“Mezzogiorno di fuoco. Come sottrarre l’ambiente alle mafie”. Il Festival per la legalità compie 10 anni

A Terlizzi prende il via la 10a edizione del ‘Festival per la legalità’. Abbiamo intervistato Pasquale Vitagliano presidente dell’associazione É fatto giorno APS per capire qualcosa in più in vista dell’apertura del festival

La legalità è diventata un ostacolo? Resistenza o resilienza nel post-pandemia” questo è il titolo scelto per la decima edizione che si terrà nei giorni 9 e 10 Settembre e 8 Ottobre 2021. Tre appuntamenti con ospiti delle Istituzioni, dell’attivismo sociale e della cultura che arrivano a Terlizzi per testimoniare storie ed esperienze attorno al tema della legalità e delle emergenze civili. (A questo link il programma completo).

Il ‘Festival per la legalità’ compie dieci anni e lo fa con un programma ricco di temi, spunti e ospiti. In questo decennio di attività e promozione della legalità l’associazione É fatto giorno APS (organizzatrice del festival) è stata insignita della Medaglia del Presidente della Repubblica per ben tre volte (nel 2014 da Giorgio Napolitano e nel 2016 e 2018 da Sergio Mattarella), tre importanti attestati di stima e di apprezzamento per il lavoro che l’associazione terlizzese svolge in favore della Legalità.

Ad attirare la nostra attenzione sul programma di quest’anno è Il secondo appuntamento della kermesse, quello di venerdì 10 settembre 2021 dedicato all’ambiente, in particolare a quello del Mezzogiorno, sempre vittima delle ecomafie. ”La pandemia ha dato una grande mano ai roghi tossici nella Terra dei fuochi, dove i clan bruciano o interrano scarti delle aziende che producono in nero in tutto il Paese. L’esperienza del territorio Campano può solo che essere “capofila” di tante altre zone del Paese colpite da roghi che sprigionano nell’aria sostanze nocive per la salute degli esseri viventi che abitano nelle vicinanze”.

Ospiti dell’incontro saranno Don Maurizio Patriciello (Parroco della Terra dei Fuochi), Mons. Giovanni Ricchiuti (Presidente Pax Christi), Pino Ciociola (Giornalista di Avvenire),Sabino Zinni (Notaio e già consigliere regionale) moderato dai giornalisti Giovanni di Benedetto (TG Norba) e Cinzia Urbano.

Per capire qualcosa in più in vista dell’imminente apertura del festival abbiamo intervistato Pasquale Vitagliano presidente dell’associazione “É fatto giorno APS”.

La legalità è diventata un ostacolo?

Chiaramente il titolo scelto quest’anno è provocatorio, deriva da un clima e da una sensazione che fa emergere come dopo la pandemia nella necessità di ripartire, sia sul piano umano delle relazioni che soprattutto sul piano economico, il rispetto delle regole e delle procedure sia quasi una sorta di camicia di forza. Un ulteriore impedimento per bloccare una società che invece dovrebbe essere lasciata andare al galoppo. Questa è la provocazione iniziale.

Ovviamente la risposta è no. Il rispetto delle regole, e lo ha confermato sempre la pandemia, sono uno strumento per salvarsi tutti e non lasciare nessuno indietro.

È lo stesso dilemma sotteso all’attuale dibattito sul green pass, che formalisticamente è un vincolo, quasi una restrizione della libertà ma è invece un legame di solidarietà, un atto di responsabilità.

In questi 10 anni di festival per la prima volta una intera serata è dedicata alla questione del rapporto tra rifiuti e mafia…

Negli anni abbiamo dedicato forse più spazio all’antimafia sociale e alla lotta contro la criminalità organizzata ma il tema dei rifiuti è stato frequentato più volte dal festival e quest’anno una intera serata sarà dedicata al rapporto tra mafie e rifiuti grazie anche alla disponibilità di Don Maurizio Praticello impegnato in prima linea nella Terra dei Fuochi. Senza ovviamente dimenticare che le ecomafie sono la nuova frontiera della criminalità organizzata.

Non solo smaltimento dei rifiuti ma c’è anche un forte interesse nelle energie rinnovabili che da strumento importante di ecologia possono diventare uno schermo, un cavallo di Troia per la criminalità come le ultime vicende di cronaca legate all’eolico proprio qui in Puglia. Le mafie seguono gli interessi economici e quindi anche una battaglia positiva come quella ecologista può essere la scusa per fare affari.

Legalità e rifiuti sono termini che, se si guarda alla cronaca, non vanno proprio d’accordo. Portare l’esempio della Terra dei Fuochi in un territorio come quello della Terra di Bari afflitto dalle stesse problematiche ha solo un valore simbolico o questo è uno strumento per cominciare ad affrontare con più forza il tema anche in Puglia?

La Terra dei Fuochi è una contingenza positiva nel senso che il festival, e non a caso “per la legalità” e non “della legalità”, propone un cammino di legalità con esempi positivi. Un esempio è il nostro premio ‘Eroi borghesi’ che verrà consegnato proprio a Don Praticello. O con esempi negativi presi come parametri di riferimento.

La situazione della Puglia, probabilmente ma non sono un esperto di questo settore, non è la stessa della Terra dei Fuochi dove il rapporto tra Camorra, discariche e raccolta dei rifiuti è molto stretto. Sicuramente in Puglia la criminalità, anche non organizzata, in questo settore ha trovato uno spazio di azione economica. È un settore di grande attenzione non solo dal punto di vista giudiziario ma anche dal punto di vista dell’ecologia politica. Si vincono campagne elettorali anche attraverso la gestione dei rifiuti perché, anche grazie all’introduzione del porta a porta e quindi del relativo aumento della domanda di manodopera seppur precaria e interinale, è un settore dove si può fare clientela. È un settore da attenzionare sotto l’aspetto della legalità. Ovviamente questo è solo un aspetto di una tematica più vasta. Non voglio assolutamente dire che la differenziata va tolta perché contribuisce alle infiltrazioni della criminalità, non oserei mai portare avanti un pensiero del genere, però dobbiamo raccontare le vicende e le storie come sono, con tutte le loro contraddizioni. L’ambientale è un settore che fa gola, ha fatto gola e farà gola alla criminalità.

Altro esempio, ed è una questione da sottoporre ai sindaci di qualsiasi orientamento politico, è il bilancio sui ricavi relativi alla raccolta differenziata. C’è bisogno di trasparenza perché solo così possiamo dare una risposta ai cittadini che si vedono aumentare la tassa rifiuti nonostante nei loro comuni ci sia il porta a porta e alte percentuali di raccolta differenziata.

Che ospiti ci saranno quest’anno?

Il 9 settembre ci saranno dei sindaci che, fino a prova contraria, noi consideriamo dei buoni esempi di amministrazione. Per “buoni esempi” non intendiamo eroi o crociati senza macchia e senza paura. Abbiamo voluto dedicare ai sindaci una serata per completare la provocazione iniziale. Da fastidio la legalità?

I sindaci oggi, con tutte le contraddizioni del ruolo e degli essere umani, sono stretti tra due tensioni. La prima è quella di dover far rispettare le regole e in alcuni casi combattere perché le regole siano anche accettate dalla comunità. Faccio l’esempio di Bitonto dove ci sono seri problemi di criminalità organizzata o Taranto con tutti i suoi conflitti incrociati tra ambiente, lavoro e salute. L’altra tensione, causata dalla crisi generale della politica, deriva dall’azione giudiziaria. Se un sindaco deve subire un procedimento giudiziario, che non significa condanna, per ogni atto amministrativo non svolge il suo lavoro con serenità. E su questo tema si è spesa molto l’Anci.

Così diventa difficile avvicinare nuove forze positive alla politica. Le “persone per bene”, l’espressione non mi piace ma è per fare sintesi, non trovano conveniente candidarsi perché la politica è compromessa e squalificata, si rischia tantissimo perché si è tra questi due fuochi.

Non a caso concludiamo la prima giornata del festival con l’esperienza del poeta Rocco Scotellaro, consegnando una targa a sua nipote Lina. Sindaco trentenne di Tricarico subì due denunce per peculato, si fece 45 giorni di carcere (perché all’epoca l’arresto era obbligatorio) e successivamente fu assolto. Il tutto per squalificare la sua figura di giovane sindaco di sinistra.

Venerdì 10 settembre la serata è dedicata alla Terra dei Fuochi con Don Praticello, con una piccola parentesi su un tema diverso presentato un progetto di integrazione carceraria della fondazione Casillo dal nome “Padri in pena”. Mentre l’8 ottobre ci sarà la presentazione del libro ‘Faccia da Mostro’ di Lirio Abbate.

L’ambiente e i temi ambientali torneranno al centro delle future edizioni del festival, o vista la vastità dell’argomento c’è bisogno bisogno di un festival ad hoc per la legalità ambientale?

Secondo me un festival monotematico, in particolare sulla legalità ambientale, non propone una lettura completa o giusta a chi vuole occuparsi di questi temi. Anche una eccessiva focalizzazione sulla storia della lotta alla mafia non assicura completezza al festival perché il tema della legalità è un tema integrale e organico che si offre a tanti punti di vista. Se la domanda è “sbagliate a non focalizzare il festival sull’ambiente” è una obiezione che non condivido. Se invece l’obiezione è “occuparsene di più” allora la risposta è “sicuramente”.

Per alcuni parlare di ecomafie significa diluire la parola mafie, sei d’accordo?

No, secondo me né diluisce e né fa spaventare. Semplicemente individua un settore particolare. Chiariamoci, sotto alcuni aspetti la mafia si comporta come qualsiasi imprenditore, vuole fare soldi e utilizza la scorciatoia dell’illegalità perché non ha altri mezzi. Come ha fatto il salto di qualità con la droga, ha capito che può fare i soldi con l’ambiente e quindi si è riposizionata. Non si può neanche dire che è un settore insidioso, dove è maggiore l’intreccio con i colletti bianchi o un terreno più vischioso e incerto. Secondo me non non è nulla di tutto ciò, perché se semplicemente prendiamo il settore degli appalti le dinamiche sono le stesse. Altri esempi sono il sacco di Roma e quello di Palermo, tanto è vero che i mediatori della mafia a Palermo erano costruttori e politici. Ora non si fanno più appalti perché il settore è in crisi e quindi la mafia si sposta su altri settori. Oggi c’è l’ambiente.

Vuoi fare un appello?

L’appello è quello di lasciare un testimone. Il festival non è un giocattolo per sentirsi importanti. Organizzare il festival non significa che noi siamo legali e ci proponiamo come modello di legalità. Il festival è uno strumento di educazione. L’auspicio è che tra 10 anni questo momento di riflessione che è il festival possa essere migliorato e ampliato dalle nuove generazioni. Una generazione che occupi il festival e che lo faccia proprio, lo stravolga ma sempre continuando a fare cittadinanza attiva