Giornata mondiale del Suolo, Legambiente chiede una legge

Il 5 dicembre è la Giornata mondiale del Suolo e Legambiente commenta i dati del nuovo rapporto del Sistema nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente e dell'Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale: 84 km² di consumo di suolo nel 2024, con un incremento del 16% rispetto al 2023. Legambiente: “Il quadro è negativo e invariato. Non possiamo più permetterci di sprecare spazi, suoli e rendite urbane. Serve una legge nazionale per fermare il consumo di suolo e per il governo del territorio"

Legambiente

La risposta al consumo di suolo deve essere in primo luogo normativa: è questo il commento di Legambiente in occasione della Giornata mondiale del Suolo del 5 dicembre. “Non possiamo più permetterci di sprecare spazi, suoli e rendite urbane. Serve una legge nazionale per fermare il consumo di suolo e per il governo del territorio, che permetta anche di mobilitare risorse per l’adattamento climatico e il ripristino di aree urbane verdi e permeabili”. Secondo l’associazione ambientalista, il quadro del consumo di suolo in Italia è negativo e sostanzialmente invariato. I dati emergono dall’ultimo Rapporto del Sistema nazionale a rete per la Protezione dell’Ambiente (Snpa) e dell’Istituto superiore per la Protezione e la Ricerca ambientale (Ispra): nel 2024 sono stati coperti da nuove superfici artificiali quasi 84 km2, un incremento del 16% rispetto all’anno precedente, con oltre 78 km2 di consumo netto, il valore più alto dell’ultimo decennio.

“Il governo del territorio in Italia – commenta Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – è ormai totalmente sguarnito di strumenti efficaci per evitare la crescita di disordine e degrado territoriale: la normativa urbanistica italiana è stata scritta ben 82 anni fa, in un Paese in guerra e in cui gran parte della popolazione viveva nelle campagne. Da allora si è proceduto per aggiustamenti, rattoppi e deleghe alle Regioni. Serve una legge per fermare il consumo di suolo e riordinare l’intera materia, che imposti principi e meccanismi di funzionamento generale e che metta al primo posto l’efficienza delle trasformazioni, per prevenire il rischio idrogeologico e la perdita di quei preziosi servizi ecosistemici che solo un suolo sano è in grado di erogare”.

Urbanizzazione vs crescita demografica

Legambiente sottolinea che l’immagine più inquietante è che il consumo di suolo non va di pari passo con la crescita della popolazione: anzi, negli ultimi dieci anni l’Italia ha perso il 2,4% della popolazione, pari a quasi 1,8 milioni di abitanti. Il rapporto tra suolo cementificato e variazione demografica genera un dato monstre: in otto anni è come se avessimo consumato 300 mq di suolo per ogni abitante in meno. Quello che stiamo facendo è sviluppare un’urbanizzazione drammaticamente inefficiente in termini di uso del suolo. Si tratta di sacrificare una risorsa scarsa e di grande valore ecologico, oltre che produttivo, per aumentare superfici sottoutilizzate o del tutto dismesse: qualcosa che non ci possiamo assolutamente permettere.

Il lieve calo nei dati del 2023 appare come un assestamento dopo il picco del 2022 dovuto alla ripresa dei cantieri seguita agli anni di pandemia. Per il resto, il trend resta sostanzialmente immutato: la crescita del consumo di suolo appare una costante strutturale per il nostro Paese, che ogni anno cementifica circa 70 chilometri quadrati di territorio, trasformando campi e boschi in piazzali, strade e capannoni. È come se ogni anno in Italia spuntasse una nuova città grande come Napoli. Da quando Ispra ha iniziato a compilare il rapporto annuale sul consumo di suolo, 8 anni fa, la crescita di superfici urbanizzate è stata di quasi 500 chilometri quadrati, cioè più di tutte le superfici urbanizzate presenti in una regione delle dimensioni dell’Umbria, contando case, fabbriche, centri commerciali, strade e piazzali.

La distribuzione del consumo di suolo nel territorio italiano

“Gran parte del consumo di suolo – dice Damiano Di Simine, responsabile Suolo di Legambiente – si concentra nelle maggiori città, che sono sotto le lenti di grandi gruppi immobiliari. L’Italia con la bellezza dei propri centri storici è un potenziale attrattore di importanti investimenti immobiliari, che però devono potersi sviluppare all’interno di progetti urbani ben presidiati dall’istituzione pubblica, per evitare il ripetersi di gravi anomalie, come quella a cui si tenta di rispondere con il discutibile provvedimento ‘SalvaMilano’. Alle città servono grandi risorse economiche per le sfide dell’adattamento al riscaldamento climatico e per quelle della coesione sociale e abitativa. Non si può accettare che le città italiane, Milano in testa, collochino diritti immobiliari su mercati speculativi low cost: anche per questo servono nuove e attuali regole”.

Il Nord Italia, che da solo ‘cuba’ quasi metà del consumo di suolo nazionale, subisce gli effetti di una crescita disordinata di nuove funzioni terziarie e industriali, in primo luogo di grandi poli logistici e data center che quasi mai si ricollocano sulle enormi superfici industriali e commerciali dismesse, ma occupano nuovi suoli sottraendoli all’agricoltura. Non meno allarmanti sono i fenomeni di nuove urbanizzazioni nelle periferie delle città del Sud, dove – soprattutto tra Puglia, Sicilia e Basilicata – i centri storici vengono sempre più lasciati all’abbandono.

Secondo Legambiente, la disaggregazione regionale dei dati prodotti da Ispra genera altre evidenze sconcertanti: quest’anno le Regioni che hanno consumato più suolo sono state Emilia-Romagna e Lombardia. Si tratta di due tra le prime regioni a dotarsi di leggi contro il consumo di suolo, un decennio fa. Occorre fare i conti non solo con la mancanza di una legge nazionale contro il consumo di suolo, ma anche con l’inefficacia delle norme di cui si sono dotate le regioni per tentare di supplire all’inazione delle compagini parlamentari che si sono succedute con alterne maggioranze alla guida del Paese.

Anche per quanto riguarda le città il rapporto Snpa-Ispra dà conferme e nuove allarmanti evidenze. Una conferma è il primato di Roma come capitale del consumo di suolo: anche se in calo rispetto ad annate recenti e considerando la maggiore popolazione, Roma continua ad espandere il proprio territorio urbanizzato ad una velocità più che tripla rispetto alla media delle altre grandi città italiane. A seguire, per consumo di suolo, c’è Milano, mentre Napoli e Torino sembrano fare maggiormente i conti con una dinamica demografica recessiva.

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