Emilia-Romagna, Wwf: basta con emergenze e commissari, serve una politica di adattamento climatico strutturata

L'associazione ambientalista dopo il disastro in Emilia Romagna: fino ad oggi si è proceduto solo con inutili provvedimenti di emergenza e con le nomine di commissari: commissari regionali straordinari alla siccità, Commissario straordinario nazionale alla siccità, commissari al dissesto idrogeologico, Commissario al servizio idrico, alla depurazione. L’incapacità e la mancanza di volontà delle nostre istituzioni di gestire in modo efficace, unitario e a livello di bacino idrografico, come previsto dalle direttive europee (‘Acque’ e ‘Alluvioni’), è sintetizzata tutta in questa politica “commissariale”, emergenziale e soprattutto inefficace, visto anche quanto sta accadendo

Emilia-Romagna wwf
A family rescued by the firefighters in Coccolia, near Ravenna, Central Italy, 17 May 2023. For 24 hours the rescue operations continue following the wave of bad weather that is affecting the Emilia Romagna region. Six hundred firefighters are engaged in rescue operations with 200 vehicles, including four amphibians and two helicopters. ANSA/PASQUALE BOVE

L’ennesima, tragica, alluvione, abbattutasi ancora una volta in Emilia-Romagna, dopo le intense precipitazioni di questi ultimi giorni, dovrebbe spingere le istituzioni, a tutti i livelli, a varare una seria e strutturata politica di adattamento al cambiamento climatico con una puntuale e corretta manutenzione del territorio. Così Wwf Italia in una nota che riportiamo integralmente, in cui disegna un quadro della situazione nel nostro paese.

Gli scenari climatici disegnati dagli scienziati – scrive l’associazione ambientalista – ci dicono che fenomeni come quello che si è abbattuto sulla Romagna saranno sempre più frequenti e intensi: il nostro territorio è troppo fragile e non siamo preparati all’aumento esponenziale del rischio. Accanto all’adattamento è indispensabile accelerare l’abbattimento delle emissioni perché di fronte all’escalation di intensità, portata e frequenza dei fenomeni, non ci sarebbe adattamento che tenga.

Dal dopoguerra ad oggi sono stati spesi, secondo alcune stime, oltre 160 miliardi di euro per riparare i danni di alluvioni e frane  e attualmente abbiamo almeno 41.000 chilometri quadrati di aree a pericolosità idraulica e a rischio alluvioni, un territorio vasto quanto l’Emilia-Romagna e l’Umbria messe insieme. Tra le Regioni più a rischio c’è proprio l’Emilia-Romagna con 4.316 chilometri quadrati. Nonostante questo, lo Stato, le Regioni e i Comuni continuano a consentire un consumo di suolo senza freni: come scrive ISPRA nel suo ultimo report del 2022 “con una media di 19 ettari al giorno, il valore più alto negli ultimi dieci anni, e una velocità che supera i 2 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo torna a crescere e nel 2021 sfiora i 70 km2 di nuove coperture artificiali in un solo anno. Il cemento ricopre ormai 21.500 km2 di suolo nazionale, dei quali 5.400, un territorio grande quanto la Liguria, riguardano i soli edifici che rappresentano il 25% dell’intero suolo consumato”.

Fino ad oggi, però, si è proceduto solo con inutili provvedimenti di emergenza e con le nomine di commissari: commissari regionali straordinari alla siccità, Commissario straordinario nazionale alla siccità, commissari al dissesto idrogeologico, Commissario al servizio idrico, alla depurazione. L’incapacità e la mancanza di volontà delle nostre istituzioni di gestire in modo efficace, unitario e a livello di bacino idrografico, come previsto dalle direttive europee (‘Acque’ e ‘Alluvioni’), è sintetizzata tutta in questa politica “commissariale”, emergenziale e soprattutto inefficace, visto anche quanto sta accadendo.

Le risorse necessarie ad affrontare il dissesto idrogeologico sono quantificate intorno ai 26 miliardi di euro (ISPRA 2020, da Piattaforma ReNDIS) anche se questa previsione sembra molto sottostimata rispetto a quanto indicato nel 2013 dal Ministero dell’Ambiente, che attestava in almeno 40 miliardi per i successivi 10 anni il budget necessario alla messa in sicurezza del nostro Paese.

Servono quindi tante risorse da utilizzare bene e secondo i principi dei Piani di gestione delle acque e dei Piani alluvione, predisposti dalle Autorità di distretto, e secondo gli impegni previsti dalla Strategia europea per la biodiversità che prevede la riqualificazione e la riconnessione di 25.000 km in Europa. In Italia dovremmo quindi impegnarci per almeno 1.500 chilometri di fiumi da rinaturalizzare entro quella data.

Le risorse economiche ad oggi stanziate sono del tutto insufficienti a far fronte alle esigenze di difesa del suolo e corretta manutenzione del territorio: nel Ddl di bilancio 2023 alla protezione e difesa del suolo e alla tutela dell’assetto idrogeologico si sono destinati per il prossimo anno appena 600 milioni di euro. Mentre è sulla gestione dell’emergenza che l’Italia continua ad investire di più, destinando quasi 722 milioni di euro complessivamente al coordinamento del Sistema di Protezione Civile e alla Protezione Civile di Primo Intervento. La Protezione civile è uno dei servizi più efficienti dello Stato che riesce ad intervenire in modo tempestivo, ma è sbagliato investire più in gestione emergenziale che in prevenzione.

Basta quindi Piani nazionali straordinari, Commissari e infrastrutture “strategiche”. Il WWF ritiene fondamentale tornare a una pianificazione ordinaria per far fronte a questa situazione straordinariamente ripetitiva. E in particolare ritiene indispensabile:

•    Impedire che vi siano ancora vittime in queste situazioni: ad oggi l’ultima alluvione ha causato 14 morti.  Troppo spesso le persone non hanno la percezione di vivere in zone a rischio. È urgente predisporre un piano di informazione ed educazione al rischio: le persone devono essere avvisate in tempo, puntualmente e devono sapere cosa fare, come muoversi, dove andare.

•    Ridare centralità alle Autorità di bacino distrettuale per applicare fino in fondo e correttamente i Piani di gestione Acque e i Piani alluvioni e conferire ai segretari delle Autorità poteri sostitutivi nei confronti dei Governatori regionali e degli enti che non riescono a spendere in tempo gli stanziamenti devoluti per la difesa del suolo. In Emilia-Romagna, tra il 2015 e il 2022, la Regione ha speso 190 milioni di euro per casse di espansione, ma nove opere sono ancora in fase di costruzione, mentre due sono ancora da finanziare: in totale ne funzionano 12 sulle 23 previste. 

•    Avviare in tutta Italia progetti di rinaturazione dei fiumi, sull’esempio del progetto di rinaturazione del Po inserito nel PNRR per 357 milioni di euro su proposta di WWF e ANEPLA di Confindustria. È indispensabile avviare quegli “interventi integrati per ridurre il rischio idrogeologico e per il miglioramento dello stato ecologico dei corsi d’acqua e la tutela degli ecosistemi e della biodiversità, promuovendo in via prioritaria gli interventi di tutela e recupero degli ecosistemi e della biodiversità” (1),  che le Regioni avrebbero dovuto proporre e realizzare fin dal 2014.

•    Aumentare la dotazione finanziaria annuale per la difesa del suolo e la rinaturazione, possibilmente utilizzando, i fondi del PNRR 

•    Approvare immediatamente il Piano di adattamento al cambiamento climatico con misure effettive da attuare subito.

•    Promuovere un impegno dei comuni ad avviare piani di drenaggio urbano sostenibile per contribuire a una gestione sostenibile della risorsa idrica.

•    Approvare la legge sul consumo del suolo accantonata da oltre 10 anni e ora assolutamente indispensabile.

[1] Come previsto dall’articolo 7, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164