Spreco alimentare e rifiuti tessili, Retake: “Serve un cambio di mentalità”

La revisione della direttiva europea introduce obiettivi vincolanti, ma per ridurre davvero cibo sprecato e rifiuti tessili è necessario un cambiamento nelle abitudini quotidiane. Retake richiama i cittadini all’impegno collettivo per trasformare le regole in comportamenti concreti nei quartieri e nelle case

Spreco alimentare rifiuti tessili

L’Unione europea ha approvato in via definitiva la revisione della direttiva sui rifiuti, fissando per la prima volta obiettivi vincolanti contro lo spreco alimentare e i rifiuti tessili. La norma stabilisce che entro il 2030 lo spreco dovrà essere ridotto del 10% nella produzione e trasformazione e del 30% nel commercio, nella ristorazione e nelle famiglie. Per il tessile, i produttori saranno tenuti a coprire i costi di raccolta e riciclo attraverso il principio della responsabilità estesa del produttore.

In questo quadro si inserisce la posizione di Retake, che sottolinea come le norme da sole non siano sufficienti. «Il cambiamento parte dalle mentalità e dai comportamenti quotidiani – dichiara il presidente Fabrizio Milone –. Solo quando la cittadinanza si assume la responsabilità di ridurre gli sprechi e prendersi cura dei beni comuni, i principi fissati dalle norme trovano davvero applicazione nella vita reale».

I dati evidenziano l’urgenza. Ogni anno nell’Ue si generano quasi 60 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, pari a 132 kg per persona, e 12,6 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, di cui 5,2 milioni provenienti da abbigliamento e calzature, equivalenti a 12 kg pro capite. A livello mondiale meno dell’1% dei tessili viene effettivamente riciclato in nuovi prodotti.

Secondo Retake, la vera sfida si gioca nei quartieri, nelle case e nelle scelte di ogni giorno. Recuperare il cibo in eccesso, condividere ciò che avanza e riutilizzare gli abiti sono azioni semplici che, se diffuse collettivamente, possono contribuire a rendere le città più vivibili e sostenibili.

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