UK, l’Alta Corte concede controllo giurisdizionale verso il Governo dopo il taglio dei fondi per la mobilità sostenibile

Il 26 ottobre, l'Associazione britannica Transport Action Network ha creato un precedente nel diritto del Paese. Per la prima volta, infatti, l'Alta Corte ha accettato il ricorso di un'Associazione non governativa perché ritenuto: "Un caso potenzialmente importante che riguarda una disposizione legale mai esaminata prima". Parliamo del ricorso mosso contro il Governo dopo i tagli del 75% del 9 marzo decisi dal Dipartimento dei trasporti (Dft) ai fondi per la mobilità attiva e sostenibile. “È fantastico scrivere la storia del diritto. Ciò potrebbe costituire un precedente estremamente utile per potersi spostare in modo sano", ha dichiarato Chris Todd, direttore di Transport Action Network. Per il Movimento Diritto dei Pedoni, invece:, si tratta di: "Esempi edificanti a cui ispirarci"

Lo scorso 26 ottobre, l’Alta Corte britannica ha concesso all’Associazione non governativa Transport Action Network il diritto di chiedere un controllo giurisdizionale riguardo la decisione del Dipartimento dei trasporti (Dft) di tagliare il 75% dei finanziamenti alla mobilità sostenibile. Come riporta il comunicato stampa dell’Associazione che si batte affinché le comunità possano beneficiare di un trasporto più sostenibile nel Regno Unito, infatti: “Il 9 marzo, i ministri hanno annunciato un taglio dei fondi da circa 308 a 100 milioni di sterline”.

Ciò che ha mosso la Transport Action Network è un aspetto ben preciso: “I ministri hanno ignorato i doveri su clima, qualità dell’aria e uguaglianza, nonostante mesi prima avessero condiviso i benefici significativi della mobilità attiva“.

Non a caso, il giudice ha dato l’ok per l’avvio ad un’udienza legale, affermando che si tratti di “un caso potenzialmente importante” che riguarda una disposizione legale mai esaminata prima. In particolare, riguardo le argomentazioni riguardanti la sezione 21 della legge sulle infrastrutture del 2015 che ammette come: :”Il Dipartimento dei trasporti è tenuto a pubblicare gli obiettivi relativi agli spostamenti a piedi e in bicicletta, oltre alle risorse da mettere a disposizione per raggiungerli, in una Strategia di investimento per gli spostamenti a piedi e in bicicletta”.

“L’obiettivo centrale – continua l’Organizzazione – è far sì che metà degli spostamenti urbani siano percorsi a piedi o in bicicletta entro il 2030. Questo, poi, altro non è che una parte fondamentale dei piani del Regno Unito sul clima e sulla qualità dell’aria. I tagli non sono quindi giustificabili, dal momento in cui già prima del 9 marzo il Dft aveva previsto che non si sarebbe riusciti a raggiungere per tempo questo obiettivo. L’udienza legale è prevista all’inizio del 2024, ma prima di allora i funzionari saranno tenuti a divulgare la documentazione per far luce sulla decisione“.

Svolta nel diritto britannico

Ciò che è accaduto in Gran Bretagna è senz’altro un evento storico. Infatti, come ha dichiarato Chris Todd, direttore di Transport Action Network: “È fantastico scrivere la storia del diritto. Ciò potrebbe costituire un precedente estremamente utile per potersi spostare in modo sano. Quando hanno tagliato i finanziamenti a marzo, i ministri hanno promesso di trovare denaro aggiuntivo il prima possibile. Eppure dei 36 miliardi di sterline di taglio risparmiati questo mese, nemmeno un centesimo è stato dedicato alla mobilità attiva e sostenibile. Non c’era un solo esempio di progetto pedonale o ciclistico nell’enorme elenco di progetti promessi dal Primo Ministro. Il caso giudiziario dovrebbe far luce sulla mancanza di coordinamento da parte del DfT tra finanziamenti, obiettivi ciclistici e pedonali e traguardi per affrontare il cambiamento climatico e la qualità dell’aria”.

Questi sono esempi edificanti a cui ispirarci. In Gran Bretagna l’Associazione non governativa, Transport Action Network, sta scrivendo la storia, perché è riuscita a farsi ammettere in udienza per citare in giudizio il Governo a causa del taglio dei fondi alla mobilità sostenibile. Il motivo, giudicato ammissibile: l’incoerenza delle misure rispetto alle dichiarazioni ed ai piani formali presentati dal Governo per l’adempimento degli obiettivi di mobilità sostenibile, ambiente e salute. Che, naturalmente, sono profondamente collegati”, ha commentato il Movimento Diritti dei Pedoni.