“Case green”, le istituzioni Ue hanno raggiunto un accordo sulla riforma della Direttiva

Nell'incontro del "trilogo" del 7 dicembre, durante il quale si sono svolti negoziati informali tra la Commissione, il Consiglio e il Parlamento dell'Unione europea, è stato raggiunto un accordo sulla riforma della direttiva per le prestazioni energetiche degli edifici. Il compromesso su questioni ancora irrisolte dopo i negoziati di ottobre si è concretizzato dopo circa due ore di discussioni

Direttiva

Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione europea hanno raggiunto un accordo sulla direttiva sulle case green, che fissa nuove regole per l’efficientamento energetico degli edifici esistenti e nuovi. L’obiettivo è ridurre i consumi energetici e raggiungere un parco immobiliare a emissioni zero entro il 2050.

Gli edifici rappresentano il 40% dell’energia consumata e il 36% delle emissioni dirette e indirette di gas serra legate all’energia nell’Unione europea. Per questo, la revisione della direttiva prevede misure per migliorare l’efficienza energetica degli edifici.

Tra le principali novità, gli Stati membri dovranno garantire che il consumo energetico medio degli edifici residenziali privati sia ridotto del 16% entro il 2030 e del 26% entro il 2035. Per gli edifici non residenziali, l’obiettivo è una riduzione del 16% entro il 2030 e del 26% entro il 2033.

La revisione della direttiva ha accolto alcune richieste dell’Italia, che detiene un parco immobiliare molto vecchio, con molti edifici ancora in classe G, la più inquinante. In particolare, sono stati allungati i tempi per la sostituzione delle caldaie a gas, che dovranno essere sostituite con sistemi a basse emissioni entro il 2040 per gli edifici residenziali e entro il 2045 per gli edifici non residenziali.

La nuova direttiva sulle case green è un passo importante verso la decarbonizzazione del settore edile. Le nuove regole contribuiranno a ridurre i consumi energetici e le emissioni di gas serra, migliorando la sostenibilità del parco immobiliare dell’Unione europea.

Nel corso dei negoziati trilaterali, sono emersi diversi punti critici in quanto la questione era stata oggetto di un acceso dibattito in Paesi come l’Italia e la Germania. Alcuni di questi aspetti, discussi durante un prolungato incontro notturno tra il 12 e il 13 ottobre scorsi, hanno dovuto essere esclusi dall’accordo.

Uno degli elementi cruciali della direttiva riguardava la cessazione dell’uso di combustibili fossili, con il nuovo accordo che posticipa al 2040 (rispetto al precedente termine del 2035) la completa eliminazione delle caldaie alimentate a gas, mantenendo comunque gli incentivi per le caldaie ibride. Tuttavia, a partire dal 2025, tutti gli incentivi per le caldaie autonome verranno eliminati.

Per gli edifici residenziali più inquinanti dell’Unione europea, è stato stabilito l’obiettivo di ridurre il consumo medio di energia primaria del 16% entro il 2030, con una successiva elevazione al 20-22% entro il 2035. Per gli edifici non residenziali, i limiti sono del 16% entro il 2030 e del 26% entro il 2033. La direttiva elimina i parametri delle classi energetiche legate a ciascun edificio, privilegiando invece medie di riferimento che ogni Stato membro potrà definire in base al proprio patrimonio edilizio, sistema nazionale di classi energetiche e traiettoria nazionale di ristrutturazione.

Si prevede che il 55% della riduzione energetica sarà ottenuto attraverso la ristrutturazione degli edifici con le prestazioni più basse. A partire dal 2030, tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti con emissioni zero, mentre per gli edifici pubblici, tale obbligo entrerà in vigore dal 2028.

Inoltre, è stato abolito l’obbligo di installare pannelli solari su tutti gli edifici, un argomento che aveva generato molto dibattito. Secondo l’accordo finale, l’installazione di impianti di energia solare sarà obbligatoria solo per i nuovi edifici, gli edifici pubblici e quelli non residenziali molto grandi, escludendo quindi le abitazioni. L’accordo di ieri è ancora provvisorio e richiede l’approvazione e l’adozione formale da parte del Parlamento e del Consiglio.