L’Italia si conferma tra i Paesi europei più avanzati nell’economia circolare, ma il primato rischia di restare incompiuto senza una strategia industriale capace di trasformare il riciclo in leva di competitività e decarbonizzazione.
È quanto emerge dal nuovo rapporto “L’Italia che Ricicla 2025” di Assoambiente, l’associazione che riunisce le imprese dei settori dell’igiene urbana, del recupero, del riciclo e delle bonifiche, presentato nel corso dell’evento “Le aziende alla prova dell’economia circolare” a Ecomondo 2025.
Con un tasso di utilizzo circolare della materia del 20,8%, l’Italia supera la media europea (11,8%) e i principali partner continentali: Francia (17,6%), Germania (13,9%) e Spagna (8,5%). Il dato conferma la leadership nazionale nel recupero di materia e nella reimmissione delle materie prime seconde nei processi produttivi. Tuttavia, l’analisi evidenzia come solo un quinto dell’economia italiana sia oggi realmente circolare, mentre l’80% del sistema produttivo continua a operare con modelli lineari e forte dipendenza da importazioni di materie prime ed energia.
“Non possiamo adagiarci sul primato europeo – ha dichiarato Chicco Testa, presidente di Assoambiente –. La vera sfida è rendere circolare l’80% del Paese che ancora non lo è”.
Rifiuti speciali: in Italia se ne ricicla il 73%
I rifiuti speciali rappresentano la quota prevalente della produzione complessiva nazionale, con 164,5 milioni di tonnellate rispetto ai 29,3 milioni di tonnellate di rifiuti urbani.
Secondo lo studio, il 73% dei rifiuti speciali viene avviato a recupero di materia, pari a oltre 130 milioni di tonnellate. Solo 7,9 milioni di tonnellate finiscono in discarica, in calo dell’11,2%, mentre 2,9 milioni sono destinati all’incenerimento.
Dati che testimoniano l’avanzamento delle filiere industriali del recupero, ma anche la necessità di nuovi impianti e investimenti strutturali per consolidare il trend.
Il riciclo come motore di competitività e sicurezza nazionale
Nel corso del confronto con rappresentanti di Federchimica, Confindustria Lombardia, FEAD e Algebris Ambiente, è emerso come l’economia circolare non sia più soltanto una scelta ambientale, ma un fattore strategico di sicurezza industriale e nazionale.
Il riciclo è considerato una delle leve più efficaci per ridurre le emissioni, rafforzare l’autonomia energetica e promuovere una sovranità industriale sostenibile.
Per centrare gli obiettivi fissati dalla Commissione Europea, il rapporto stima che l’Italia debba incrementare gli investimenti di circa 3,3 miliardi di euro all’anno, destinandoli alla modernizzazione degli impianti e al sostegno delle imprese del settore.
La proposta di Assoambiente: una strategia su tre direttrici
Il rapporto individua tre linee di intervento per consolidare la filiera del riciclo come pilastro dell’industria nazionale:
- Offerta: uniformare e ampliare i criteri di End of Waste, rimuovere le barriere normative e introdurre strumenti economici come le Garanzie d’Origine per le materie prime seconde.
- Domanda: potenziare gli appalti verdi (GPP), applicare un’IVA ridotta sui prodotti riciclati e fissare obblighi di contenuto minimo di riciclato nei settori chiave (edilizia, metalli, tessili).
- Misure trasversali: rivedere la tassazione ambientale e accelerare gli iter autorizzativi per gli impianti di riciclo e recupero.
Verso un “Circular Economy Act” europeo
A livello comunitario, è atteso entro il 2026 il nuovo “Circular Economy Act”, che punta a creare un mercato unico delle materie prime seconde e dei rifiuti.
“L’Italia – ha concluso Chicco Testa – dispone del capitale industriale, tecnologico e di competenze per guidare questa transizione, ma servono regole chiare, incentivi stabili e una visione di lungo periodo. Il riciclo è il nuovo made in Italy: unisce sostenibilità, innovazione e competitività. Ora è necessario trasformare il nostro primato in una strategia industriale nazionale.”











