Trentino Alto-Adige e Marche regine della transizione ecologica: al festival Circonomia il rapporto sulle regioni

Immaginando la transizione ecologica come una maratona tra le regioni e le macro-regioni italiane, chi guida la corsa e chi arranca in fondo alla classifica in questa fase cruciale di avvicinamento agli obiettivi che l’Europa si è data per il 2030, a cominciare dai target di riduzione delle emissioni di gas serra, crescita delle energie rinnovabili e miglioramento dell’efficienza energetica? La risposta arriva da un Rapporto presentato a Fano in occasione di Circonomia, il Festival dell’economia circolare e della transizione ecologica

Immaginando la transizione ecologica come una maratona tra le regioni e le macro-regioni italiane, chi guida la corsa e chi arranca in fondo alla classifica in questa fase cruciale di avvicinamento agli obiettivi che l’Europa si è data per il 2030, a cominciare dai target di riduzione delle emissioni di gas serra, crescita delle energie rinnovabili e miglioramento dell’efficienza energetica legati all’impegno per fronteggiare la crisi climatica?

La risposta arriva da un Rapporto presentato a Fano in occasione di Circonomia, il Festival dell’economia circolare e della transizione ecologica promosso tra gli altri da Eprcomuniczione e Kyoto Club. Il Rapporto, curato da Duccio Bianchi fondatore dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia (il più antico eco-istituto italiano), propone un ranking che mette in classifica le regioni italiane sulla base di un set di 25 diversi indicatori green.

Questi in sintesi i dati che emergono dal Rapporto:

  • Trentino Alto Adige, Marche e, distanziate, Lombardia, Veneto e Toscana: sono queste, nell’ordine di classifica, le regioni italiane con le migliori prestazioni di sostenibilità ambientale.
  • Sette regioni – Trentino Alto Adige, Marche, Lombardia, Veneto, Toscana, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria – presentano un indice di circolarità superiore alla media nazionale. Con l’unica eccezione del Lazio, sono tutte regioni del Nord.
  • In fondo alla classifica vi sono tutte regioni meridionali: ultima la Puglia, preceduta da Sicilia, Sardegna, Basilicata, Campania e Calabria.
  • Dunque le regioni meridionali presentano un indice di sostenibilità ambientale sensibilmente più basso rispetto alle regioni del nord e anche del centro. Ciò evidenzia che livelli più bassi di pressione sulle risorse naturali in termini di consumo di materia e di energia – come sono nel Sud per effetto di un’economia più debole e dunque di minori consumi di materie prime – non rappresentano un vantaggio in termini ambientali. L’indice di sostenibilità, infatti, dipende da fattori di pressione ma anche da fattori di efficienza e di risposta, che al contrario dei primi tendenzialmente crescono al crescere delle performance di sviluppo economico: lo sviluppo economico di per sé non è “insostenibile”, tutt’altro.
  • La macro-regione del Centro è l’unica che fa meglio della media nazionale in tutte e tre le categorie degli indicatori (impatto, efficienza, risposta).
  • Il “caso Marche”. Le Marche, che pure sono una delle regioni più manifatturiere d’Italia e dunque con la presenza più rilevante di attività economiche che producendo beni fisici consumano più risorse e più energia rispetto alle attività economiche “terziarie”, svettano in testa alla classifica, superate solo dal Trentino Alto Adige che vanta un’antica e consolidata “primazia” in fatto di attenzione all’ambiente. Il risultato delle Marche è migliore di quello medio dell’Italia in 20 indicatori su 25.
  • Subito alle spalle delle Marche, la classifica green stilata da Circonomia vede Lombardia e Veneto, regioni anch’esse con un elevato tasso manifatturiero del Pil: ciò rafforza la conclusione che sistemi economici a forte impronta manifatturiera, se caratterizzati da standard elevati di efficienza non sono necessariamente “divoratori” di energia e di materia

Presentando il Rapporto Circonomia, il direttore del Festival Roberto Della Seta ha commentato: “Dalla nostra ricerca esce un’immagine dell’Italia della transizione ecologica a chiaroscuri, con regioni all’avanguardia della conversione green e altre che arrancano. Serve uno scatto in avanti che coinvolga tutti i territori, solo così potremo essere al centro del green deal e che non solo è indispensabile per fronteggiare la crisi climatica ma è una grande occasione di innovazione tecnologica e competitività economica. Come mostrano tanti esempi concreti, ‘convertire’ all’ecologia produzioni e consumi non è soltanto necessario per l’ambiente: è anche utilissimo a rendere più moderna e competitiva l’economia, a creare lavoro, a migliorare la vita quotidiana delle persone”.

L’indice sintetico di “circolarità” calcolato per ogni regione italiana e per le quattro macro-regioni (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud e Isole) si basa su 25 indicatori che identificano i principali caratteri distintivi dell’economia circolare e della transizione ecologica. Valle d’Aosta e Molise non figurano nel ranking in quanto, per le dimensioni ridotte, presentano dati non comparabili con quelli delle altre regioni, ma sono invece compresi nelle rispettive macro-aggregazioni (rispettivamente per il Nord-Ovest per la Valle d’Aosta e il Sud per il Molise).Gli indicatori sono suddivisi in tre categorie:  Impatto sull’uso delle risorse – Sono 6 indicatori che misurano l’impatto ambientale diretto – considerato come impatto pro-capite – delle attività economiche e civili su ambiente e clima: consumo di materia interno pro-capite (DMC/ab), consumo finale di energia pro-capite in tep (Enefinfos/ab), emissioni climalteranti pro-capite (GHG/ab), produzione totale di rifiuti pro-capite (RIF/ab), produzione di rifiuto urbano residuo (esclusa raccolta differenziata) pro-capite (RIFURB/ab), consumo di suolo artificializzato pro-capite (Suoloart/ab).Efficienza d’uso delle risorse – Sono 6 indicatori che  misurano l’efficienza e la produttività di uso delle risorse, generalmente considerata rispetto al Prodotto Interno Lordo a parità di potere d’acquisto: il consumo di materia interno per unità di Pil (DMC/Pil), consumo finale di energia per unità di Pil (Enefin/Pil), le emissioni climalteranti per unità di Pil (GHG/pil), produzione di rifiuti per unità di Pil (RIF/Pil), la produzione di rifiuto urbano residuo per unità di consumi finali delle famiglie (RIFURB/CF), il consumo di suolo per unità di Pil (Suolo/Pil).Azioni di risposta e mitigazione – Sono 13 indicatori che misurano la capacità di risposta – sia pubblica che privata – alla crisi energetica e climatica attraverso azioni di riduzione o mitigazione degli impatti: la quota di energia rinnovabile sul totale dei consumi finali (RINen%), la percentuale di rinnovabili sulla produzione elettrica (RINel%), il solare fotovoltaico domestico, il risparmio energetico pro-capite conseguito con ecobonus e super-ecobonus, il tasso di motorizzazione elettrica sulle nuove immatricolazioni, la percentuale di raccolta differenziata, il tasso di recupero dei rifiuti speciali, l’autosufficienza nella gestione dei rifiuti urbani, la quantità di suolo consumato nel periodo 2018-2022 sul totale consumato, la quota di terreno agrario convertito a biologico, il tasso di regolarità edilizia (ovvero il tasso di abusivismo edilizio).  All’interno di questa categoria rientrano anche due indicatori più soggettivi, legati alla percezione della qualità del paesaggio e della qualità ambientale del proprio territorio da parte dei cittadini. I dati raccolti sono i più aggiornati disponibili: per 15 indicatori sono riferiti al 2022, per 8 indicatori al 2021, per 2 indicatori al 2020. 

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