Coordinamento FREE su FER2: “Non ci siamo, stiamo perdendo l’ennesimo treno delle rinnovabili innovative”

"Dopo 951 giorni di ritardo siamo riusciti finalmente a vedere, anche se solo in bozza, il Decreto d'incentivazione delle fonti rinnovabili innovative che era atteso per il 10 agosto 2019. - afferma il Presidente del Coordinamento FREE Livio de Santoli - E nonostante questo incredibile ritardo si riscontrano omissioni e imprecisioni in un provvedimento legislativo ritenuto fondamentale per il tanto strombazzato rilancio per le fonti rinnovabili"

ANSA / STEFANO LANCIA

«FER2: non ci siamo. Dovrebbe essere un decreto sull’innovazione. Ma d’innovazione nemmeno l’ombra. Dopo 951 giorni di ritardo siamo riusciti finalmente a vedere, anche se solo in bozza, il Decreto d’incentivazione delle fonti rinnovabili innovative che era atteso per il 10 agosto 2019. – afferma il Presidente del Coordinamento FREE Livio de Santoli – E nonostante questo incredibile ritardo si riscontrano omissioni e imprecisioni in un provvedimento legislativo ritenuto fondamentale per il tanto strombazzato rilancio per le fonti rinnovabili. Vediamo. La prima osservazione inspiegabile è quella relativa all’eolico off shore per il quale viene incentivato solo quello galleggiante e per una quota piccola rispetto alle potenzialità di questa fonte, mentre s’ignora totalmente l’off shore tradizionale nonostante sia partita la costruzione a Taranto, dopo 9 anni di attese dovute alle pastoie autorizzative, del primo impianto eolico off shore del Mar Mediterraneo. Oltre a ciò rimane al palo per la mancata indicazione del contingente di potenza ammissibile la geotermia a emissioni zero, una tecnologia della quale in Italia possediamo un know how all’avanguardia, ma che sembra vogliamo a tutti i costi ignorare».

«Significativa, per quanto riguarda i ritardi, è la voce del solare termodinamico, presente nel decreto,  tecnologia italiana, per la quale abbiamo brevetti nostrani per la realizzazione di ottimi tubi captatori e c’era il mondo delle imprese che aveva già investito in stabilimenti produttivi, trovando un terreno fecondo di joint venture con i giapponesi ed è stato letteralmente affossato dal ritardo del FER2 e dalle difficoltà autorizzative che hanno impedito la realizzazione di un paio d’impianti commerciali in territorio nazionale, indispensabili per partecipare a gare all’estero dell’importo di svariate decine di miliardi di euro. – prosegue De Santoli – In pratica la doppia tenaglia amministrativa/legislativa ha affossato una tecnologia rinnovabile per la quale avevamo, solo pochi anni fa, tutte le carte in regola per assumere una leadership a livello mondiale».

«Circa il biogas il livello tariffario previsto è incompatibile con la sostenibilità economica degli impianti aziendali di piccola taglia, rendendoli inattuabili anche per una serie di ulteriori decurtazioni del tutto ingiustificate riguardante i costi di esercizio. Il contingente proposto inoltre, di soli 100 MW per tutto il periodo di 5 anni di vigenza, oltretutto da condividere con gli impianti a biomasse è insufficiente rispetto agli obiettivi europei, significherebbe continuare con la stagnazione del settore. – continua De Santoli – Il tetto dei 300 kW coniugato con l’obbligo di essere a grande distanza dalla rete gas rende impraticabile la misura. Oltre a ciò, per non disperdere il patrimonio produttivo e le infrastrutture esistenti, è doveroso che il decreto garantisca le attività per gli impianti a biogas agricolo che altrimenti, terminato il periodo di incentivazione, non potranno riconvertirsi a biometano per la insostenibilità dei costi di allaccio. Biogas e biomasse solide sono caratterizzate da applicazioni tecnologiche e configurazione d’impianto molto diverse. Per tale ragione non è tecnicamente corretto equipararle in termini di potenze elettriche. E anche per gli impianti a biomassa solida è opportuno indicare una potenza limite di almeno 1000 kWe per sfruttare appieno lo stato della tecnica e i costi €/kWe. Il documento disattende quanto indicato nella Strategia per l’asta delle rinnovabili predisposta dal MiTE, che al 2030 prevede un incremento pari a 1,5 GW nelle bioenergie (comprendendo sia biogas sia biomasse solide), del tutto irraggiungibile con i dati della bozza, che deve essere anche per l’orizzonte al 2026 più coraggiosa».

«Si tratta di una bozza, ripetiamo, dove la voce innovazione è assente. Oltre alla difficoltà di raggiungere gli obiettivi, questo decreto dovrebbe essere fondamentale per la competitività delle nostre aziende, soprattutto in relazione con gli altri paesi nostri competitor sulle tecnologie rinnovabili. – conclude De Santoli – Chiediamo al Ministro Cingolani di consultare le associazioni delle rinnovabili, che sono rappresentate dal Coordinamento FREE, e che sono disponibili ad un confronto costruttivo, per affrontare in modo coerente le emergenze del caro bollette e del clima».