Decreto qualità dell’aria, per Legambiente è: “Un occasione persa”

Dopo il via libera al "decreto aria", Legambiente ha subito espresso delle critiche al testo: "Non è una misura risolutiva ed efficace come richiesto dall’Europa per non proseguire con le procedure di infrazione in essere. In più nonostante ben venga la richiesta alle Regioni del bacino padano di rivedere la regolamentazione della qualità dell'aria entro 12 mesi, non prende in considerazione che invece la valenza dei provvedimenti dovrebbe riguardare almeno tutti i territori in procedura di infrazione. Il decreto, poi, è stato usato per introdurre una misura che rimetta in pista il progetto relativo all'ampliamento dello scalo di Malpensa per le merci bocciato senza appello dalla commissione VIA nazionale. Ricordiamo che al momento, in Italia sono attive ben tre procedure di infrazione per tre inquinanti come il PM10, PM2.5 e il biossido di azoto (NO2)"

Legambiente decreto aria
La canna fumaria di un impianto di riscaldamento in funzione sul tetto di un palazzo a Roma, 8 gennaio 2022. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Dopo il via libera del Senato sul cosiddetto “decreto aria” che ha visto respingere le questioni pregiudiziali presentate, Legambiente ha prontamente criticato le misure definendole come: “Un occasione persa“.

Il decreto – ricordiamo – tra le misure prevede l’imposizione alle Regioni del bacino padano di apportare modifiche entro un anno per ridurre le emissioni e un fondo destinato a progetti per la creazione di aree temporanee di sosta a fini turistici. Ma cosa non convince Legambiente?

In una nota l’associazione ha dato le sue motivazioni, dichiarando che: “Per migliorare la qualità dell’aria nel nostro Paese serve un piano nazionale contro l’inquinamento atmosferico e piani regionali coerenti tra loro insieme a misure efficaci e strutturali che mettano al centro i veri problemi che sono la causa di una cattiva qualità dell’aria e che vedono coinvolti settori importanti come la mobilità, l’agricoltura e la zootecnia e il riscaldamento residenziale”.

Infatti, continua Legambiente: “Non convince la conversione in legge del decreto-legge 12 settembre 2023, n. 121, recante “misure urgenti in materia di pianificazione della qualità dell’aria e limitazioni della circolazione stradale” così come approvato, con modifiche, in questi giorni dal Senato ed ora in attesa dell’approvazione dalla Camera”.

I “punti dolenti” per Legambiente

Nella stessa nota Legambiente elenca diversi punti discutibili:

  • “Non è una misura organica, risolutiva ed efficace come richiesto dall’Europa per non proseguire con le procedure di infrazione in essere;
  • risponde – ma in maniera inadeguata – ad alcune situazioni relative solo alle regioni del bacino padano, quando la valenza dei provvedimenti dovrebbe riguardare almeno tutti i territori in procedura di infrazione;
  • è stata usata per introdurre una misura per rimettere in pista un progetto già morto perché bocciato senza appello dalla commissione VIA nazionale, quello relativo all’ampliamento dello scalo di Malpensa, con la assurda giustificazione che l’aumento dell’area logistica aeroportuale permetterebbe di migliorare la qualità dell’aria spostando parte del trasporto su gomma per via aerea. Questo, per Barbara Meggetto, presidente di Legambiente Lombardia è: “Una chiara elusione della normativa in materia di Valutazione di Impatto Ambientale”,
  • si segnala anche l’introduzione di un finanziamento da 33 milioni di euro ai comuni per realizzare “aree di sosta camper” al fine di incentivare il turismo all’aria aperta, sperando possa essere valutato da Bruxelles come misura efficace”.

Ulteriori dichiarazioni di Legambiente

“Il decreto sulla qualità dell’aria – commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente –  rappresenta ancora una volta un’occasione persa. Per migliorare la qualità dell’aria nel nostro Paese non servono misure vaghe, inefficaci e spesso contrastanti tra loro, ma una serie di misure efficaci, strutturali, che mettano al centro i veri problemi che sono la causa di una cattiva qualità dell’aria e che vedono coinvolti settori importanti come la mobilità, l’agricoltura e la zootecnia e il riscaldamento residenziale. Serve un piano nazionale contro l’inquinamento atmosferico e piani regionali coerenti tra loro. Quella che è mancata fino ad oggi, in particolare nelle regioni più colpite dal problema, ovvero quelle del Nord, è proprio la tempestività e l’efficacia degli interventi volti ad agire in modo mirato sulla riduzione delle emissioni, atteso che invece l’efficacia delle misure di natura emergenziale risulta del tutto marginale nell’affrontare un problema che ha cause ormai molto chiare e strutturali”.

Legambiente, poi, ricorda che: “L’Italia ha al momento attive ben tre procedure di infrazione per tre inquinanti come il PM10, PM2.5 e il biossido di azoto (NO2). Gli agglomerati chiamati in causa sono diversi e sono maggiormente concentrati nel nord del Paese (ma non solo); si va dalla valle del Sacco al territorio ricadente tra Napoli e Caserta, dalla zona di Pianura ovest e Pianura Est in Emilia Romagna all’agglomerato di Milano, Bergamo, Brescia, Roma, Venezia, Treviso, Padova, Vicenza, Verona, Torino, Palermo, dalle zone di Prato-Pistoia, Valdarno Pisano e Piana Lucchese, Conca Ternana, zona costiera collinare di Benevento all’area industriale della Puglia. Tutti territori dove la salute dei cittadini è stata messa sistematicamente a rischio per le elevate concentrazioni degli inquinanti atmosferici”.

Ma non è tutto, perché come ammette Legambiente: “Nel corso dei diversi contenziosi con l’Europa in materia di inquinamento atmosferico, sono state giudicate spesso “non sufficienti ed efficaci” le misure adottate dall’Italia per ridurre nel più breve tempo possibile tali criticità, come richiesto dalla normativa. E questo decreto commette gli stessi sbagli perpetrati fino ad oggi dai precedenti governi e dalle regioni. È sbagliata l’imposizione del rinvio del blocco alla circolazione dal 2024 dei veicoli diesel Euro5; una misura in programma, ad esempio, in Piemonte già a partire dal settembre di quest’anno e che è stata volutamente disinnescata con tale provvedimento. Non considerando come le elevate concentrazioni di NO2 siano dovute prevalentemente dalla combustione dei motori diesel e il settore principalmente responsabile di tali emissioni è proprio quello del trasporto su strada”.

Tra le cose apprezzate dall’Associazione c’è, però, la richiesta che viene fatta alle Regioni del bacino padano. Eppure, nonostante: “Ben venga la richiesta a Piemonte, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto di aggiornare i piani di qualità dell’aria entro dodici mesi dall’entrata in vigore del decreto, ma perché non estendere, allora, tale compito a tutte le Regioni che hanno in corso una procedura di infrazione sul mancato rispetto della qualità dell’aria? Questa mancanza sembra essere un modo per mettere le mani avanti da parte del Governo nei confronti delle regioni padane quando inesorabilmente arriverà la sanzione economica ai danni dell’Italia da parte dell’Europa e che verrà rigirata alle regioni responsabili”.