Energia, lettera di testimonianza da Kiev a un anno dall’inizio del conflitto

"Quando ti viene a mancare di colpo l'energia elettrica, come è successo dopo il primo attacco missilistico russo sull’infrastruttura energetica ucraina, te ne accorgi subito. L'unico modo per sopperire a questa mancanza è fare affidamento sull'unica fonte di energia sempre disponibile ovunque, il sole. Il problema è che questi accumulatori hanno un costo decisamente elevato per gli ucraini, specie per coloro che hanno perso il lavoro o la propria casa a seguito della guerra o hanno diversi figli a carico", da Andrii Omelianiuk, vicepresidente del Fondo umanitario "Korda"

Lettera testimonianza Kiev

Di seguito la lettera testimonianza da Kiev di Andrii Omelianiuk:

Nei momenti bui degli ultimi mesi, quando la sera guardavo dalla finestra del mio appartamento e vedevo le sagome nere dei palazzoni attorno che si distinguevano dallo sfondo del cielo soltanto per la presenza di qualche piccola luce di torcia o di candela, mi veniva spesso da pensare che l’energia elettrica assomiglia molto all’aria. In effetti, ci siamo talmente abituati ad averla sempre a disposizione che non ce ne accorgiamo nemmeno se non al momento di pagare la bolletta. Ma quando viene a mancare – di colpo, come è successo dopo il primo attacco missilistico russo sull’infrastruttura energetica ucraina il 10 ottobre e dopo tutti quelli successivi – te ne accorgi subito. Perché ti sconvolge tutto. A cominciare dal mattino quando al risveglio nei palazzi dotati di forni elettrici come il mio non puoi né cucinare né scaldare qualcosa di pronto e per mangiare una cosa non gelida la metti alla luce del sole (ammesso che ci sia) oppure ti comperi un fornello provvisorio a pastiglie o a bombole di gas, rassegnandoti alla puzza nel primo caso e al rischio di incendio nel secondo. E poi, avanti di questo passo: l’ascensore che non funziona (una tragedia per gli anziani o per chi abita ai piani elevati), la scala non illuminata, la serratura del portone che non funziona. I trasporti elettrici tutti fermi, per cui spostarsi in città diventa una vera avventura. In ufficio, niente lavoro con computer spenti e attrezzature ferme (dove lavoro io, aggiungiamoci anche il freddo perché il riscaldamento è elettrico), per cui la busta paga a fine mese ne risente. Se vuoi fare la spesa devi aspettare le poche ore di luce perché i negozi sono chiusi. Se non hai soldi in contanti, sei fregato, perché i bancomat sono spenti, come anche i terminal alle casse. Non c’è il Wi-Fi e spesso neanche la connessione mobile. Non puoi usare la lavatrice né il ferro da stiro. Il frigo diventa un semplice armadio e il cibo va messo fuori dalla finestra o sul balcone. Ti senti impotente. Il momento più brutto arriva la sera, quando nel buio completo e nel silenzio assoluto ti attacchi alla radio come unico filo virtuale che ti lega alla civilizzazione e che ti avvisa degli altri eventuali allarmi per gli attacchi dei missili russi sulle centrali elettriche e sulle linee di trasmissione dell’energia. Ma anche la radio, quando finisce la batteria, si ferma. Ti resta soltanto guardare dalla finestra delle sagome nere dei palazzi contro il cielo appena illuminato dalla luna. Pensi alla somiglianza dell’energia all’aria e a come fanno a non diventare matti coloro che devono sfamare e far studiare online i propri figli, che vuole far vedere loro qualche cartone o semplicemente tenere qualche luce accesa in casa perché i bambini hanno paura del buio.

Tutto ciò, ha riguardato le prime settimane dell’“iniziativa missilistica” russa, mirata a far restare gli ucraini al buio e al freddo, per piegare la nostra volontà di resistere. Ebbene, hanno mancato il bersaglio anche stavolta, perché non ci siamo dati alla depressione, bensì all’inventiva. Così, mentre gli ingegneri facevano miracoli per risistemare il sistema di produzione e distribuzione dell’energia elettrica, lo Stato ha provveduto ad organizzare dei “Punti di infrangibilità” ad accesso libero dotati di generatori, di radiatori elettrici per scaldarsi, di bollitori per fare del thé, di Wi-Fi e dei punti di ricaricare per i propri telefoni. I negozi si sono dotati di generatori a benzina o diesel, rumorosi e puzzolenti, ma sufficienti per tenere in funzione i frigoriferi e le casse. E la popolazione ha cominciato ad arrangiarsi dotandosi di qualsiasi mezzo per accumulare l’energia. Il brutto è che le possibilità non sono infinite: le batterie a caricamento costano e, se un powerbank da 10 o 20 Wh ti basta per ricaricare il cellulare o il tablet, non è per niente sufficiente per illuminare la casa o per far funzionare un router Wi-Fi o un computer portatile. Soprattutto, se l’energia della rete manca per un periodo prolungato (o è assente del tutto come nelle zone liberate dai russi o vicine al fronte), ci vuole un accumulatore più capiente e, possibilmente, dotato di più uscite e della possibilità di essere ricaricato dall’unica fonte alternativa disponibile ovunque, ovvero il sole. Il problema è che questi accumulatori hanno un costo decisamente elevato per gli ucraini, specie per coloro che hanno perso il lavoro o la propria casa a seguito della guerra o hanno diversi figli a carico. Proprio per questo, quando mi è arrivata la proposta di distribuire alcuni Powerbox dotati di pannelli fotovoltaici di un’azienda italiana quale aiuto umanitario gentilmente concesso dagli amici italiani, ho subito accettato, pensando in primis alle famiglie disagiate con dei figli in età scolastica.

Non è stato facile: bisognava tradurre le istruzioni dall’inglese in ucraino, capire io stesso come funzionava il dispositivo per poterlo spiegare agli altri, selezionare le famiglie giuste per rendicontare ai donatori dell’aiuto concesso. Così, ho verificato che nelle condizioni invernali (periodo di luce diurna breve e cielo principalmente coperto) la resa del pannello solare da 30W non era sufficiente per ricaricare completamente la batteria, anche perché l’ho dovuto tenere dentro casa adoperando come supporto un leggio, evitando così di bucare il telaio della finestra per farci passare il cavo e di aprire la finestra stessa per pulire il pannello dalla neve. In seguito, ho comperato un adattatore di rete da 18V/1A per ogni dispositivo come suggerito dal produttore e con questi le cose sono andate molto meglio. In compenso, la capacità della batteria era più che sufficiente per far funzionare 3 lampade a LED in dotazione per quelle 4-5 ore serali in cui ce n’era bisogno e ricaricare alcuni gadget al giorno attraverso le 2 uscite USB da 1A. A questo ritmo di impiego, il Powerbox ha funzionato per una settimana senza essere ricaricato! Poi, passato il periodo delle nevicate e nuvole, anche il pannello solare ha dimostrato la sua efficienza, riportando in 3 mezze giornate di sole la carica al 100%.

Insomma, in base alla mia esperienza e a quella delle famiglie in cui sono finiti i Powerbox (i figli hanno potuto finalmente assistere alle lezioni online e fare i compiti di casa senza accecare gli occhi con lume di candela o delle ghirlande da albero di Natale a pile che adoperavano prima), si può sostenere che i dispositivi di questo genere sono sicuramente utili, soprattutto nelle regioni meridionali e orientali, maggiormente coinvolte dalle azioni belliche e dai bombardamenti russi, dove c’è più sole e meno disponibilità dell’energia elettrica. Proprio per questo, in qualità di rappresentante del Fondo umanitario “Korda” ho firmato l’appello lanciato da “Eco dalle Città” ed altri Enti alle autorità europee di aiutare all’Ucraina anche con questi prodotti particolari, capaci di portare la luce e la speranza nelle case del nostro Paese.

Andrii Omelianiuk, da Kiev, per Eco dalle Città