione tra Governo e Regione, è oggetto di forti critiche da parte dell’alleanza Sardegna Rinnovabile (formata da WWF, Legambiente, Greenpeace e Kyoto Club). Le associazioni contestano l’impostazione del decreto, ritenendolo incoerente con i principi di transizione ecologica e decarbonizzazione, e sottolineano il rischio di un ritorno alle infrastrutture fossili, con conseguenze ambientali e sociali a lungo termine.
Il documento, secondo Sardegna Rinnovabile, introduce un modello di metanizzazione dell’isola fondato su due nuovi rigassificatori galleggianti (FSRU), da localizzare nei porti di Oristano e Porto Torres, collegati a una rete di distribuzione per uso industriale, termoelettrico e domestico. Queste infrastrutture, considerate “temporanee” dal decreto, verrebbero invece progettate per rimanere operative nel lungo periodo.
L’allarme delle associazioni: rischio di una nuova dipendenza dal gas
Nel comunicato congiunto, Sardegna Rinnovabile evidenzia che, sebbene il DPCM parli di “decarbonizzazione”, nella pratica si prevedono nuove opere legate al gas metano, un combustibile fossile composto principalmente da metano, un gas serra 83 volte più climalterante della CO2. Una strategia, secondo le organizzazioni, che contraddice gli obiettivi climatici italiani ed europei al 2030 e ignora le potenzialità dell’isola come prima regione italiana completamente alimentata da energie rinnovabili.
Secondo Sardegna Rinnovabile, l’attuale assenza di metanizzazione in gran parte del territorio sardo dovrebbe essere sfruttata per favorire una transizione diretta verso l’elettrificazione e un sistema 100% rinnovabile, senza passare da un’ulteriore fase fossile. Le associazioni fanno riferimento anche a un recente studio condotto da Università di Padova, Politecnico di Milano e Università di Cagliari, che sarà presentato il 19 maggio, a sostegno della fattibilità di una rete elettrica rinnovabile per l’intera isola.
Le opere previste e i rischi economici
Tra gli interventi elencati nella bozza di decreto figurano, oltre alle due FSRU, metanodotti e reti di distribuzione collegate a impianti industriali e centrali termoelettriche alimentate a gas. Queste opere sono ritenute da Sardegna Rinnovabile ad alto impatto ambientale e paesaggistico, e non giustificabili come “provvisorie”. Inoltre, si teme che possano generare stranded asset, ovvero investimenti destinati a perdere valore in un contesto di progressiva decarbonizzazione.
Le associazioni criticano anche il fatto che, nella lettera d’intenti allegata al decreto, si faccia riferimento alla possibilità di costruire ulteriori terminali di rigassificazione nel sud dell’isola, lasciando aperta la strada a un’ulteriore espansione della rete fossile, senza definire limiti chiari o criteri di necessità.
Impatti sociali e ambientali
Sardegna Rinnovabile contesta l’assenza di un coinvolgimento delle amministrazioni locali e delle comunità sarde nella pianificazione. Tra le preoccupazioni principali emergono i possibili effetti su traffico marittimo, turismo e attività agro-pastorali, già fortemente colpite da eventi climatici estremi come la siccità. Si evidenzia inoltre che i costi delle nuove infrastrutture saranno ripartiti su tutti gli utenti italiani, secondo il principio della “perequazione”, con oneri elevati a carico della collettività.
Alternativa energetica: rafforzare la rete elettrica
Nel comunicato, Sardegna Rinnovabile richiama il PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima), che già prevede il potenziamento di infrastrutture elettriche come il Tyrrhenian Link, il SACOI3 e sistemi di accumulo, in grado di garantire la sicurezza energetica dell’isola senza ricorrere al gas. Tali interventi vengono ritenuti più coerenti con gli obiettivi climatici e più adatti a offrire un vantaggio competitivo all’economia sarda.
La richiesta delle associazioni
Alla luce di quanto esposto, Sardegna Rinnovabile invita Governo e Regione a rivedere l’impostazione del decreto, abbandonando la logica dell’espansione fossile e adottando una pianificazione energetica coerente con la neutralità climatica, che tenga conto delle peculiarità territoriali e ambientali dell’isola. Le associazioni ribadiscono la necessità di mettere al centro la salute pubblica, l’ambiente e l’indipendenza energetica della Sardegna, in un’ottica di sostenibilità e lungo periodo.