I grandi stadi del futuro non saranno più semplici contenitori per eventi, ma micro-reti energetiche attive, elementi urbani permeabili e spazi resilienti in grado di ridurre il proprio impatto ambientale. Quando si costruisce un impianto sportivo, non basta pensare al pubblico e alla capienza: serve integrare fonti rinnovabili, riciclo delle acque, materiali low-carbon, mobilità dolce e soluzioni per la qualità dell’aria.
Gli esempi principali
In Europa, Nord America e anche in paesi emergenti, diversi club hanno scelto di fare del loro stadio un laboratorio ambientale. L’obiettivo è trasformare strutture da “grandi consumatori” in infrastrutture che producono energia, riducono rifiuti, e si relazionano in modo virtuoso al territorio circostante. Questi esempi concreti diventano modello per chi, ancora oggi, in molte nazioni — Italia inclusa — fatica a realizzare impianti moderni e sostenibili.
Ad Amsterdam, la Johan Cruijff ArenA funziona anche da “battery hub” urbano: circa 148 batterie di auto elettriche dismesse (in “seconda vita”) permettono di stoccare energia e gestire i picchi di domanda, restituendola all’area circostante quando serve. Ciò consente di ridurre i costi energetici e rafforzare l’autonomia dell’impianto stesso nei momenti di massima richiesta.
In Germania, lo stadio del Friburgo ha installato un impianto fotovoltaico da 2,38 MWp sul tetto, che produce una quantità di energia elettrica annua rilevante, contribuendo in maniera significativa al fabbisogno dell’arena.
Negli Stati Uniti, il Mercedes-Benz Stadium di Atlanta vanta la certificazione LEED Zero e integra pannelli fotovoltaici, sistemi di raccolta dell’acqua piovana, misure di efficienza energetica e controllo termico per minimizzare l’impronta ambientale.
Nel Regno Unito, il Tottenham Hotspur Stadium ha adottato una strategia integrata: elettricità da fonti rinnovabili, politica “zero waste to landfill”, riduzione delle plastiche usa e getta e piani per l’installazione di pompe di calore e fotovoltaico.
Infine, il progetto Eco Park per i Forest Green Rovers vuole spingersi oltre: non solo integrazione energetica, ma stadio costruito con materiali rinnovabili, legno composito strutturale e attenzione alla biodiversità del sito.
Questi esempi mostrano come, in realtà, stadi moderni non debbano essere fardelli ambientali, bensì asset attivi nella transizione ecologica. Oggi il modello va oltre il semplice “stadio efficiente”: è lo stadio che produce, accumula, innova e interagisce con la città.
Lo scenario italiano: potenzialità inespresse e opportunità perdute
In Italia gli impianti sportivi moderni scarseggiano e molti stadi della Serie A rappresentano testimonianze storiche che, pur con valore nostalgico, presentano limiti tecnologici e ambientali. La loro età avanzata, le strutture poco modulari, gli spazi rigidi e la scarsa integrazione con infrastrutture urbane moderne rappresentano una sfida per chi vuole costruire “dal basso” impianti all’avanguardia. Le lungaggini burocratiche, i vincoli paesaggistici e le difficoltà di partenariato pubblico-privato aggravano ulteriormente il ritardo.
Tuttavia, il mondo del calcio sta mutando sotto la pressione delle tecnologie digitali, dei diritti televisivi, dei modelli economici legati all’engagement e persino delle analisi sugli impatti ambientali. In questo contesto, la gestione di uno stadio moderno può diventare un elemento differenziante, che potenzialmente incide anche sulla valorizzazione del marchio del club, sull’attrattività per sponsor o investitori e sulla credibilità sociale. Un impianto efficiente, “green” e innovativo può contribuire a una narrativa di modernità che influenza tutto l’ecosistema del calcio, comprese le dinamiche che oggi ruotano intorno alle scommesse sulla serie a italiana: infatti, il valore percepito del campionato, la qualità dell’esperienza televisiva e la sostenibilità dell’ambiente calcistico possono riflettersi indirettamente sulla credibilità e sull’appeal degli impianti come prodotti di intrattenimento globale.
Anche se l’Italia ha iniziato qualche progetto strutturato, spesso restano nella fase progettuale o subiscono stop. Il nuovo stadio di Cagliari, pensato per sostituire il Sant’Elia, ha ottenuto valutazioni ambientali favorevoli dopo approfondimenti tecnici su impatto su suolo e vegetazione. A Firenze, il restyling del Franchi include piani per copertura fotovoltaica e recupero dell’acqua piovana per irrigazione, oltre a riqualificazione del parco urbano intorno. A Roma, l’iter per uno stadio a Pietralata è faticoso: occorrono indagini archeologiche, studi ambientali, vincoli paesaggistici e patti con il verde urbano. A Bologna, il dialogo su come ammodernare il Dall’Ara comprende idee per fotovoltaico e servizi efficienti, ma la deliberazione fatica a decollare.
Queste iniziative, quando procedono, dimostrano che l’Italia può intraprendere un percorso diverso, se supportata da regole chiare e incentivi.
Verso il cambiamento: indicazioni strategiche
Per recuperare il ritardo rispetto ad altre nazioni, l’Italia avrebbe bisogno di:
- Norme semplificate e vincolanti: definire standard obbligatori per efficienza energetica, fonti rinnovabili e gestione idrica negli stadi di nuova costruzione o ristrutturati, con tempi certi per le autorizzazioni.
- Incentivi economici mirati: sgravi fiscali, fondi nazionali o europei (PNRR, fondi UE) dedicati alle infrastrutture sportive sostenibili.
- Partenariati pubblico-privati chiari e trasparenti: club, enti locali e operatori industriali devono condividere rischi e benefici in modelli che premiano la sostenibilità operativa.
- Monitoraggio e trasparenza ambientale: ogni stadio dovrebbe dichiarare obiettivi annuali (produzione energetica, riduzione CO₂, riuso acqua, rifiuti riciclati) e pubblicare i risultati, come in un bilancio ambientale.
- Cultura e comunicazione ambientale: coinvolgere tifosi, scuole, comunità locali nell’educazione ambientale legata allo stadio, facendo dell’impianto un luogo non solo di sport ma di impegno civico.
Quando uno stadio diventa fonte energetica, quando è progettato per costare meno in esercizio e per dialogare con la città, allora non è un “cantiere moderno” ma un’opera infrastrutturale sostenibile, che può durare decenni con un’impronta ambientale molto ridotta. Se il calcio deve guardare avanti, gli stadi devono camminare con lui, trasformando lo spettacolo in un atto di responsabilità ambientale.











