La rivoluzione green delle criptovalute

Il primo cambiamento in tal senso è forse stato un po’ obbligato: la Cina, paese in cui erano presenti tantissime aziende che svolgevano attività di crypto mining, ha bandito le valute digitali, costringendo le aziende a muoversi in altri paesi come USA e Canada. Proprio in questi paesi, a differenza della Cina, l’energia elettrica viene prodotta anche attraverso fonti rinnovabili, il che permette a queste aziende di operare in modo più ecosostenibile

Sono pochi ormai quelli che non hanno la minima idea di cosa sia una criptovaluta, ma quando la prima moneta virtuale ha visto la luce era un concetto innovativo che non così tante persone riuscirono a comprendere. Certo, i primissimi a comprare le monete digitali sono stati dei veri pionieri: spendere del denaro in qualcosa di assolutamente immateriale e così innovativo è stata senza ombra di dubbio una scelta coraggiosa. Da allora di strada se ne è fatta e visto il sempre crescente intreccio tra reale e virtuale (basti pensare al metaverso), le criptovalute sembrano essere destinate a sostituire il denaro per come lo conosciamo noi oggi.

L’impatto ambientale delle criptovalute

Dalla loro nascita grazie al Bitcoin, le criptovalute hanno creato un vero e proprio fenomeno che negli anni è sempre più cresciuto e non solo in termini di investitori; sono infatti diverse le monete nate a seguito del successo del Bitcoin come, ad esempio, Ripple o Ethereum. La Ripple, fra queste, rappresenta sia una criptovaluta che un vero e proprio protocollo di pagamento e ha attraverso le sue azioni chiamate XRPEUR, definito ancora di più il mercato intraday di cui sfrutta l’elevata volatilità e a zero commissioni. 

Quando si pensa alle criptovalute c’è però un problema al quale pochi pensano e che è stato portato all’attenzione mondiale da Elon Musk: l’inquinamento che producono. La domanda che molti si pongono è come una moneta, assolutamente virtuale, possa creare inquinamento? La risposta sta soprattutto nel mining, attività svolta ormai dagli addetti ai lavori per accumulare criptovalute. Questo processo si affida alla velocità di calcolo dei computer e per poterla svolgere in modo remunerativo, è necessario avere non solo computer potenti, ma anche una certa quantità di dispositivi. Il problema sta proprio nella quantità di energia elettrica necessaria ai computer che, nella maggior parte dei casi, è prodotta tramite il petrolio.
Un dato che può farci riflettere riguarda proprio la criptovaluta per eccellenza, il Bitcoin le cui attività di crypto mining emettono gas ad effetto serra quanto l’intero gruppo petrolifero Chevron nel 2020.

La svolta green è sempre più vicina

Il tema ambientale è sempre più sentito e più aziende si stanno muovendo per abbattere i consumi e utilizzare energia che provenga da fonti rinnovabili. Stessa cosa succede con le criptovalute. Il primo cambiamento in tal senso è forse stato un po’ obbligato: la Cina, paese in cui erano presenti tantissime aziende che svolgevano attività di crypto mining, ha bandito le valute digitali, costringendo le aziende a muoversi in altri paesi come USA e Canada. Proprio in questi paesi, a differenza della Cina, l’energia elettrica viene prodotta anche attraverso fonti rinnovabili, il che permette a queste aziende di operare in modo più ecosostenibile. 

Inoltre vi è un vero e proprio cambiamento nei processi che riguardano il mining e il trasferimento di valute, che richiedono una quantità di energia inferiore rispetto ai classici processi. Insomma, ad oggi finalmente, si può parlare di criptovalute green a basso consumo energetico.

Le criptovalute, ancora una volta, sembrano disegnare una nuova strada per il mondo dell’economia puntando anche all’ecosostenibilità.