Assobioplastiche, Biorepack e TÜV AUSTRIA insieme contro i “falsi compostabili”

Sottoscritto un protocollo d’intesa finalizzato a contrastare l’illegalità nel settore degli imballaggi compostabili. Un ulteriore strumento per combattere la violazione delle normative vigenti, in favore di cittadini, imprese oneste e qualità del compost prodotto

bioshopper falsi compostabili

Il Protocollo d’Intesa sottoscritto da Assobioplastiche, Biorepack (Consorzio nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in plastica) e TUV AUSTRIA, mira a migliorare le attività di controllo e contrasto alla diffusione di falsi bioshopper e imballaggi in plastica non compostabile attraverso la condivisione di dati e informazioni. Questa alleanza assume un’importanza cruciale e immediata.

Oltre a favorire il progresso nella raccolta differenziata delle bioplastiche compostabili e, di conseguenza, della frazione umida, si propone di proteggere i cittadini dagli impatti sanitari e ambientali derivanti dalla proliferazione dei “falsi compostabili”. Inoltre, si impegna a sostenere il consolidamento della filiera dei produttori legali, i quali subiscono una concorrenza sleale da parte di coloro che operano al di fuori delle normative vigenti.

“Le violazioni delle attuali normative che, ormai da anni, vietano l’uso di sacchetti in plastica  tradizionale per la spesa e l’ortofrutta rappresentano un danno economico per gli operatori che  lavorano onestamente”, commenta Luca Bianconi, presidente di Assobioplastiche. “Inoltre, sono  un dumping illegale perché i costi di produzione sono molto più bassi, a fronte però di impatti  ambientali ben più elevati. Costruire sinergie tra le diverse realtà della filiera è quindi  indispensabile per porre in essere azioni efficaci di contrasto all’illegalità”.

Nel caso degli shopper illegali, le cause di violazioni sono molteplici: molto frequente è la vendita  di borse per asporto merci o per alimenti sfusi privi dei requisiti di legge (certificazioni di  biodegradabilità, compostabilità, rinnovabilità e relative etichettature). Ma spesso compaiono  marchi di certificazione di compostabilità contraffatti su sacchetti che in realtà sono privi dei  requisiti stabiliti dallo standard europeo EN 13432. C’è infine il caso, sebbene più marginale rispetto  agli altri appena citati, di sacchetti dichiarati compostabili ma che, una volta ottenuta la  certificazione, vengono poi prodotti con quantità più o meno rilevanti di polietilene, materia prima  non ammessa per i bioshopper ma usata per ridurre i costi di produzione.

Tante violazioni che finiscono per danneggiare l’immagine della filiera legale, aumentare le  difficoltà dei cittadini che effettuano la corretta raccolta differenziata e creare danni alla quantità  del compost prodotto grazie ai rifiuti organici e compostabili negli impianti di trattamento.  

“La diffusione di sacchetti e manufatti rigidi non compostabili induce in errore i cittadini che finiscono per gettarli insieme ai rifiuti organici. Di conseguenza, gli impianti di digestione  anaerobica e compostaggio devono porre in essere una serie di attività per rimuovere i materiali  non compostabili”, spiega Marco Versari, presidente del consorzio Biorepack. “Le analisi  effettuate dal nostro consorzio hanno rilevato che ogni chilo di materiali non compostabili presenti  nell’umido sottrae tra 1 e 2 kg di rifiuti organici al trattamento. In questo modo si riduce la quantità  di compost prodotto e aumenta, al contrario, la quantità di rifiuti che deve essere invece smaltita  in termovalorizzatori o, peggio, in discarica. Ecco perché, tra i compiti di Biorepack c’è quello di  attuare azioni di contrasto a tutti i fenomeni di illegalità del settore”.

Grazie all’accordo sottoscritto, Assobioplastiche, Biorepack e TÜV AUSTRIA lavoreranno sui casi di  illegittimità in relazione a prodotti di bioplastica compostabile muniti di marchi di conformità  rilasciati da TÜV AUSTRIA che fornirà l’elenco sia dei prodotti da lei certificati sia degli usi  ingannevoli e impropri dei suoi marchi.

“Le certificazioni di TÜV AUSTRIA sono tra le più conosciute dai cittadini a livello europeo.  Rappresentano uno strumento che garantisce la qualità dei prodotti certificati e aiuta a effettuare  la corretta raccolta dei materiali compostabili,” dichiara Crescenzo Di Fratta, CEO di TÜV AUSTRIA  Italia. “Gli imballaggi illegali, soprattutto se utilizzano impropriamente il nostro marchio, minano  la credibilità del sistema di certificazione ed è quindi per noi di vitale importanza contrastarli. La  collaborazione che svilupperemo grazie a questo accordo con Assobioplastiche e Biorepack  rappresenta un’arma in più in tale direzione e tutelerà le aziende realmente rispettose  dell’ambiente e che operano nella legalità”.