Mense, equivoco sulla parola ‘monoporzione’. Meno rischi di ‘plastificazione’

Turnazioni e distanziamento durante il servizio di refezione scolastica per prevenire il contagio dal Covid e scongiurare l’impatto ambientale dei 'lunch box'

di Tiziana Giacalone e Giuseppe Iasparra

Il “lunch box” a scuola non è un obbligo ma una soluzione residuale da applicare solo se non è possibile rispettare i criteri di prevenzione già stabiliti dal Comitato Tecnico Scientifico a fine maggio. Lo ribadisce nello stralcio del verbale del 12 agosto il CTS che è tornato a riunirsi il 10 agosto per rispondere ad alcuni quesiti, fornendo indicazioni più dettagliate ai dirigenti scolastici in modo da consentire un rientro a scuola in sicurezza nel rispetto delle regole anti-Covid evitando anche l’impatto ambientale delle “mono-porzioni” obbligatorie (per il Ministero).

Il Cts nella riunione del 10 agosto, dopo aver risposto ai quesiti del Ministero dell’Istruzione sull’uso della mascherina e sulla temperatura corporea per accedere a scuola, passa alle istanze presentate in questi giorni da numerose organizzazioni sindacali e associazioni allarmati dalle ripercussioni che in termini ambientali e nutrizionali avrebbe potuto avere l’obbligo del “lunch box” da consumare in classe durante la pausa dedicata al pasto. La soluzione, presentata dal Ministero come obbligatoria, avrebbe privilegiato il monouso impattando notevolmente  sull’ambiente con l’aumento di rifiuti in plastica e cibo scartato perché somministrato in porzioni standard. Le istanze sono infatti nate a seguito dell’interpretazione ministeriale sulle “mono-porzioni” nel Protocollo di Sicurezza diffuso il 6 agosto in cui si legge che “l’utilizzo dei locali adibiti a mensa scolastica è consentito nel rispetto delle regole del distanziamento fisico, eventualmente prevedendo, ove necessario, anche l’erogazione dei pasti per fasce orarie differenziate. La somministrazione del pasto deve prevedere la distribuzione in mono-porzioni in vaschette separate unitariamente a posate, bicchiere e tovagliolo monouso possibilmente compostabile”. Ma per il CTS le cose stanno diversamente. La proposta di utilizzare le “mono-porzioni” per la consumazione del pasto durante la refezione è infatti una extrema ratio, non obbligatoria, che interviene solo se non si possono garantire le misure di prevenzione previste.

Gli esperti con il verbale del 12 agosto, già trasmesso dal Ministero dell’Istruzione agli Istituti scolastici, confermano quanto già approvato nel documento del 28 maggio e ribadiscono “la necessità di “un’adeguata organizzazione degli spazi (refettorio) e dei tempi (eventuali turnazioni) al fine di garantire il dovuto distanziamento e l’igiene degli ambienti dedicati”. Nella riunione di metà agosto hanno dunque precisato nuovamente che non c’è nessun obbligo di somministrare i pasti a scuola utilizzando il “lunch box” se è garantito il distanziamento degli alunni. “Il lunch box – si legge nel documento – rappresenta, infatti, una soluzione organizzativa residuale del pasto qualora il numero degli alunni e la capienza dei refettori non consentono di garantire l’interezza delle procedure di consumo del pasto e di igienizzazione dell’ambiente entro un lasso temporale compatibile con la didattica e le esigenze nutrizionali degli alunni”. Il Cts chiarisce anche il concetto di “mono-porzione” così come richiamato nel protocollo d’intesa sottoscritto dal Ministero e dalle organizzazioni sindacali; termine che per gli esperti è stato utilizzato per rispondere “all’esigenza di garantire a ciascun alunno una porzionatura individuale del pasto”.

Stralcio verbale CTS del 12 agosto 2020. Quesito sulla refezione scolastica.

“Si precisa che l’indicazione del comitato tecnico scientifico relativa alla fornitura del pasto in lunch box per il consumo in classe rappresenta una misura proposta da attuarsi qualora le modalità di fruizione tradizionale (in refettorio) non permettano di rispettare i criteri di prevenzione citati; tale proposta rappresenta infatti una soluzione organizzativa residuale di fruizione del pasto qualora il numero di alunni e la capienza dei refettori non consentano di garantire l’integrità delle procedure di consumo del pasto e di igienizzazione dell’ambiente entro un lasso temporale  compatibile con la didattica e le esigenze nutrizionali degli alunni. Relativamente al concetto di mono-porzione richiamato all’articolo 4 del “Protocollo d’intesa per garantire l’avvio dell’anno scolastico nel rispetto delle regole di sicurezza per il contenimento della diffusione di Covid-19” sottoscritto dal Ministero dell’Istruzione e dalle organizzazioni sindacali, si ritiene possa essere riferito all’esigenza di garantire a ciascun alunno una porzionatura individuale del pasto. Per ogni eventuale ulteriore chiarimento si rimanda agli estensori del citato Protocollo. Infine pur ritenendo complessivamente congrue le caratteristiche di organizzazione del servizio sinteticamente riepilogate nel testo del quesito, il CTS invita, comunque, alla prosecuzione del confronto con gli Enti responsabili dell’erogazione del servizio di ristorazione scolastica nel rispetto delle indicazioni fornite nei documenti del comitato tecnico scientifico che “non potranno che essere di carattere generale per garantire la coerenza con le misure essenziali al contenimento dell’epidemia rappresentando primariamente un elenco di criteri guida da contestualizzare‘” nelle diverse realtà locali”.

Foto di Hans Braxmeier da Pixabay