A oltre un anno dall’entrata in vigore della Nature Restoration Law, il percorso di attuazione nei Paesi dell’Unione europea procede a velocità diverse. È quanto emerge dal report di valutazione di medio termine pubblicato nel dicembre 2025 dal coordinamento europeo RestoreNature, al quale hanno contribuito per l’Italia Lipu, Pro Natura e Wwf Italia. Il documento analizza lo stato di avanzamento dei Piani nazionali di ripristino in 23 Stati membri, fotografando un quadro complessivamente ancora insufficiente rispetto agli obiettivi vincolanti previsti dal regolamento.
La Nature Restoration Law è considerata uno strumento chiave per contrastare la degradazione degli ecosistemi e la perdita di biodiversità, attraverso interventi strutturali di ripristino ambientale. I Piani nazionali rappresentano il passaggio operativo fondamentale per tradurre a livello statale gli obblighi della normativa europea, rendendone effettiva l’applicazione.
Il report ha valutato i progressi dei Paesi sulla base di quattro requisiti ritenuti essenziali per la credibilità dei Piani: base scientifica, intesa come utilizzo delle migliori conoscenze disponibili; ambizione, riferita a visione e portata degli interventi; inclusività, legata a partecipazione e trasparenza; empowerment, ovvero sostegno politico, coordinamento istituzionale e risorse dedicate. L’analisi comparata mostra come alcuni Stati abbiano già avviato processi strutturati e coerenti, mentre altri risultino ancora in fase preliminare.
In questo contesto, l’Italia viene indicata tra i Paesi in maggiore difficoltà. Alla data di riferimento dell’analisi, ottobre 2025, il nostro Paese risultava ancora impegnato nella definizione della governance del Piano, senza una struttura pienamente operativa. Le associazioni segnalano che, nei mesi successivi, sono emersi alcuni segnali di avanzamento, tra cui l’apertura di una pagina dedicata alla Nature Restoration Law sul sito del ministero dell’Ambiente e l’annuncio di una consultazione dei portatori di interesse.
Nonostante l’avvio di tavoli tecnici e il coinvolgimento scientifico di Ispra, il ritardo viene considerato rilevante, anche alla luce delle scadenze fissate dal regolamento europeo. La bozza del Piano nazionale di ripristino dovrà infatti essere trasmessa alla Commissione europea entro settembre 2026, lasciando un margine temporale limitato per completare il percorso di elaborazione e confronto.
Secondo Lipu, Pro Natura e Wwf Italia, un Piano nazionale di ripristino fondato su evidenze scientifiche solide e costruito attraverso un coinvolgimento ampio di istituzioni, attori economici e società civile potrebbe rappresentare un elemento strategico non solo per la tutela della natura, ma anche per la sicurezza del territorio. Il ripristino degli ecosistemi è infatti collegato alla riduzione dei rischi idrogeologici, al rafforzamento della resilienza climatica e alla mitigazione degli effetti di siccità e alluvioni.
Le associazioni sottolineano inoltre la necessità di rafforzare il sostegno politico e il coinvolgimento dell’opinione pubblica, considerati passaggi decisivi per tradurre la normativa in azioni efficaci. In parallelo, viene evidenziato il ruolo della Commissione europea, chiamata a garantire monitoraggio e supporto, e l’esigenza di un adeguato rafforzamento dei finanziamenti, anche attraverso il prossimo bilancio dell’Unione.
Nel quadro delineato dal report, la Nature Restoration Law viene indicata come una leva centrale per affrontare la crisi climatica e ambientale. Secondo le organizzazioni coinvolte, un’attuazione incompleta o inefficace rischierebbe di compromettere gli obiettivi di lungo periodo fissati dall’Unione europea in materia di ripristino della natura e adattamento ai cambiamenti climatici.











