Regolamento imballaggi, Corrado (PD): “Sosteniamo la norma. Sbagliato contrapporre fronte del riciclo a quello del riuso”

Com'è noto nel nostro paese la norma ha suscitato reazioni contrastanti, sia da parte di un vasto insieme di rappresentanti del sistema industriale e delle principali filiere economico produttive, sia da parte delle forze politiche. Abbiamo chiesto ad Annalisa Corrado, della segreteria Nazionale del Partito Democratico con delega alla Conversione ecologica, Clima, Green economy e Agenda 2030, di illustrarci la posizione, gli orientamenti e il lavoro svolto dai membri del suo partito nell’ambito della Commissione ENVI e i possibili sviluppi in vista del voto del Parlamento Europeo. Ecco che cosa ci ha detto

La proposta di Regolamento su imballaggi e rifiuti da imballaggio, approvata il 26 ottobre dalla Commissione ENVI del Parlamento Europeo, verrà discussa per la sua approvazione definitiva dall’assemblea di Strasburgo a fine novembre. Nel nostro paese la norma ha suscitato forti reazioni contrastanti, sia da parte di un vasto insieme di rappresentanti del sistema industriale e delle principali filiere economico produttive, sia da parte delle forze politiche.

In particolare va considerato l’appello delle associazioni dell’agro alimentare del 6 novembre al Governo, per chiederne una revisione radicale del regolamento. Nel documento vengono riportati molti dei principali rilievi emersi in questi mesi, soprattutto dalle filiere economico-produttive della produzione di imballaggi e materiali per imballaggi e del riciclo.

Il principale fattore di controversia riguarderebbe il fatto che, nell’attuale formulazione, la proposta sposerebbe totalmente un approccio orientato a favorire il riuso a scapito del riciclo, sul quale in nostro Paese negli anni scorsi ha investito in maniera particolare fino a diventarne la prima eccellenza europea.

Altri significativi temi di controversi riguardano:

  • il fatto che secondo i rappresentanti della filiera agro-alimentare e della distribuzione organizzata gli obiettivi “di riuso” dei materiali da imballaggio “non tengono conto delle necessità di mantenere gli attuali standard di sicurezza e qualità alimentare, ma anche la shelf-life dei prodotti stessi, con il conseguente rischio di aumento degli sprechi dovuto alla maggiore deperibilità degli alimenti venduti senza confezione”;
  • i limiti posti all’utilizzo delle plastiche biocompostabili che vengono in gran parte considerate del tutto simili a quelle “tradizionali” di origine fossile e non biocompostabili;
  • gli obiettivi relativi alla quantità di componente da riciclo negli imballaggi futuri che non tengono conto delle effettive quantità di polimeri da riciclo disponibili che, attualmente, vengono in gran parte assorbiti da filiere a maggiore valore aggiunto (ad es. automotive, elettrodomestici etc.) rispetto agli imballaggi.

La politica, governo e opposizioni: il Partito Democratico

Di fronte a questi rilievi le posizioni delle forze dell’attuale maggioranza di Governo in Italia sono orientate verso un voto contrario al Regolamento. Sarebbero invece largamente favorevole ai contenuti e allo spirito della norma le principali forze di opposizione: Partito Democratico, Verdi e Sinistra, Movimento Cinque Stelle dei centristi del Terzo Polo.

Sulla base di questo scenario, abbiamo chiesto ad Annalisa Corrado della segreteria Nazionale del PD con delega alla Conversione ecologica, Clima, Green economy e Agenda 2030 di illustrarci la posizione, gli orientamenti e il lavoro svolto dai membri del suo partito sulle tematiche più controverse nell’ambito della Commissione ENVI e i possibili sviluppi in vista del voto del Parlamento Europeo. Ecco che cosa ci ha detto:

“Innanzitutto bisogna considerare che la proposta di Regolamento costituisce uno degli assi portanti del ‘Green Deal’ Europeo, che ha disegnato il percorso strategico di decarbonizzazione dell’economia che l’Unione Europea vuole perseguire da qui al 2030. La bocciatura del Regolamento determinerebbe una significativa battuta d’arresto di tale percorso e mettere a repentaglio non solo la possibilità di traguardare gli obiettivi di riduzione dei rifiuti e della transizione verso l’economia circolare che sta impegnando una parte significativa del sistema economico produttivo continentale, ma metterebbe a repentaglio le prospettive di crescita e sviluppo delle principali filiere virtuose sul fonte della Green Economy che si stanno consolidando.

D’altro canto siamo ben consapevoli delle difficoltà insite nel dover definire norme e regolamenti da applicare in maniera omogenea in tutti Paesi dell’Unione Europea. In particolare siamo d’accordo sulla necessità di sostenere le ragioni delle filiere del riciclo e delle plastiche bio-compostabili, che rappresentano entrambe eccellenze virtuose che vanno salvaguardate e supportate. Riteniamo però del tutto fuori luogo contrapporre un ipotetico fronte del riciclo ad un altro del riuso.

La gerarchia delle tre R (Riduzione, che resta prioritaria, Riuso e Riciclo) alla base delle politiche europee per la riduzione dei rifiuti e per la transizione verso un modello di economia circolare non possono essere considerate che in maniere unitaria, dinamica e integrata e il nostro lavoro nelle diverse Commissioni è illuminato dal faro di questa convinzione.

Gli obiettivi di riduzione complessiva dei rifiuti da imballaggio (non basta avere una percentuale alta di riciclo, se il valore complessivo dei rifiuti prodotti aumenta), la progressiva messa al bando dei materiali non recuperabili/riciclabili o di quello che potremmo chiamare ‘accanimento da imballaggio mono-uso’, come anche l’accantonamento di alcune tipologie di imballi ormai ampiamente sostituibili sul mercato da soluzioni meno impattanti, sono obiettivi molto importanti per la de-carbonizzazione dell’economia e, in questo senso, da difendere.

Rispetto al testo attualmente raggiunto, restano però alcune criticità su cui stiamo lavorando alacremente, legate innanzitutto alla difesa di alcuni settori in cui l’Italia ha compiuto un percorso strategico di eccellenza, che va valorizzato e tutelato con determinazione (penso appunto ad esempio alla filiera della carta o alle plastiche compostabili, prodotte da materia rinnovabile).

Per fare un paio di esempi che entrino nel merito del processo emendativo a cui stiamo partecipando, stiamo lavorando innanzitutto sul riconoscimento delle specificità dei singoli materiali o di specifici utilizzi e, in tal senso, sulla diversificazione degli obiettivi di riciclo/riuso che tengano conto tanto dei livelli di eccellenza già raggiunti dalle diverse filiere, quanto dell’effettiva efficacia delle soluzioni nel progresso di decarbonizzazione, nell’ottica del minor impatto, valutato con rigore su tutto il ciclo di vita del prodotto/servizio.

Stiamo inoltre proponendo soluzioni che perfezionino le esenzioni al bando di prodotti mono-uso, a tutela di alcune specificità del nostro settore agro-alimentare.

Noi comunque pensiamo che molte delle esperienze già in essere (virtuose ed efficaci, seppur ancora marginali) e delle possibili e auspicabili implementazioni di forme di riuso rappresentino senza dubbio strumenti necessari e utili per perseguire gli obiettivi di riduzione complessiva dei materiali da imballaggio circolante.

Devo qui precisare che noi siamo ben disposti a sostenere le ragioni della filiera delle plastiche bicompostabili e biodegradabili, ma che ciò non può prescindere dal fatto che dove è possibile l’obiettivo è quello di ridurre i volumi di imballaggi e, quindi, laddove è possibile eliminare e ridurre drasticamente il loro utilizzo bisogna farlo a prescindere dal tipo di materiale che si utilizza.

Di fronte all’obiezione emergente che il Regolamento rappresenti uno strumento troppo stringente ‘calato dall’alto’ e in contrasto con le singole realtà dei diversi Paesi noi siamo ben consapevoli, come già ho detto, delle difficoltà di armonizzazione di norme che diventano immediatamente vigenti (al contrario delle direttive, che passano per i recepimenti a livello nazionale). Per tale motivo la Commissione si è impegnata in un lavoro di messa a punto molto difficile e oneroso che si è svolto attraverso la consultazione di una gran parte dei protagonisti delle diverse filiere economico-produttive di tutti i Paesi europei al quale i membri del nostro Partito, che ringrazio davvero per l’impegno e la determinazione, hanno offerto un importante e fondamentale contributo.

Personalmente credo che la scelta dello strumento ‘Regolamento’ risponda correttamente all’esigenza di non frammentare le normative nei diversi Paesi membri e, soprattutto, di fornire uno strumento che è davvero urgente e che non può attendere le tempistiche di recepimento che avrebbe avuto una direttiva, spesso (troppo spesso) non del tutto definibili/definite.

Devo peraltro aggiungere a questo proposito che sarebbe sbagliato considerare la discussione e il percorso in atto nel Parlamento UE come uno scontro tra fronti contrapposti dove da una parte ci sarebbero Progressisti e Verdi completamente a favore del Regolamento e delle norme in esso contenute e, dall’altra un fronte conservatore totalmente contrario. Sicuramente, ad esempio, ci sono componenti del PPE più favorevoli ai contenuti del Regolamento e non disponibili a mettere totalmente in discussione uno strumento così importante.

In particolare sulla tutela delle specificità italiane, inoltre, tra cui quelle sopra descritte, stiamo lavorando ad emendamenti in maniera abbastanza trasversale, sollecitando anche altri euro-parlamentari italiani a trovare convergenze mirate, in un’ottica pragmatica e collaborativa. Entro il 14 novembre occorre presentare gli emendamenti con un numero sufficiente di firme perché vengano accolti, in previsione della votazione della prossima settimana.

Infine, e concludo, la consapevolezza della difficoltà di armonizzazione a livello europeo (che è difficile ma non impossibile) non può rappresentare una scusa per rimandare o addirittura rinunciare il perseguimento dei vitali obiettivi indicati dal Green Deal). Occorre dotarsi di strumenti che ci mettano in grado di governare la complessità costituita dal dover armonizzare le istanze dell’economia, del lavoro, del tessuto industriale, dell’ecosistema. Complessità che non può essere certo una scusa per trincerarsi dentro uno status quo fallimentare da ogni punto di vista”.