Conclusi i lavori della Conferenza Velo-City, appuntamento a giugno 2026 a Rimini

Sono state vissute molto intensamente da tutti i partecipanti, e non sarebbe stato possibile il contrario, le quattro giornate, dedicate alla conferenza internazionale sulla mobilità ciclistica, Velo-City 2025, svoltasi nel centro congressi di Danzica (PL), fuori città. Il luogo, ben collegato con tram che passano frequentemente e con piste ciclabili e percorsi pedonali, è stato raggiungibile facilmente. Tutti i partecipanti hanno potuto viaggiare gratuitamente, nei giorni della conferenza, sia sui mezzi pubblici urbani che sulle bici in condivisione, anche in periferia. Il Velo-City nel 2026 torna in Italia, a Rimini, dopo un'assenza di 35 anni. La prima e unica volta fu a Milano nel 1991

Il Velo-City nel 2026 torna in Italia, a Rimini, dopo un’assenza di 35 anni. La prima e unica volta fu a Milano nel 1991. Il passaggio di consegne, al termine della conferenza, tra la sindaca di Danzica, Aleksandra Dulkiewicz e la vice sindaca di Rimini, Valentina Ridolfi. Gli italiani nelle istituzioni e negli enti locali hanno a disposizione un anno per studiare l’inglese, lingua ufficiale del Velo-City, per partecipare in maniera qualificata e non perdere l’occasione. Ma andiamo con ordine. 

Sono state vissute molto intensamente da tutti i partecipanti, e non sarebbe stato possibile il contrario, le quattro giornate (dal 10 al 13 giugno), dedicate alla conferenza internazionale sulla mobilità ciclistica, Velo-City 2025, svoltasi nel centro congressi di Danzica (PL), fuori città. Il luogo, ben collegato con tram che passano frequentemente e con piste ciclabili e percorsi pedonali, è stato raggiungibile facilmente. Tutti i partecipanti hanno potuto viaggiare gratuitamente, nei giorni della conferenza, sia sui mezzi pubblici urbani che sulle bici in condivisione, le cui postazioni sono disseminate non solo nel centro cittadino ma dovunque, anche in  periferia.

Parallelamente alle sessioni plenarie e ai workshop il programma  ha coinvolto i partecipanti, arrivati da ogni dove, anche nelle visite tecniche guidate finalizzate a mettere in  bella mostra le buone pratiche cittadine in termini di mobilità urbana integrata e sostenibile. Danzica è una città multimodale oltre che ciclabile, ed è per questo che è stata  selezionata da ECF (European Cyclists’ Federation) per ospitare il Velo-City: il trasporto collettivo (treni, tram, bus) è interconnesso con il trasporto in bicicletta senza ostacoli, interruzioni o dislivelli. Danzica è inoltre interessata da ben tre ciclovie transeuropee della rete EuroVelo (n. 9 “Baltico-Adriatico”, n. 10 “La ciclovia del Mar Baltico”, n. 13 la ciclovia della Cortina di ferro) che ne fanno un polo attrattore internazionale del cicloturismo e un’area in cui si sono sviluppate attività economiche di settore, non solo riferite alla pianificazione, progettazione e realizzazione delle infrastrutture direttamente o indirettamente legate alla bici come mezzo di trasporto, ma anche ai servizi.     

Le bici si possono trasportare a bordo del mezzi collettivi. La rete ciclabile di poco meno di 1.000 km, costituita da piste  ciclabili  separate fisicamente dal resto della carreggiata, ma anche da strade 30 con priorità per le bici e da strade a doppio senso per le bici nelle strade a senso unico per le auto, è continua e integrata con le stazioni e le fermate, anche quelle fuori dal centro abitato. Lungo le scale dei sottopassi ferroviari ci sono le canaline per le bici e in  genere ci sono sempre rampe per superare dislivelli e dare continuità alle ruote non motorizzate. In città, in prossimità di una stazione ferroviaria, c’è una velostazione con oltre 400 posti bici ed accesso gratuito: ciascuno deve legare con catena e lucchetto la propria. Presente lungo una ciclabile urbana un contabici che misura il passaggio dei ciclisti. 

Ma un elemento non assolutamente non trascurabile è che gli automobilisti si fermano sempre quando pedoni e ciclisti sono in procinto di attraversare le strade sugli attraversamenti loro riservati. Ciò vuol dire, all’occhio del visitatore forestiero, che pedoni e ciclisti non sono invisibili come in Italia. E questo fa molto per favorire la diffusione della mobilità ciclistica. 

Seguire i lavori della conferenza Velo-City è stato molto impegnativo per tutti, non solo per gli speaker che hanno assicurato presentazioni di qualità ma anche per i partecipanti, perchè oltre alla parte convegnistica, con sessioni plenarie e workshop, il Velo-City si caratterizza per avere una parte espositiva e attività di networking finalizzate a fare rete per sviluppare progetti comuni, per vendere o acquistare prodotti e servizi, per scambiarsi le conoscenze tecniche, organizzative e commerciali. Insomma la mobilità ciclistica contribuisce oltre che alla pianificazione e alla gestione sostenibile dell’ambiente urbano e del territorio anche allo sviluppo delle economie locali e all’occupazione

Risalta vedere, infatti, specie fuori dall’Italia,  come la mobilità ciclistica crei posti di lavoro nelle istituzioni governative nazionali e internazionali, oppure nel mondo della ricerca e nel settore della produzione e commercializzazione di merci e servizi. Da noi in Italia, paese dove la cultura e l’economia dell’auto sono  predominanti, siamo  ancora molto in affanno.

Il testimone ricevuto dal Comune di Rimini, che con  la FIAB ha voluto con  impegno e decisione candidarsi ad ospitare in Italia una edizione di Velo-City, è molto pesante e richiederà un impegno gravoso. Sarà necessario non solo mettere a sistema le proprie infrastrutture e servizi di mobilità sostenibile e ciclistica che saranno oggetto di visite guidate e di valutazioni da parte dei partecipanti esteri, ma soprattutto sensibilizzare le istituzioni governative italiane a tutti i livelli, che ancora oggi ignorano la mobilità ciclistica e non conoscono la realtà del Velo-City, a partecipare in massa. Il grande organizzativo del Comune di Rimini, cui va tutto il rispetto e la gratitudine per l’impegno a riportare in Italia il Summit mondiale della ciclabilità, è una occasione così irripetibile, che non potrà essere sprecata. E  siccome l’altro limite è la scarsa conoscenza della lingua inglese, gli italiani hanno un anno di tempo per rimettersi a studiarlo.

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