Gli edifici sono la chiave della transizione ecologica europea

Lo studio della Direttiva sul Rendimento Energetico degli Edifici (Energy Performance of Buildings Directive, EPBD), presentato in Commissione europea solo due settimane fa, è un caposaldo legislativo di primaria importanza. Facente parte del pacchetto climatico Fit for 55 per la transizione verde, rappresenta parte delle proposte legislative per raggiungere gli obbiettivi del Green Deal entro il 2030

Lo studio della Direttiva sul Rendimento Energetico degli Edifici (Energy Performance of Buildings Directive, EPBD), presentato in Commissione europea solo due settimane fa, è un caposaldo legislativo di primaria importanza. Facente parte del pacchetto climatico Fit for 55 per la transizione verde, rappresenta parte delle proposte legislative per raggiungere gli obbiettivi del Green Deal entro il 2030.

Il settore delle costruzioni riveste un ruolo chiave internazionale per il conseguimento della neutralità climatica. A livello europeo, è l’EPBD il principale strumento politico a regolamentare le costruzioni edilizie del continente. La sua introduzione nel 2002 ha permesso di migliorare le prestazioni energetiche generali dell’edilizia europea. Infatti, ne ha promosso in particolare l’efficacia energetica, contribuendo altresì al processo di decarbonizzazione a lungo termine. Nonostante ciò, è stata necessaria una revisione delle direttive globali, data la necessità d’intraprendere maggiori azioni decisive nell’ultimo decennio a disposizione per affrontare l’emergenza climatica.

Col fine di evitare l’aumento della temperatura generale di 1.5C, è necessario avviare profonde modifiche per decarbonizzare molti edifici. Ciò in quanto tra i principali responsabili della crisi climatica vi sono proprio le case e gli uffici che ci circondano oggi. Secondo recenti indagini, ad essi si imputa circa il 40% di tutta l’energia consumata e il 36% delle emissioni di gas serra legate all’energia dell’Unione Europea.

Tali consumi sono legati agli edifici presenti sul territorio – ben 7 su 10 – estremamente dispendiosi. Tra le principali cause vi sono lo scarso isolamento termico e sistemi di riscaldamento a base di combustibili fossili. Questa situazione è derivante dalla costruzione di edifici ante anni ’90, prima che la maggior parte delle normative sul rendimento energetico fosse proposta e successivamente accolta. Inoltre, si stima che fino al 2050 saranno ancora in uso il 90% di questi immobili, proprio quando l’UE desidera essere climaticamente neutra.

UN PROFONDO RINNOVAMENTO

Il risparmio energetico negli edifici sopra descritti può avvenire solo con un’importante opera di ristrutturazione degli stessi. Quest’ultima può migliorare l’integrità termica degli stabili, e quindi ridurre il fabbisogno energetico ove necessario. Tuttavia, vi è un’incapacità di fondo nel pensare a misure atte a sostenere realmente con tanta rapidità i cambiamenti doverosi. Inoltre, delle opere di ristrutturazione edilizia compiute, solo nello 0.2% dei casi c’è stato un risparmio significativo della domanda di energia. Ne consegue che nella restante maggior parte degli altri lavori edili avvenuti nel corso degli anni, non vi è stata alcuna miglioria energetica.

Anche i più recenti immobili presentano delle perplessità. A destare maggior preoccupazione è la possibilità d’impiegare ancora sistemi di riscaldamento a combustibili fossili. Come se non bastasse, il quadro giuridico vigente non offre specifiche direttive per promuovere maggiori materiali sostenibili finalizzati a decarbonizzare gli edifici durante l’intero ciclo di vita.

I benefici sociali che deriverebbero dalla trasformazione degli edifici dell’UE non dovrebbero essere considerati di minor importanza. Infatti, case inefficienti e inquinanti sono uno dei pilastri della povertà energetica. Questa è un’emergenza sociale di cui sono vittime quasi 100 milioni di persone in Europa.

Le morti premature legate ad alloggi inadeguati sono circa 100,000 ogni anno. Esse producono, oltre che un danno sociale, anche un danno economico per l’UE. Infatti, l’onere che ne deriva raggiunge quasi 200 miliardi di euro all’anno in costi per la sanità pubblica. Garantire condizioni di vita più sane per i propri cittadine dovrebbe essere il primo compito di qualsiasi agenda politica. Con l’impennata dei prezzi dell’energia in tutta l’UE, la ristrutturazione degli immobili bisognosi resta la strategia più sicura per contrastare eventuali aumenti futuri e non far spendere ulteriore denaro a famiglie che già vivono in condizioni di ristrettezza.

Inoltre, ristrutturare e costruire immobili creerebbe nuovi posti di lavoro, favorendo la ripresa economica e facilitando la transizione verso occupazioni green ad alta sostenibilità. Si stima infatti che entro il 2030 si potrebbe dar lavoro a 160,000 persone in tutta l’UE semplicemente investendo nell’efficienza energetica. Con ulteriori investimenti, si potrebbero generare fino a un milione e mezzo di opportunità di lavoro.

NON C’E’ TEMPO DA PERDERE

A fronte di quanto osservato, è evidente che vi è il bisogno tempestivo di una direttiva esaustiva sugli edifici sulla scia del pacchetto climatico Fit for 55. Nello specifico, bisogna aumentare i tassi di ristrutturazione edile di almeno il 3% per ogni anno fino al 2030.

Ne consegue che serve l’elaborazione di una definizione giuridica comune di “rinnovamento (edilizio) profondo”, assente dal quadro normativo dell’UE. Secondo recenti indagini, una definizione ambiziosa dovrebbe includere la riduzione del fabbisogno energetico degli edifici – con un’implicazione di almeno il 75% di risparmio energetico. Inoltre, si dovrebbe altresì garantire che la restante domanda di energia sia coperta prettamente da fonti rinnovabili.

Molti stati membri hanno già adottato gli standard minimi obbligatori di prestazione energetica (minimum energy performance standards, MEPS) incoraggiando una forte richiesta di ristrutturazione edilizia. Tra i vari obiettivi di questa manovra, vi è anche il creare un nuovo settore dell’edilizia altamente efficiente dal punto di vista energetico, sostenibile e completamente rinnovabile per contribuire nel raggiungimento della neutralità climatica in linea con l’accordo di Parigi.

Infatti, con i MEPS si snellisce il processo burocratico legato al rinnovamento edile. In questo modo, si riducono anche i costi complessivi finali e si ottiene il lavoro finito in minor tempo. Ancor più degno di nota è il risvolto sociale della manovra: molte famiglie potranno fronteggiare la propria situazione di povertà energetica. Con l’aggiunta di un quadro di supporto più ampio, si potrebbe anche preservare l’accessibilità economica dei nuovi alloggi, rendendoli così fruibili persino a chi ha un basso reddito.

DATI E RICERCHE

Le policy in vigore, e le nuove in fase di proposta, dovrebbero essere sostenute da dati aggiornati, ma soprattutto affidabili e completi circa la situazione immobiliare dell’UE. In questo caso, la principale sfida è legata agli Attestati di Prestazione Energetica (Energy Performance Certificates, EPCs) poiché sono scarsamente diffusi nei vari Paesi dell’Unione.

Gli EPCs sono solo uno degli strumenti che l’attuale EPBD ha chiesto d’adottare, ma si è fin da subito rivelato essenziale per la transizione ecologica poiché permette una mappatura del contesto immobiliare energetico europeo. Tuttavia, è emerso che in molti Paesi meno del 10% del totale degli edifici è provvisto dell’attestato di prestazione energetica. Tale problematicità rende difficoltosa – persino oggigiorno – una panoramica completa della situazione in Europa.

È bene ricordare, inoltre, che gli edifici costruiti nei prossimi anni resteranno in piedi per molti decenni. Ne consegue che si rivela imprescindibile adottare una linea operativa a impatto climatico zero. Quindi, i nuovi stabili dovranno essere ad alta efficienza energetica, oltre che esser alimentati esclusivamente da fonti rinnovabili (abbandonando così per sempre i combustibili fossili). Tali possibilità sono già esistenti. Basti pensare alle pompe di calore elettriche alimentate da elettricità rinnovabile o ai pannelli solari che alimentano il riscaldamento.

Il buon senso ci porta a riflettere sul fatto che la promozione di materie prime a basso tenore di carbonio – naturali o secondarie – dovrebbe essere la norma e non rappresentare un’eccezione. In questo modo, l’impatto ambientale complessivo sarebbe ridotto drasticamente poiché sarebbero minime le emissioni “incorporate”.

LA VOLONTA’ POLITICA

Revisionare l’EPBD si rivela un’opportunità imprescindibile per rendere studi di settore ed innovative strategie di planning in azioni concrete. Il fine ultimo sono edifici eco-sostenibili, salutari per tutta la popolazione dell’UE.

Senza una reale presa di posizione della classe politica non sarà possibile avviare questa trasformazione socio-ecologica.