A fine settembre 156 organizzazioni europee hanno chiesto all’Unione europea di introdurre una moratoria sulla costruzione di nuovi inceneritori. Capofila dell’iniziativa e promotrice della campagna “Meglio che bruciare” è Zero Waste Europe. Eco dalle Città ha raggiunto Janek Vähk, Zero Pollution Policy Manager dell’organizzazione ambientalista, che ha illustrato le motivazioni della richiesta e le implicazioni per le politiche europee di gestione dei rifiuti.
Avete ricevuto delle risposte da parte delle istituzioni europee riguardo alle vostre richieste o proposte per ridurre la capacità di incenerimento?
Non abbiamo ancora ricevuto una risposta ufficiale alla nostra lettera. Tuttavia, vale la pena ricordare che la Commissione Europea ha già affrontato questa questione nella sua Comunicazione del 2017 sul ruolo del “waste-to-energy” (valorizzazione energetica dei rifiuti) nell’economia circolare. In quel documento, la Commissione sottolineava che alcuni Stati membri dipendono in modo eccessivo dall’incenerimento dei rifiuti urbani. Per affrontare il problema, proponeva diverse misure a livello nazionale, tra cui: introdurre o aumentare le tasse sull’incenerimento, in particolare per gli impianti a bassa efficienza, assicurando al contempo tasse più elevate sulle discariche; eliminare progressivamente i regimi di sostegno pubblico all’incenerimento dei rifiuti e reindirizzare tali aiuti verso i livelli più alti della gerarchia dei rifiuti (prevenzione, riuso, riciclo); introdurre moratorie sulla costruzione di nuove capacità di incenerimento e chiudere gradualmente gli impianti più vecchi e meno efficienti.
Più recentemente, nella consultazione pubblica sulla prossima Legge sull’Economia Circolare, la Commissione ha incluso proposte per rendere obbligatorio il pretrattamento e la preselezione dei rifiuti prima dell’incenerimento, riconoscendo che una parte significativa di ciò che oggi viene incenerito è in realtà riciclabile.
La Commissione sta inoltre valutando di includere l’incenerimento nel Sistema Europeo di Scambio delle Quote di Emissione (ETS), per incentivare una migliore separazione dei rifiuti e rendere il riciclo più competitivo.
Quali Stati membri dell’UE stanno dimostrando il maggiore impegno nella riduzione della loro attuale capacità di incenerimento?
Alcuni Stati membri e regioni stanno già dimostrando un forte impegno nel ridurre la capacità di incenerimento. La Danimarca e la regione delle Fiandre (Belgio) hanno intrapreso azioni concrete per limitare o diminuire la loro capacità esistente.
- Danimarca: nel 2020 il governo ha deciso di ridurre la capacità nazionale di incenerimento dei rifiuti di circa il 30% entro il 2030, per adeguarla alla quantità di rifiuti residui prevista (Commissione Europea, 2022).
Per raggiungere questo obiettivo, la legislazione danese è stata modificata nel 2023 in modo che, a partire dal 2025, i comuni debbano mettere a gara l’incenerimento dei rifiuti raccolti, e gli impianti dovranno competere per accedervi — un passo fondamentale per allineare la capacità alle effettive necessità. - Fiandre (Belgio): sono state fissate iniziative chiave, tra cui l’obiettivo di ridurre del 25% l’incenerimento dei rifiuti residui entro il 2030, come parte di una strategia più ampia per salire nella gerarchia dei rifiuti e rafforzare le misure di economia circolare.
- Scozia: nel 2022 è stata introdotta una moratoria sulla costruzione di nuovi impianti di incenerimento, a seguito delle raccomandazioni della Revisione indipendente sul ruolo dell’incenerimento nella gerarchia dei rifiuti.
Il governo scozzese si è inoltre impegnato a elaborare un piano per la progressiva eliminazione della capacità esistente nel lungo periodo, in linea con gli obiettivi di economia circolare. - Catalogna (Spagna): il Programma di prevenzione e gestione dei rifiuti 2021–2030 del governo regionale prevede un mandato politico per dismettere gli inceneritori più vecchi e meno efficienti, e per ridurre progressivamente la dipendenza dall’incenerimento, a favore della prevenzione, del riuso e del riciclo.
- Galles: ha imposto una moratoria sui nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti e punta a raggiungere un obiettivo di “rifiuti zero” entro il 2050, basato sulla prevenzione e su elevate prestazioni di riciclo.
Come valutate la decisione di costruire un grande impianto di incenerimento dei rifiuti a Roma?
La decisione di costruire un grande inceneritore dei rifiuti a Roma solleva serie preoccupazioni alla luce degli obiettivi dell’UE in materia di prevenzione dei rifiuti, riciclo e transizione verso un’economia circolare. Il progetto prevede un contratto di tipo “deliver or pay” della durata di 34 anni, con un prezzo d’appalto di circa 180 € a tonnellata — destinato a salire a 210 € all’avvio delle operazioni e potenzialmente fino a 350 € a tonnellata entro il 2062.
Con una capacità di 600.000 tonnellate all’anno, l’impianto fisserebbe di fatto il tasso di riciclo di Roma intorno al 54%, ossia 11 punti percentuali al di sotto dell’obiettivo UE del 65%, fino al 2062.
Inoltre, il sistema di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS) proposto — spesso presentato come misura di “greenwashing” — è progettato per catturare solo circa 4.000 tonnellate di CO₂ all’anno, a fronte di centinaia di migliaia di tonnellate emesse. Ciò significa che l’impatto reale sulle emissioni complessive dell’impianto sarebbe trascurabile.
Aggiungo una considerazione finale. Il percorso dell’Europa verso un’economia circolare richiede di spostare investimenti e politiche dall’incenerimento verso la prevenzione, il riuso e il riciclo. Costruire nuovi inceneritori oggi rischia di bloccare città e regioni in modelli di gestione dei rifiuti superati per decenni, proprio nel momento in cui è necessario avanzare verso soluzioni più sostenibili ed efficienti nell’uso delle risorse.











