Il peso politico e climatico dello spreco alimentare

Secondo i dati di Waste Watcher in vista della giornata del 29 settembre, lo spreco alimentare in Italia è leggermente diminuito ma rimane, ovviamente, un enorme problema a livello globale. L'Osservatorio evidenzia il legame fra le guerre, i dazi e la crisi climatica: più di un italiano su tre (il 37%) sceglie prodotti made in Italy, due italiani su tre hanno aumentato o tenuto alta l'attenzione all'ambiente e la metà dei connazionali presta più attenzione all'impatto ambientale dei prodotti. Sono i "nativi digitali" il motore del cambiamento

Nel 2025 lo spreco alimentare in Italia è sceso di 95 grammi settimanali, passando da 650 a 555,8 grammi. È quanto emerge dal nuovo rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher International, presentato il 25 settembre a Roma nell’ambito di un evento promosso dalla campagna “Spreco Zero”, in vista della sesta Giornata mondiale di consapevolezza delle perdite e sprechi alimentari del 29 settembre.

Secondo il rapporto “aumenta la consapevolezza del legame fra spreco e ambiente, ma è lontano il traguardo fissato per il 2030 di 369,7 grammi settimanali”. Si spreca meno al centro (490,6 grammi) e al nord (515,2 grammi) rispetto al sud (628,6 grammi). Sprecano meno le famiglie con figli (-17%) e i grandi Comuni (-9%), mentre la classifica dei cibi sprecati è guidata dalla frutta fresca (22,9 grammi), seguita da verdura fresca (21,5 grammi), pane (19,5), insalata (18,4) e cipolle/tuberi (16,9).

Waste Watcher evidenzia poi il legame fra le guerre, i dazi e la crisi climatica: più di un italiano su tre (il 37%) sceglie prodotti made in Italy, due italiani su tre hanno aumentato o tenuto alta l’attenzione all’ambiente e la metà dei connazionali presta più attenzione all’impatto ambientale dei prodotti alimentari che acquista nel tempo della crisi climatica. Sono i “nativi digitali” il motore del cambiamento: riutilizzano gli avanzi (+10% rispetto alla media), condividono il cibo (+5%), acquistano frutta e verdura di stagione (+2%), prestano più attenzione all’impatto ambientale (+2%).   

A livello internazionale l’indagine registra che nel mondo vengono sprecate 1,05 miliardi di tonnellate di cibo, ovvero un terzo della produzione alimentare globale. Lo spreco di cibo è responsabile di quasi il 10% delle emissioni globali di gas serra ed è pari a cinque volte quelle generate dall’aviazione. Il 28% dei terreni agricoli, 1,4 miliardi di ettari, viene utilizzato per produrre cibo che non verrà mai mangiato.

Non mancano tuttavia segnali incoraggianti – dice Andrea Segrè, fondatore della Campagna Spreco Zero, sul Manifesto – La Generazione Z, ad esempio, si mostra particolarmente attenta: più incline a riutilizzare avanzi, a cercare ricette online, a valutare l’impatto ambientale delle proprie scelte alimentari. È una generazione che può fare da traino, purché venga sostenuta con strumenti adeguati, come l’applicazione Sprecometro, che unisce tecnologia e educazione alimentare, e politiche pubbliche che favoriscano comportamenti virtuosi”.

Serve una visione più ambiziosa – aggiunge Segrè – l’Europa deve riallinearsi agli obiettivi dell’Agenda 2030 e recuperare lo spirito coraggioso della risoluzione del 2012. Parallelamente, i cittadini devono essere coinvolti con strumenti concreti, capaci di tradurre la consapevolezza in azione quotidiana. In un mondo che rischia di affamarsi sprecando, la sfida è tutta lì: ritrovare il valore del cibo come bene comune, non come merce usa e getta“.

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