Carovana Salvacibo, diario di una giornata al CAAT di Torino

Il racconto della nostra collaboratrice Mariachiara Testagrossa che recupera generi alimentari da distribuire con il progetto della Carovana Salvacibo: "Entriamo a piedi nel lunghissimo corridoio coperto che è il cuore del CAAT, circondato a destra e sinistra dagli oltre trenta negozi di grossisti intasati di bancali carichi di frutta e verdura alti oltre due metri, percorso da ogni genere di veicolo e brulicante di migliaia di persone. Non è stato facile abituarsi a camminare con disinvoltura in questa moltitudine, un vero e proprio caos organizzato"

di Mariachiara Testagrossa

Come ogni mattina si parte alle 8.00 da Cascina Roccafranca, la casa del quartiere che si trova in Via Giovanni Rubino 45 a Torino, un luogo che ospita, fra mille altre cose, anche il furgone che usiamo per andare a fare il nostro giro di recupero e consegne giornaliero. Il mio collega Ecomoro ed io veniamo ricevuti dalle signore dell’accoglienza con un entusiasmo che spesso è la vera sveglia della giornata e così, si parte!

Guido fino al poco lontano CAAT (Centro Agro Alimentare Torino) e parcheggio fra i tanti furgoni degli ambulanti. Quello che dobbiamo fare è entrare in ogni punto vendita, chiedere se è presente cibo invenduto o invendibile, da recuperare insomma, passare a caricarlo col furgone per poi ridistribuirlo fra diverse realtà in giro per la città: case del quartiere, bagni pubblici, spazi occupati, tutti luoghi che offrono servizi di pacchi alimentari o mutuo aiuto.

Entriamo a piedi nel lunghissimo corridoio coperto che è il cuore del CAAT, circondato a destra e sinistra dagli oltre trenta negozi di grossisti intasati di bancali carichi di frutta e verdura alti oltre due metri, percorso da ogni genere di veicolo e brulicante di migliaia di persone. Non è stato facile abituarsi a camminare con disinvoltura in questa moltitudine: muletti che tengono sollevati 500 e più chilogrammi di cassette piene a diversi metri di altezza, carretti, gruppetti di persone intenti a contrattare prezzi, trenini con vagoni carichi di interi bancali, monopattini, gente che corre, baristi con vassoi carichi di caffè in mano, in bicicletta. Insomma un vero e proprio caos organizzato.

E non si potrebbe definirlo diversamente. Infatti ogni cosa, veicolo e persona si incastra perfettamente in una specie di balletto eseguito al ritmo degli innumerevoli inevitabili clacson e grida, nessuno scontro, nessun incidente, nessun ingorgo (quantomeno
nessun ingorgo così grave da non poter essere risolto nel giro di pochi secondi). Al mio collega e a me non resta che entrare nei vari punti vendita e domandare ai grossisti se a termine della loro giornata di lavoro – che inizia a mezzanotte e che quindi quando noi arriviamo, alle 8 del mattino, è ormai quasi finita – sia rimasto del cibo invenduto. Nel caso la risposta sia un sì ci mettiamo d’accordo per passare a prendere il tutto poco più tardi.

Non posso non citare la quotidiana, apprezzatissima e quasi indispensabile tappa al solito bar interno che ci ristora con caffè, brioche e il saluto al barista che già dal secondo giorno, nonostante i suoi mille e più clienti, si ricordava come volevo il caffè! E così, passando da uno spazio all’altro, abbiamo a che fare con le innumerevoli persone e personalità che attraversano il CAAT: un meraviglioso incontro fra chi arriva da ogni parte del mondo, da ogni status sociale, da ogni storia di vita. E nei nostri confronti soprattutto tanti sorrisi, qualche chiacchiera, molta disponibilità, ma anche qualche sguardo indifferente e forse un po’ infastidito.

Col passare del tempo si nota inoltre una sempre maggiore comprensione e sensibilità nei confronti di quello che è il progetto di Eco dalle Città, incentrato sul recupero e l’antispreco di generi alimentari. A chi ancora ci dice “oggi non ho niente, mi dispiace” cerchiamo di spiegare che niente da recuperare significa niente invenduto e che quindi non è necessario dispiacersi, ma anzi rallegrarsi di non sprecare.

Terminati i padiglioni torniamo al furgone e cominciamo il giro di carico di ciò che abbiamo recuperato nell’ultima ora. Il mezzo si riempie di ogni tipo di frutta e verdura, dalle più comuni e amate come melanzane patate, pesche e carote, alle più rare, come bananitos e tenerumi. Capita poi che alcuni spazi abbiano da donare anche pasta fresca, formaggi, focacce o altro, sempre ben accetti sia da noi sia da coloro che riceveranno le nostre consegne. Il più delle volte il carico del furgone avviene a mano: mi stupisco se, numeri alla mano, mi rendo conto che ogni giorno spostiamo in due almeno 1000 kg! Non posso che ringraziare
moltissimo chi lavora ogni giorno con me perché sono sicuramente loro a permettermi di sopravvivere a queste faticacce!
Una volta caricato il furgone, se le quantità di cibo recuperato lo permettono, fino all’orlo, siamo pronti per il giro delle consegne; sono ormai le dieci del mattino, imposto il navigatore, oppure mi azzardo sperando di ricordare la strada, e si va.