Slow Food: “Senza suolo non c’è sovranità agroalimentare. Senza terra non c’è vita”

Il 5 dicembre, in occasione della Giornata mondiale del suolo, l'attenzione si concentra sull'associazione tra suolo, chimica e cementificazione, ritenute minacce per la salubrità della terra e, di conseguenza, per la nostra stessa salute e la biodiversità. Federico Varazi, vicepresidente di Slow Food Italia: "I nostri suoli sono messi a dura prova da un consumo spregiudicato legato a nuovi insediamenti e infrastrutture e alla desertificazione"

Slow Food sovranità agroalimentare

“È essenziale comprendere l’importanza fondamentale della terra in ogni singolo giorno della nostra vita su questo pianeta, riconoscendo il suo ruolo determinante per la sopravvivenza di ogni forma di vita. Dovremmo apprendere a percorrerla con rispetto, a utilizzarla con delicatezza e a respingere qualsiasi forma di abuso”. Questo è l’invito di Francesco Sottile, agronomo, docente presso l’Università di Palermo e membro del Consiglio di Slow Food. Un invito che dovremmo mettere in pratica ogni giorno dell’anno e non soltanto il 5 dicembre, in occasione della Giornata mondiale del suolo.

Tuttavia, nonostante l’evidenza della cronaca e gli appelli scientifici, continuiamo a mortificarlo: “I nostri suoli – puntualizza Federico Varazi, vicepresidente di Slow Food Italia – sono messi a dura prova da un consumo spregiudicato legato a nuovi insediamenti e infrastrutture e alla desertificazione. Secondo i dati del Rapporto ISPRA 2023, la cementificazione continua ad accelerare, arrivando alla velocità di 2,4 metri quadrati al secondo e avanzando di 77 km2, oltre il 10% in più rispetto al 2021. Il territorio nazionale si sta trasformando, le città diventano sempre più calde e invivibili, aumenta l’esposizione al rischio idrogeologico. Nell’ultimo anno, nelle aree a pericolosità idraulica media, sono oltre 900 gli ettari di territorio nazionale reso impermeabile. Diminuisce anche la disponibilità di aree agricole: oltre 4.500 gli ettari persi nell’ultimo anno, pari al 63% del consumo di suolo nazionale, che corrispondevano a 4 milioni di quintali di cibo prodotto e 2 milioni di tonnellate di carbonio assorbito. I costi nascosti dovuti alla perdita dei servizi ecosistemici, sempre secondo il rapporto, ammontano a 9 miliardi di euro ogni anno”. Un suolo cementificato è irreversibilmente perso, muore la biodiversità in esso contenuta che non ha pari sul pianeta.

Un altro dato preoccupante, spiega Slow Food, è la desertificazione che si manifesta in due modi. Il primo dovuto alla siccità crescente con la crisi climatica che sta investendo ampie zone del pianeta colpendo spesso comunità, come quelle africane, che hanno contribuito storicamente meno a causarla. A questo si aggiunge la desertificazione da agricoltura industriale: “È un problema sempre più complesso – aggiunge il professore Sottile – e radicato su basi agronomiche, sociali, forse più genericamente antropologiche. Basti pensare a un appezzamento di terra in cui si applica una lavorazione agroindustriale. Si coltiva una specie in modo esclusivo, eliminando la biodiversità naturale con scelte di monocoltura, e il suo perdurare negli anni richiede necessariamente l’uso di chimica di sintesi per il suolo. Richiede una meccanizzazione sempre più spinta. Senza tralasciare che, spesso, dà spazio a una forma di inquinamento legalizzata come lo sversamento dei fanghi da depurazione”. 

Un problema che rischia di compromettere la potenzialità di molti suoli, anche in Italia. Come riporta l’Associazione, il 70% di tutti i suoli europei è in uno stato di cattiva salute a causa delle attuali pratiche di gestione, dell’inquinamento, dell’urbanizzazione e degli effetti del cambiamento climatico.

Slow Food prosegue spiegando che il Made in Italy, l’agroalimentare di qualità, la gastronomia apprezzata in tutto il mondo, il savoir faire dei nostri artigiani alimentari straordinari: sono questi i valori che ci contraddistinguono e che rendono il nostro Paese unico. “Ma se continuiamo a distruggere e depredare la nostra terra madre, possiamo ancora parlare di Made in Italy? Pensiamo ad esempio al vino, un prodotto complesso e ricco di cultura. Il suolo rappresenta uno degli elementi chiave per la sua produzione, insieme al clima e all’operare dell’uomo. È infatti attraverso l’interrelazione tra microrganismi, funghi e radici che il suolo consente alle viti di esprimere aromi specifici esclusivi che fanno grandi i vini. È la forza del suolo a crearne il carattere”.

Per questa ragione, Slow Wine Fair 2024, la manifestazione internazionale dedicata al vino buono, pulito e giusto, mette al centro la rigenerazione del suolo. Tre conferenze online di avvicinamento con studiosi di tutto il mondo, a partire dal 6 dicembre alle ore 18 con Lydia e Claude Bourguignon, microbiologi dei suoli, e il professor Francesco Sottile.

“Un vero cambio di paradigma è l’unico strumento per arrestare la perdita di risorse”, afferma il professor Sottile. “È certamente necessario trovare forme di contingentamento dell’agricoltura industriale, rigenerare suoli con ridottissima fertilità e avviarli a lavorazioni sostenibili, nel pieno rispetto dei principi dell’agroecologia. Lo stile di vita dei cittadini consumatori, poi, svolge un ruolo non indifferente: contenimento di proteine animali, consumo di prodotti da colture di prossimità, che vogliono bene alla terra, siano esse biologiche, biodinamiche, sinergiche o simbiotiche”.