Affrontare la disinformazione climatica, tre esperti si confrontano alla tavola rotonda Onu

Gli impatti dei cambiamenti climatici stanno accelerando sempre di più, ma la negazione, la distorsione e le falsità su fatti scientifici consolidati stanno inondando internet e il panorama dei media. Questo, in estrema sintesi, ciò che hanno sostenuto i partecipanti ad una tavola rotonda organizzata il 30 ottobre presso la sede delle Nazioni Unite. Sono intervenuti: Vanessa Nakate, ambasciatrice e attivista per il clima UNICEF; Jake Dubbins, co-fondatore di Conscious Advertising Network, e il meteorologo di The Weather Channel, Paul Goodloe

Gli impatti dei cambiamenti climatici stanno accelerando sempre di più, ma la negazione, la distorsione e le falsità su fatti scientifici consolidati stanno inondando internet e il panorama dei media. Questo, in estrema sintesi, ciò che hanno sostenuto i partecipanti ad una tavola rotonda organizzata il 30 ottobre presso la sede delle Nazioni Unite, sulla disinformazione relativa alla crisi climatica.

La consigliera Onu sull’integrità dell’informazione, Charlotte Scaddan, ha parlato con tre esperti: Vanessa Nakate, ambasciatrice di buona volontà e attivista per il clima UNICEF; Jake Dubbins, co-fondatore di Conscious Advertising Network e membro di Climate Action Against Disinformation, e il meteorologo di The Weather Channel, Paul Goodloe.

Gli scienziati concordano sul fatto che “il cambiamento climatico è reale ed è causato da attività umane non sostenibili come l’uso di combustibili fossili, ma alcuni attori continuano a diffondere informazioni sbagliate e disinformazione, creando percezioni errate dannose che possono soffocare un’azione climatica efficace”.

Jake Dubbins spiega: “Dividiamo la cattiva informazione e la disinformazione climatica in tre grandi categorie. La prima è quella della negazione totale: sappiamo che il cambiamento climatico è in atto e sappiamo che è causato dall’uomo, ma questo fatto viene negato, usando termini come truffe e bufale climatiche, di tendenza sui social media. La seconda categoria riguarda le emissioni e la selezione dei dati senza fornire un quadro completo, per fuorviare le persone. La terza invece è costituita dalle false soluzioni, che suggeriscono azioni che non sono in linea con l’Accordo sul clima di Parigi”.

Ancora: “Abbiamo condotto alcuni sondaggi l’anno scorso alla COP 27 e abbiamo scoperto che questi messaggi stanno avendo successo in molti paesi. Abbiamo posto domande in sei nazioni diverse e abbiamo scoperto che il 23% delle persone in America crede che il cambiamento climatico sia una bufala inventata dal World Economic Forum. Abbiamo scoperto che oltre il 20% delle persone in tutti e sei i paesi da noi intervistati ritiene che il cambiamento climatico non sia causato dall’uomo”.

Vanessa Nakate aggiunge: “Le aziende produttrici di combustibili fossili sapevano che le loro azioni stavano distruggendo il clima, eppure hanno continuato e hanno cercato di nascondere le informazioni al pubblico, anche usando il greenwashing. Lo abbiamo visto ad esempio nel settore della moda, dove molte aziende stanno facendo così tanto per mostrare al pubblico che sono sostenibili, eppure, quando si osservano i processi della catena di approvvigionamento, ci si rende conto che in realtà non lo sono. Stanno danneggiando le comunità, le persone e stanno sfruttando il lavoro”.

Paul Goodloe dice: “Il cambiamento climatico non è un’opinione. Sfortunatamente, ci sono organi di stampa che riportano la disinformazione come una notizia, ma in realtà quelle sono opinioni. A The Weather Channel abbiamo una missione, che è quella di educare e informare parlando di scienza”.

Ancora Vanessa Nakate: “Personalmente, e penso anche per i diversi giovani all’interno del movimento per il clima, ci troviamo in situazioni in cui dobbiamo dare speranza alle persone. L’attivismo può essere estenuante. Molti hanno sperimentato dei burnout a causa del cambiamento climatico”. A questo proposito riprende Jake Dubbins: “Un paio di anni fa alla COP26, abbiamo riunito attivisti, leader climatici e imprese per scrivere in modo efficace una lettera chiedendo che la disinformazione climatica fosse affrontata dalle Nazioni Unite, ma anche dalle piattaforme di social media. Due anni fa non esistevano politiche sulla disinformazione climatica, ora nella maggior parte sì, ad eccezione di X, ex twitter”.

Paul Goodloe chiude: “Si tratta di stare dalla parte giusta della storia. Cinquanta o sessant’anni fa, Martin Luther King era disapprovato dal 75% degli americani. Ora, a 50 anni dalla sua morte, è approvato dal 90%. Dobbiamo continuare a spingere e sono ottimista sul fatto che sempre più persone si metteranno dalla parte giusta”.