Alla COP30 di Belém, la posizione italiana divide il fronte ambientalista. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha scelto di non partecipare al vertice, inviando in sua vece il ministro degli Esteri Antonio Tajani, che nel suo intervento ha difeso l’accordo europeo sulle emissioni.
Una scelta che Greenpeace Italia interpreta come un segnale di disinteresse politico verso la crisi climatica e di allineamento con le posizioni delle grandi compagnie fossili, in un momento in cui la comunità scientifica richiama i governi a scelte rapide e strutturali.
Greenpeace: “Un discorso scritto dai fossili”
“La presidente Meloni ha scelto di non presentarsi, inviando Tajani a parlare in sua vece: un segnale eloquente del disinteresse del governo verso una delle più gravi crisi del nostro tempo”, ha dichiarato Chiara Campione, direttrice esecutiva di Greenpeace Italia.
Secondo l’organizzazione, Tajani avrebbe presentato un accordo europeo debole, basato su trucchi contabili che permettono ai Paesi membri di compensare parte dei tagli delle emissioni fuori dall’Unione Europea.
Un approccio che – secondo Greenpeace – non risponde all’urgenza scientifica e morale sottolineata dal segretario generale dell’ONU António Guterres, il quale ha definito il mancato rispetto del limite di 1,5°C un “fallimento morale e una negligenza mortale”.
“Difendere i fossili non è leadership”
Campione ha poi evidenziato come la retorica del governo si concentri su soluzioni ritenute inefficienti e di facciata, come il nucleare e i compromessi sull’uso dei combustibili fossili, rinviando decisioni strutturali sulla decarbonizzazione.
“Il discorso di Tajani – ha aggiunto – sembra scritto da Eni, non da un ministro della Repubblica. Difendere gli interessi fossili non è leadership: è una resa. È scegliere di stare dalla parte sbagliata della storia, contro le persone, contro il pianeta e contro il futuro”.
Una COP30 tra azione e inazione
L’intervento di Greenpeace si inserisce in un contesto globale di forte divario tra dichiarazioni e risultati concreti.
Mentre i paesi del Sud Globale chiedono fondi per la giustizia climatica e strumenti per la resilienza, molte economie avanzate – tra cui l’Italia – continuano a privilegiare strategie di attendismo climatico.
Per l’associazione, la vera sfida resta quella di trasformare gli impegni climatici in azioni concrete, con investimenti in rinnovabili, innovazione e riduzione dei consumi per garantire una transizione giusta e partecipata.











