Torino è stata sede di un confronto pubblico sull’impatto ambientale e sociale del fast fashion, durante una seduta congiunta delle commissioni consiliari VI Ambiente e V Cultura del Consiglio Comunale. Al centro dell’incontro, svoltosi il 26 maggio, la presentazione da parte dell’Associazione HoferLab di una serie di progetti per contrastare le conseguenze del modello tessile dominante.
L’approccio illustrato si basa su pratiche di riciclo degli scarti tessili, autoproduzione e partecipazione territoriale, promuovendo un cambiamento strutturale nelle modalità di produzione e consumo. L’Associazione ha sottolineato il legame diretto tra moda a basso costo e dispersione di microplastiche, consumo eccessivo di risorse e assenza di tutele lavorative lungo la catena produttiva.
Microplastiche, tinture e CO2: le conseguenze ambientali
I materiali sintetici, in particolare il poliestere, rilasciano microplastiche a ogni lavaggio domestico. Queste fibre si disperdono nei sistemi idrici e raggiungono i mari e gli oceani, contribuendo in modo significativo all’inquinamento marino globale.
A questo fenomeno si affiancano le emissioni di anidride carbonica generate dai processi industriali, il consumo elevato di acqua e l’uso di tinture chimiche che impattano su suolo e falde acquifere. L’intero ciclo di vita del capo fast fashion, dalla produzione allo smaltimento, evidenzia una forte pressione ambientale.
Torino al centro di pratiche culturali per la moda sostenibile
L’Associazione HoferLab, attiva a Torino, è un’associazione culturale no profit impegnata nella moda sostenibile, nell’arte contemporanea e nella cultura ambientale, attraverso progetti sviluppati su scala locale, nazionale e internazionale. Grazie alla collaborazione con enti, musei, scuole e stakeholder culturali, l’organizzazione costruisce processi partecipativi, laboratori, eventi e strategie volte a promuovere responsabilità sociale, consumo critico e autoproduzione responsabile.
Nel contesto torinese, l’Associazione ha illustrato le attività svolte in luoghi come la Cavallerizza Reale, l’UGI e il Castello di Rivoli, dove ha attivato workshop pubblici, percorsi educativi e azioni artistiche aperte alla cittadinanza. Tra le progettualità più significative, il programma ànticasartoriaerrante – laboratori nomadi per la moda sostenibile, finalizzato a promuovere consapevolezza sulle abitudini vestimentarie attraverso la pratica del saper fare condiviso.
Attraverso queste iniziative, Torino si propone come “laboratorio urbano di trasformazione, in cui consapevolezza ambientale, educazione al consumo critico e creatività collettiva si intrecciano per proporre una filiera tessile alternativa, basata su tracciabilità, durabilità dei prodotti e responsabilità condivisa“
Il confronto ha ribadito la necessità di “una regolamentazione chiara delle filiere tessili, una riduzione dell’uso di fibre sintetiche, e una maggiore trasparenza industriale. Accanto agli strumenti normativi, la componente culturale si rivela fondamentale per modificare i comportamenti collettivi, a partire dal ruolo dei consumatori nella scelta dei prodotti e nel prolungamento del ciclo di vita dei capi“.