EFSA: “Dati insufficienti su rischio microplastiche dai materiali alimentari”

Il nuovo rapporto dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare analizza gli studi sul rilascio di micro e nanoplastiche dai materiali a contatto con gli alimenti. Le evidenze disponibili risultano incomplete, soprattutto per le nanoplastiche, e spesso condizionate da metodi poco standardizzati. Per EFSA, mancano dati robusti per stimare l’esposizione reale dei consumatori, motivo per cui è necessario un forte miglioramento delle tecniche di analisi

EFSA: "dati insufficienti sul rischio delle microplastiche dai materiali alimentari"

Un nuovo rapporto dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ridimensiona le preoccupazioni diffuse recentemente sui potenziali rischi per la salute legati alle microplastiche. Il 21 ottobre, l’ente ha pubblicato una revisione sistematica della letteratura scientifica dedicata al rilascio di micro e nanoplastiche (MNP) dai materiali a contatto con gli alimenti (MOCA) durante l’utilizzo.

La revisione ha raccolto e valutato la produzione scientifica degli ultimi dieci anni: su 1.711 studi consultati, soltanto 122 sono stati ritenuti adatti a un’analisi dettagliata, con l’aggiunta di otto ulteriori articoli per ampliare il contesto. Il quadro che ne emerge è tutt’altro che completo.

Uno dei punti chiave riguarda la disparità tra i dati disponibili: la letteratura scientifica offre molte informazioni sulle microplastiche, mentre le conoscenze sulle nanoplastiche sono estremamente scarse. Questa carenza di dati rende difficoltoso qualunque tentativo di quantificare con precisione il rischio per il consumatore.

Le ricerche selezionate confermano che i materiali a contatto con gli alimenti possono effettivamente rilasciare microplastiche, soprattutto in presenza di sollecitazioni fisiche — come sfregamento o abrasione — o quando il materiale presenta una struttura più fragile, aperta o porosa.

Tuttavia, per EFSA il vero limite non è tanto la possibilità del rilascio, quanto l’affidabilità delle misurazioni pubblicate finora. La maggior parte degli studi utilizza acqua o simulanti invece di alimenti reali, riducendo la capacità di ricreare condizioni d’uso realistiche. A questo si aggiungono frequenti criticità metodologiche: protocolli non uniformi, preparazione dei campioni non rigorosa, analisi poco robuste.

Secondo il rapporto, molte delle stime più elevate potrebbero essere influenzate da contaminazioni esterne — provenienti dall’aria, dalla manipolazione o perfino dall’alimento stesso — con il rischio di sovrastimare il rilascio effettivo.

Il risultato complessivo è chiaro: nonostante il vasto numero di pubblicazioni sull’argomento, EFSA ritiene che non esistano ancora dati sufficientemente solidi per valutare in modo attendibile l’esposizione reale dei consumatori a micro e nanoplastiche derivanti dal packaging alimentare.

La revisione si conclude con un appello alla comunità scientifica: servono metodi analitici più standardizzati e affidabili, così da poter ottenere in futuro valutazioni davvero comparabili e consistenti.

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