Sicurezza stradale, le associazioni: “Velocità prima causa di morte, ma il tema sparisce”

Dopo la morte di Paolo Saibene, travolto da un SUV a Milano, le associazioni per la mobilità equa chiedono un cambio di narrazione e interventi strutturali sulla sicurezza stradale. Riceviamo e condividiamo il comunicato stampa delle associazioni

Dopo la morte di Paolo Saibene, travolto da un SUV a Milano, le associazioni per la mobilità equa chiedono un cambio di narrazione e interventi strutturali sulla sicurezza stradale

Le associazioni per la mobilità equa denunciano: vittime umiliate da politiche e parole, dopo la morte di Paolo Saibene, travolto e ucciso da Josep Martinez. In Italia l’insicurezza stradale è un’emergenza, e la velocità la prima causa di morte soprattutto per chi è più vulnerabile, che però sparisce da politiche e cronaca, mentre il governo taglia i fondi per ridurre le vittime e si ostacolano gli autovelox.

La morte di Paolo Saibene, uomo di 81 anni investito e ucciso da Josep Martinez alla guida di un SUV, ci ricorda che In Italia il diritto di muoversi liberamente e in sicurezza anche senza automobile è un diritto negato. Le nuove norme rendono più difficile installare autovelox, strumenti salvavita come i defibrillatori, e si definanzia la sicurezza stradale nella legge di bilancio.

La velocità scompare dalla politica e dalla cronaca, e mentre il MIT indica, su dati però parziali, una riduzione di vittime e feriti, le stime di Commissione Europea e di ASAPS non vedono nessun calo della mortalità stradale in Italia nel primo semestre 2025.

L’impatto che ha ucciso Saibene ha lasciato 100 metri di detriti: un dato che parla chiaro. La velocità, secondo ISTAT, è la prima causa di morte sulle strade, e aggrava gli effetti di tutte le altre, come distrazione e infrazioni. Ridurla non è un dettaglio tecnico: è un atto di responsabilità. Ogni metro di frenata in più può decidere tra la vita e la morte. Chi guida mezzi più lesivi è responsabile dell’incolumità delle persone fuori dall’abitacolo — pedoni, ciclisti, persone anziane e con disabilità, bambini — anche quando questi commettono un errore o si trovano in difficoltà: essere fragili o vulnerabili non è una colpa, ma una realtà per molti.

C’è un altro tema cruciale: la narrazione degli scontri. Scrivere “l’anziano ha avuto un malore” mentre “l’automobilista non è riuscito a evitare l’impatto” significa costruire una narrazione fatalista e che deresponsabilizza chi guida, pur con delle indagini in corso. Raccontare correttamente significa rispettare la complessità dei fatti e la dignità di tutte le persone coinvolte. 

Le associazioni chiedono che la riduzione della velocità diventi priorità istituzionale a tutti i livelli, con interventi e fondi strutturali, infrastrutture e limiti adeguati, controlli reali, e una comunicazione che non assolve comportamenti pericolosi alla guida. 

Articolo precedenteInceneritore di Roma, confronto con i cittadini | Alfonsi annuncia: “Rifiuti su rotaia, non via camion”