A partire dal 1° gennaio 2028, la Commissione Europea ipotizza l’introduzione di una nuova risorsa propria nel bilancio dell’Unione: la cosiddetta Raee tax, legata alla gestione dei rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche. Ogni Stato membro sarà tenuto a versare 2 euro per ogni chilogrammo di Raee non raccolti – ossia 2.000 euro a tonnellata – calcolato come differenza tra la media triennale dei dispositivi immessi sul mercato e la quantità effettivamente raccolta nell’anno di riferimento.
Il Consorzio ERP Italia, consorzio no-profit con statuto e regolamento approvato dal Mase, individua “due elementi strutturali su cui lavorare” e che “attualmente penalizzano in modo significativo il sistema italiano, anche a fronte di sforzi reali sul fronte della raccolta e del recupero”.
Il primo riguarda i flussi sommersi e la raccolta non tracciata. “Uno dei principali limiti dell’attuale sistema di misurazione è la mancata inclusione di una parte consistente della raccolta effettivamente realizzata – spiega Erp – perchè una quota rilevante di Raee segue percorsi alternativi rispetto ai canali ufficiali, pur contribuendo alla riduzione dell’impatto ambientale e al recupero dei materiali. Si tratta di flussi gestiti da soggetti che trattano materiali ferrosi, reti di raccolta di altre tipologie di materiale, specialmente per piccole apparecchiature, circuiti di raccolta urbana non differenziata. Questi flussi, pur trattando Raee di fatto, non vengono contabilizzati ai fini del target di raccolta imposto dall’Unione Europea”.
Il secondo punto critico riguarda il metodo con cui viene determinato l’obiettivo di raccolta, il 65% della media triennale dell’immesso sul mercato: “Questo approccio, pur semplice da applicare, non tiene conto delle profonde differenze nei cicli di vita delle apparecchiature elettroniche e della maturità del mercato. Un grande elettrodomestico, ad esempio una lavatrice o un frigorifero, può restare in funzione per 10–15 anni; un dispositivo mobile, smartphone o tablet, viene spesso dismesso entro 2–3 anni; altri prodotti, come moduli fotovoltaici o server industriali, hanno durate operative ben oltre i 20 anni”.
“Applicare un target uniforme basato sull’immesso medio rischia quindi di sovrastimare la disponibilità reale alla raccolta di alcune categorie di prodotti, generando uno squilibrio strutturale. Alcuni enti europei, come EERA (European Electronics Recyclers Association), hanno già avviato proposte alternative, fondate su modelli previsionali per categoria e su stime della disponibilità effettiva al fine vita”.
Secondo ERP Italia, “questa impostazione andrebbe recepita e applicata anche a livello normativo, in modo da garantire coerenza e sostenibilità nel medio-lungo periodo”.