Mentre in Italia e in Europa emerge un dibattito su un presunto rinascimento del nucleare, l’ultimo World Nuclear Industry Status Report 2025 (WNISR2025), presentato a il 22 settembre a Roma, lancia un segnale inequivocabile: il nucleare è in lento declino e le energie rinnovabili lo stanno surclassando per investimenti, capacità installata e produzione effettiva di energia.
“L’energia nucleare contribuisce oggi solo per il 9% alla generazione elettrica globale, il livello più basso da quattro decenni – si legge nel rapporto – mentre le rinnovabili (solare ed eolico) continuano a crescere a ritmi a doppia cifra”.
“Il World Nuclear Industry Status Report è una miniera di informazioni controllate e ragionate, che dimostrano che il nucleare continua a stentare. – ha detto Gianni Silvestrini, già presidente del Coordinamento FREE – Negli ultimi 15 anni la quota di produzione nucleare è praticamente stazionaria e lo è solo grazie alla Cina che ha aumentato la sua quota di nucleare, mentre nella maggioranza dei paesi occidentali il contributo dell’energia atomica si sta riducendo”.
Nucleare: stagnazione nei fatti
Nonostante gli annunci mediatici, i dati indicano che il nucleare resta un’industria in affanno:
- solo 5,4 GW netti sono stati aggiunti nel 2024, a fronte di 452 GW di solare e 113 GW di eolico;
- il 66% dei reattori operativi ha oltre 31 anni, con un’età media che ha raggiunto i 32,4 anni;
- il numero di paesi che hanno reattori nucleari attivi è sceso nel 2024 da 32 a 31;
- il numero di paesi che stanno costruendo nuovi reattori nucleari nel 2024 è diminuito da 13 a 11;
- la quota dell’energia nucleare nel mix elettrico è in calo dal 1996;
- nessun Small Modular Reactor (SMR) è operativo o in costruzione nel mondo occidentale.
Le rinnovabili, in termini di investimenti hanno attratto, nel 2024, ben 21 volte più fondi del nucleare. Le batterie, sempre più economiche, stanno rivoluzionando la flessibilità delle reti elettriche, sfatando il mito del nucleare come unica fonte “programmabile” priva di emissioni di CO2.
“La produzione di energia nucleare è rimasta ferma ai livelli massimi raggiunti a fine anni 90 e il suo contributo alla generazione elettrica mondiale è sceso da un massimo del 17% all’attuale 9%. Ci sono solo una sessantina di progetti attivi e in via di realizzazione nel mondo. – afferma Letizia Magaldi, presidente del Kyoto Club – In Occidente, il costo degli ultimi reattori nucleari costruiti è risultato spesso molto più elevato rispetto ai costi originariamente stimati e anche i tempi di realizzazione sono aumentati notevolmente rispetto ai programmi iniziali. L’elemento di grande rottura è però rappresentato dall’accelerazione del solare e dell’eolico, che sono diventati la fonte più economica per produrre energia. Nel 2024 l’87% della nuova potenza elettrica installata nel mondo è stata rinnovabile”.
Oltre a tutto ciò il report evidenzia che il Costo Livellato dell’Energia (LCOE) da fotovoltaico utility-scale è sceso a valori che arrivano anche a 4,5 cent$/kWh, contro un minimo di 14 cent$/kWh del nucleare. Le tecnologie solari ed eoliche sono, inoltre, modulari, scalabili, flessibili e adattabili a ogni contesto, diversamente dal nucleare che richiede grandi impianti centralizzati, se si escludono gli SMR e gli AMR dei quali a oggi non c’è alcun reattore in esercizio in Occidente e solo due reattori sperimentali operativi, uno in Russia e l’altro in Cina.
Alla luce di questi dati, è legittimo chiedersi: perché insistere sul nucleare quando le rinnovabili sono più rapide da realizzare, più economiche e più sostenibili? Il rischio è che la corsa al nucleare sottragga risorse preziose alla vera transizione energetica rinnovabile.
“I nuovi scenari devono essere valutati sulla base dei fatti, non delle suggestioni. – commenta nel rapporto un analista indipendente del settore – Investire oggi nel nucleare significa perdere il treno della decarbonizzazione efficiente ed efficace”.
“Il Governo italiano per il nucleare punta principalmente ai piccoli reattori che proprio nuovi non sono visto che già negli anni ‘90 c’erano due progetti sviluppati in Italia: uno del Politecnico di Milano e uno della Facoltà di Ingegneria della Sapienza di Roma, con collaborazione di industrie del settore. – afferma G.B. Zorzoli già presidente del Coordinamento FREE – Già allora tutti avevano concluso che i piccoli reattori non erano competitivi perché era molto complesso ridurre i tempi di cantiere e i costi di realizzazione. Il divario di costo che emergeva allora era così grande che non è pensabile in nessun modo che siano intervenuti sviluppi tecnologici tali da permettere di abbattere in modo drastico i costi dei piccoli reattori”.
Alla luce di queste evidenze, sarebbe opportuno avviare un dibattito pubblico trasparente, basato su dati scientifici e indipendenti, prima di decidere in modo affrettato su un possibile ritorno al nucleare. Sarebbe invece necessario concentrare gli sforzi su efficienza energetica, rinnovabili e accumuli, già oggi in grado di fornire sicurezza energetica, programmabilità, riduzione dei costi energetici per famiglie e imprese e riduzione delle emissioni.
Il report integrale è scaricabile qui a questo link.