Torino Respira sulla sentenza Cedu in materia di tutela ambientale: “Rispetto della legge limite invalicabile”

Il Comitato Torino Respira commenta la recente sentenza emessa dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo che ha condannato la Svizzera per la sua insufficiente azione di contrasto nei confronti del cambiamento climatico: la discrezionalità amministrativa, dice il comitato, è limitata alla scelta delle misure necessarie per raggiungere determinati obiettivi di tutela ambientale. Roberto Mezzalama: "La classe politica dovrebbe evitare improprie invasioni di campo nella sfera giudiziaria e dedicare le proprie energie a un'efficace lotta all'inquinamento atmosferico e alla crisi climatica” 

“La recente sentenza emessa dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (CEDU), che ha condannato la Svizzera per la sua insufficiente azione di contrasto nei confronti del cambiamento climatico, ha affrontato in modo incisivo un tema più volte evocato anche in relazione al processo penale per inquinamento atmosferico che avrà inizio il 18 giugno davanti al Tribunale di Torino: la discrezionalità amministrativa e i suoi limiti“. Così il comitato Torino Respira in una nota in cui commenta la decisione della CEDU lo scorso 9 aprile.

Già alcuni mesi fa il Comitato Torino Respira aveva commentato l’ordine del giorno presentato dall’onorevole Enrico Costa, e poi approvato dal Parlamento, “avente il dichiarato obiettivo di bloccare il processo torinese”. L’odg, dice Torino Respira, dopo aver richiamato espressamente tale processo, additato di voler valutare “l’adeguatezza e l’efficacia di scelte adottate dagli amministratori locali nella loro piena e legittima discrezionalità politica e di far discendere da tale valutazione conseguenze penali”, ha impegnato il Governo “ad adottare le iniziative normative di competenza volte ad escludere la responsabilità penale da “mera posizione” per gli amministratori locali di fronte ad eventi connessi a fenomeni di inquinamento atmosferico o cambiamento climatico di portata globale non direttamente prevedibili ed evitabili, configurando l’elemento soggettivo in modo tale da scongiurare interpretazioni giurisprudenziali creative”.

A questa iniziativa, fa presente Torino Respira, sì è recentemente affiancata un’interrogazione avanzata al Ministro della Giustizia dagli onorevoli Ivan Scalfarotto ed Enrico Borghi, con la quale “si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno attivare i propri poteri ispettivi in merito all’operato della Procura di Torino per accertare l’assenza di condizionamenti e il corretto funzionamento dei relativi uffici giudiziari”.

Tale richiesta, aggiunge il comitato, “richiama anche l’iniziativa giudiziaria che ha preso le mosse dall’esposto presentato da Torino Respira in materia di inquinamento atmosferico, definita con queste parole”: “…‘inedite’ inchieste condotte nei confronti dell’ex presidente di Regione Chiamparino e dell’ex sindaca di Torino on. Chiara Appendino, dove si è giunti persino a paventare un’indebita ingerenza nell’ambito della discrezionalità politica di amministratori e rappresentanti politici eletti”.

Il rapporto tra giustizia e politica è da sempre oggetto di dibattito, dice Torino Respira, ma la discrezionalità politica degli amministratori e rappresentanti politici eletti trova un limite invalicabile nel rispetto della legge, la cui valutazione è demandata esclusivamente al potere giudiziario. La recentissima sentenza della CEDU contro la Svizzera conferma che la discrezionalità amministrativa è limitata alla scelta delle misure necessarie per raggiungere determinati obiettivi di tutela ambientale. Nel caso dell’inquinamento atmosferico – oggetto del processo penale torinese – gli obiettivi di tutela ambientale sono dettati da specifiche Direttive Europee, recepite da tempo nell’ordinamento nazionale (decreto legislativo n. 155 del 2010), che impongono un obbligo di risultato, rappresentato dal rispetto di determinati valori di concentrazione degli inquinanti in atmosfera, che avrebbe dovuto essere assicurato a partire dal 2005 per il PM10 e dal 2010 per il biossido azoto, ma questi valori nel 2024 non sono stati ancora raggiunti nella zona di Torino”. 

“Tutto questo per dire che sentir parlare di “inchieste creative”, “indebite ingerenze” nell’ambito della discrezionalità amministrativa e di responsabilità penale da “mera posizione” degli amministratori risulta quindi fuori luogo”.

La citazione a giudizio disposta per l’udienza del 18 giugno 2024, nella quale gli amministratori comunali e regionali che si sono succeduti dal 2015 al 2019 sono chiamati a rispondere del reato di inquinamento ambientale colposo, è stata firmata dai ben tre magistrati (Procuratore della Repubblica Reggente, Procuratore Aggiunto e Pubblico Ministero) ed è fondata su solide argomentazioni giuridiche

“L’inquinamento atmosferico, come dimostrano le stesse indagini torinesi, provoca numerose malattie e morti premature e il procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica di Torino non ha nulla di particolarmente creativo, se non il fatto di aver contestato, ai titolari di una posizione di garanzia in materia di tutela della qualità dell’aria, un nuovo reato introdotto dallo stesso organo legislativo nel 2015 – il reato di inquinamento ambientale colposo (artt. 452 bis e quinquies c.p. c.p.) -, attraverso una riforma legislativa animata proprio dallo scopo di tutelare maggiormente l’ambiente e la salute pubblica”, commenta l’avvocato Marino Careglio, consulente del Comitato Torino Respira.

“In definitiva, la classe politica dovrebbe evitare improprie invasioni di campo nella sfera giudiziaria e dedicare le proprie energie a un’efficace lotta all’inquinamento atmosferico e alla crisi climatica” conclude Roberto Mezzalama, presidente di Torino Respira.